L’inedificabilità del vincolo cimiteriale riguarda anche le strutture non finalizzate alla stabile presenza di persone

22 Gen 2014
22 Gennaio 2014

Segnaliamo sul punto la sentenza del TAR Veneto n. 19 del 2014, che riguarda la demolizione di un edificio per il quale era stato negato il rilascio del condono edilizio, perchè ricadente all'interno del vincolo cimiteriale.  

Scrive il TAR: "..il condono è stato negato per l’esistenza di un vincolo d’inedificabilità (art. 33, I comma, lett. d l. 47/85) quale regolato dal precitato art. 338. .. Questo prevede anzitutto (I comma) che “I cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal entro abitato. È vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge”(I comma): peraltro, il consiglio comunale può approvare, “la costruzione di nuovi cimiteri o l'ampliamento di quelli già esistenti ad una distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato, purché non oltre il limite di 50 metri” quando ricorrano determinate condizioni. Il contravventore deve “demolire l'edificio o la parte di nuova costruzione, salvi i provvedimenti di ufficio in caso di inadempienza” (III comma). ... La tesi del ricorrente è che tali previsioni non si applicherebbero alle strutture non finalizzate alla stabile presenza di persone, e tali sarebbero quelle per cui è stato richiesto il condono. ... La censura va senz’altro respinta. Anzitutto, la norma non pone alcuna distinzione: del resto, il vincolo di rispetto cimiteriale trova la sua giustificazione anche in ragioni di decoro (alla “peculiare sacralità che connota i luoghi destinati a cimitero”, si riferisce C.d.S., V, 8 settembre 2008, n. 4256), e di possibili successivi ampliamenti della struttura, oltre che in intuibili ragioni igienicosanitarie. È da aggiungere che sarebbe concretamente assai difficile stabilire quale  tipologia di manufatto sia compatibile con i predetti motivi di tutela igienico-sanitaria: certamente non quelli oggetto della domanda di condono, parte integrante della struttura alberghiera e destinati, dunque, ad essere utilizzati con continuità dal personale e dalla clientela”. Ciò premesso, il provvedimento di diniego qui impugnato, ha ribadito, anche per gli interventi di trasformazione proposti dal ricorrente (peraltro su manufatti già confermati come abusivi e quindi da demolire in toto), il contrasto della loro presenza con la destinazione impressa all’area sulla quale essi insistono dalle n.t.a. del vigente P.R.G., quale zona di rispetto cimiteriale, per la quale, in base al Testo Unico in materia sanitaria, n. 1265/34, è consentita la sola costruzione di chioschi provvisori con vincolo legale di precarietà per fiori ed arredi sacri, con specifiche dimensioni ivi parimenti indicate. E’ quindi evidente che, al di là dell’eventuale osservanza delle garanzie di igiene che parte ricorrente ritiene sufficienti per consentire ugualmente la realizzazione di manufatti aventi diversa destinazione e conformazione, lo spirito della norma è quello di limitare proprio la tipologia dei manufatti da realizzare nell’ambito della zona di rispetto cimiteriale, la quale , come noto, è di per sé inedificabile, salvo le sole  peculiari eccezioni di cui sopra, strettamente connesse al culto dei defunti. Il contrasto con la destinazione di zona è quindi evidente e non superabile, anche seguendo l’interpretazione più estensiva suggerita da parte ricorrente, in quanto tali manufatti, anche se trasformati secondo il progetto di recupero presentato, esorbitano in ogni caso dalle specifiche tipologie ammesse dalle n.t.a., in perfetta aderenza alle prescrizioni del Testo Unico. Oltre a tali considerazioni, di per sé comunque assorbenti ogni ulteriore motivazione del diniego opposto, va ribadita l’abusività dei manufatti sui quali il ricorrente intende realizzare gli interventi di trasformazione, con l’evidente conseguenza per cui trattasi di interventi non ammissibili in quanto aventi per oggetto immobili abusivi, di cui doveva già essere effettuata la demolizione. Per tutte le considerazioni sin qui espresse quindi il ricorso non è fondato e va respinto".

avv. Dario Meneguzzo

sentenza TAR Veneto n. 19 del 2014

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