Incostituzionale anche la legge veneta sull’addestramento dei cani da caccia

31 Lug 2013
31 Luglio 2013

La Corte Costituzionale, con la sentenza 193/2013 depositata il 17 luglio 2013, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle recenti disposizioni di Veneto e Lombardia che avevano sancito la possibilità di estendere l’addestramento dei cani da caccia su tutto il territorio regionale e fuori dai periodi consentiti dal calendario venatorio. In particolare, sono stati dichiarati incostituzionali l’art. 2, comma 3, della legge della Regione Veneto 10 agosto 2012, n. 31 ( Disciplina della attività di movimento dei giovani cani nella parte in cui prevede che l’attività di movimento di giovani cani da esso consentite possano riguardare i giovani cani da destinare all’esercizio della attività venatoria), l’art. 2 comma 2 della legge della Regione Veneto 10 agosto 2012, n. 31 (disciplina delle attività di movimento dei giovani cani nella parte in cui, rinviando all’art. 4 della legge della Regione Veneto 28 dicembre 1993, n. 60 consente che si possa procedere alla identificazione dei giovani cani mediante tatuaggio)e la legge della Regione Lombardia 31 luglio 2012, n. 15 (Modifiche alla legge regionale 16 agosto 1993, n. 26 «Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell’equilibrio ambientale e disciplina dell’attività venatoria»). I rilievi alla Corte erano stati mossi dal Presidente del Consiglio dei Ministri con ricorsi notificati il 2 e il 4 ottobre 2012 e il 16 e il 19 ottobre 2012. In entrambi i ricorsi si contestava la possibilità di aprire l’attività di addestramento cani prima del periodo consentito e su tutto il territorio regionale

La Regione Veneto, costituita in giudizio, rilevava che gli articoli impugnati riguarderebbero norme che, in assenza di necessarie disposizioni attuative-integrative della disciplina, erano inidonee a generare un vulnus alle prerogative costituzionali garantite dallo stato in materia ambientale. Secondo la Regione, l’art. 2 comma 3, non si sarebbe posto in contrasto con l’art. 117, comma 2, lett. s) della Costituzione in quanto “in primo luogo, la norma regionale escluderebbe inequivocabilmente la praticabilità delle attività di movimento dei giovani cani nelle zone di protezione previste dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette) e nelle zone di protezione della fauna previste dalla legge n. 157 del 1992, in evidente conformità alla finalità di conservazione dell’ambiente e della fauna selvatica alle quali entrambe le regolazioni di tipo statale sono indiscutibilmente finalizzate. In secondo luogo, lo stesso art. 2 citato, al comma 5, attribuisce alla Giunta regionale il compito di definire modalità attuative e limiti all’applicabilità della norma, in attinenza con la specificità delle razze e le peculiarità agronomiche, faunistiche e orografiche del territorio; mentre il successivo articolo 3 conferisce alla Provincia il potere di emanare, in aggiunta a quelli di spettanza della Giunta regionale, ulteriori limitazioni ai luoghi, agli orari ed al periodo di esercizio delle attività motorie de quibus. Ne conseguirebbe, a parere della Regione, che sia l’organo esecutivo regionale che la Provincia, nell’ambito delle rispettive competenze, potranno, con successivo autonomo intervento attuativo, introdurre quelle limitazioni giustificate dalla morfologia del territorio interessato dall’attività, al fine di mantenere inalterato l’obiettivo di tutela perseguito dal legislatore statale anche escludendo delle zone del territorio regionale e vietando l’esercizio delle attività de quibus nei periodi interessati dalla nidificazione. Passando all’esame dell’art. 2, comma 2, la difesa della Regione osserva che la norma rinvia all’anagrafe canina ed al sistema di identificazione ai sensi dell’art. 4 della legge regionale 28 dicembre 1993, n. 60 (Tutela degli animali d’affezione e prevenzione del randagismo) e che tale art. 4 contempla espressamente non solo la tecnica di identificazione mediante tatuaggio ma anche «altro sistema di identificazione indicato dalla Giunta regionale»”.

Secondo la Corte, invece, “la norma censurata ha ad oggetto, tra l’altro e per quanto qui interessa, l’attività di movimento dei giovani cani «ivi compresi quelli da destinare all’esercizio di attività venatoria» con «insegnamenti comportamentali secondo lo stile di razza». Tale attività, ad avviso di questa Corte, non può che identificarsi con quella di addestramento ed allenamento dei cani da caccia, poiché ad altro non può alludere il riferimento agli «insegnamenti comportamentali» quando si tratta di razza utilizzata per la caccia”. Ne consegue, sempre secondo la Corte, che “anche in questo caso si deve pertanto concludere nel senso della illegittimità costituzionale per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.”.

Quanto al comma 2 dell’art. 2 della legge della Regione Veneto n. 31 del 2012, esso rinviando all’art. 4 della legge regionale n. 60 del 1993 (Tutela degli animali d’affezione e prevenzione del randagismo), che ammette il sistema di identificazione dei cani mediante tatuaggio, contrasterebbe sia con la normativa comunitaria, in violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., sia con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di tutela della salute, in violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost. secondo la Corte “l’art. 4 della legge regionale n. 60 del 1993, cui la norma impugnata rinvia, contempla espressamente il sistema di identificazione mediante tatuaggio, sia pure in alternativa ad «altro sistema di identificazione indicato dalla Giunta regionale». Ciò è in palese contrasto con l’art. 4, comma 1, del Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 998/2003 del 26 maggio 2003 (Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle condizioni di Polizia sanitaria applicabili ai movimenti a carattere non commerciale di animali da compagnia e che modifica la direttiva 92/65/CEE del Consiglio). La norma comunitaria, infatti, prevede che, dopo un periodo transitorio (di otto anni), nel corso del quale sono consentiti quali mezzi di identificazione dei cani sia il tatuaggio sia il sistema elettronico di identificazione (cosiddetto trasponditore o microchip), a decorrere dal 3 luglio 2012 i cani si identificano solo con il microchip… La norma impugnata è quindi costituzionalmente illegittima nella parte in cui consente, attraverso il rinvio al procedimento di identificazione ai sensi dell’art. 4 della legge regionale n. 60 del 1993, che si possa procedere alla identificazione dei giovani cani mediante tatuaggio.”

dott.sa Giada Scuccato

corte cost. 193-2013

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