La gestione dell’impianto sportivo comunale rappresenta una concessione di servizi

19 Giu 2013
19 Giugno 2013

Il T.A.R. Veneto, sez. I, con la sentenza del 10 giugno 2013 n. 797, si occupa della gestione degli impianti sportivi comunali chiarendo che la loro gestione si sostanzia in una concessione di servizio pubblico e non in una concessione d’uso di un bene pubblico privo di rilevanza economica come affermato dalla parte ricorrente: “8.6. Ed invero, la fattispecie oggetto di scrutinio risulta senz’altro riconducibile alla concessione di servizio pubblico. Infatti, il bene affidato in gestione (impianto sportivo) rientra nella previsione dell’ultimo capoverso dell’art. 826 cod. civ., ossia in quella relativa ai beni di proprietà dei comuni destinati ad un pubblico servizio e perciò assoggettati al regime dei beni patrimoniali indisponibili, i quali, giusto il disposto dell’art. 828, non possono essere sottratti alla loro destinazione (cfr. CDS, sez. V, n. 2385 del 2013). La gestione degli impianti sportivi sottende senz’altro ad un’attività di interesse generale, come confermato dal fatto che l’ordinamento sportivo è connotato da un’organizzazione di stampo pubblicistico, con al vertice il CONI, ente pubblico, e quindi le federazioni sportive, qualificate dalla legge istitutiva di detto ente come organi dello stesso, soggetti incaricate di funzioni di interesse generale, consistenti nella promozione ed organizzazione dello sport (artt. 2, 3 e 5 legge n. 426/1942, istitutiva del CONI).

8.7. Peraltro, proprio il tenore letterale di alcune previsioni della “convenzione per la gestione ed uso impianto sportivo” allegata al bando di gara (cfr. doc. 3 del ricorrente) assoggetta il privato concessionario a vincoli gestionali puntuali, esorbitanti rispetto alla conduzione di un’attività di impresa: si allude a quelli concernenti la predisposizione di un programma di attività di valorizzazione degli impianti in relazione alle esigenze della collettività sportiva da redigere annualmente in accordo con il Comune di Venezia (art. 2), nonché gli obblighi di rendicontazione (art. 11) e soggezione ai poteri di controllo e verifica dell’amministrazione concedente (art. 15).

8.7.1. Tali finalità di “promozione di attività volte a favorire l’aggregazione e la solidarietà sociale” e di “massima diffusione dello sport a tutti i livelli” sono del resto ben specificate nel progetto gestionale presentato in sede di gara dal Raggruppamento Associazione Marzenego a.s.d. (cfr. doc. 7 del ricorrente).

8.8. Il concessionario è inoltre tenuto all’applicazione e alla riscossione delle tariffe d’uso stabilite dall’Amministrazione (art. 19), sicché deve ritenersi che l’operatore si assume, a differenza di quanto accade con l’appalto, i rischi economici della gestione del servizio, rifacendosi essenzialmente sull’utenza per mezzo della riscossione della tariffa (cfr. ex multis CDS, sez. VI, n. 4682 del 2012)”.

In considerazione di quanto esposto il T.A.R. giunge a ritenere che: “alla fattispecie oggetto di giudizio, non risulta invero applicabile il rito speciale di cui all’art. 120 c.p.a., trattandosi di concessione (non già di affidamento) di servizio pubblico, in quanto tale sottratta all’applicazione delle disposizioni del codice dei contratti (cfr. art. 30 del codice dei contratti) e non ricompresa nella specifica previsione di cui al combinato disposto degli artt. 119 e 120, comma 1, lettera a), del c.p.a.”.

Ma davvero una concessione di servizio pubblico non rientra nel concetto di “affidamentoex artt. 119 e 120 c.p.a.?

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 797 del 2013

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