È possibile che la dichiarazione ex art. 38 D. Lgs. 16372006 riguardi un terzo?

22 Lug 2013
22 Luglio 2013

Il T.A.R. Veneto, nella stessa sentenza n. 928/2013, si sofferma anche sulle dichiarazioni rese, ex art. 38 D. Lgs. 16372006, dal legale rappresentante della con riferimento ad un amministratore cessato dalla carica anziché dallo stesso soggetto (cessato): “a tal proposito va osservato che il Consiglio di Stato ha rimeditato la propria, precedente posizione (V, 26.1.2009 n. 375) precisando che, “trattandosi di dichiarazione che concerne stati, fatti e qualità riguardanti terzi (e non il medesimo dichiarante) questa non può che essere resa se non <per quanto a conoscenza> del dichiarante medesimo, non potendo questi procedere ad autocertificazione (con assunzione delle conseguenti responsabilità, anche penali, per dichiarazione mendace) su fatti, stati e qualità della cui veridicità non è detto che egli sia a conoscenza….ben potendo l’amministrazione – a fronte di una compiuta identificazione dei soggetti interessati – procedere alle opportune verifiche, anche attraverso il casellario giudiziale ed altri archivi pubblici (ai quali essa, a differenza del dichiarante, ha accesso), in ordine alla sussistenza (o meno) dei requisiti in capo a tali soggetti” (V, 27.6.2011 n. 3862). Orientamento, questo, che è stato fatto proprio anche dal CGA (7.11.2011 n. 784) e ribadito dallo stesso Consiglio di Stato (V, 6.7.2012 n. 3966) sul rilievo che “è solo rispetto alla condizione di un soggetto che sia ormai cessato dalla carica, invero, che l’impresa potrebbe versare in una condizione di sostanziale impossibilità di ottenere una dichiarazione resa dall’interessato, e, nello stesso tempo, potrebbe non disporre essa (più) delle conoscenze necessarie a rendere una dichiarazione riflettente la posizione individuale dell’ex collaboratore. Sicché unicamente per casi del genere può apparire giustificata una lettura attenuatrice dell’onere di legge, in ragione della sostanziale inesigibilità di una dichiarazione rigorosamente impegnativa dell’impresa sul conto del suo ex collaboratore”. Senza contare, peraltro, che tale decisione ha altresì posto in risalto la differenza esistente tra l’aver dichiarato che un quid costituisca – come nel caso di specie - oggetto di “diretta conoscenza” del dichiarante (con tale dichiarazione, invero, si attesta la verità di un fatto, ancorché relativo ad un terzo, grazie alla circostanza che di esso anche il dichiarante possiede una conoscenza diretta: si tratta, quindi, di una dichiarazione che implica una precisa assunzione di responsabilità), e, invece, che una certa condizione sussista “per quanto di propria conoscenza” (ove si lascia oggettivamente aperta la possibilità che l’assetto delle cose non sia nel senso dichiarato, sicché non comporta una effettiva assunzione di responsabilità da parte del dichiarante). Fermo restando, comunque, che qualora si contestasse la parzialità della dichiarazione, allora si dovrebbe ritenere corretto e ragionevole il ricorso della stazione appaltante al potere di integrazione documentale di cui all’art. 46, I comma del DLgs n. 163 del 2006, attesa l’incompletezza della dichiarazione stessa (CdS, IV, 4.7.2012 n. 3925; III, 8.6.2012 n. 3393; V, 31.1.2012 n. 467)”.

dott. Matteo Acquasaliente

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