A chi incombe l’onere di dimostrare la colpa nelle gare d’appalto?

04 Apr 2014
4 Aprile 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. I, nella sentenza del 19 marzo 2014 n. 349, chiarisce che nelle gare pubbliche il privato non ha l’obbligo di dimostrare la colpa dell’Amministrazione, poiché la stessa può essere desunta sia dalla comune esperienza sia dalle presunzioni ex art. 2727 c.c.: “Peraltro, come la giurisprudenza anche di questo Tribunale ha più volte evidenziato, non è richiesto al privato danneggiato da un provvedimento amministrativo illegittimo un particolare impegno probatorio per dimostrare la colpa dell’Amministrazione, la quale può essere definitivamente accertata attraverso l’applicazione al caso concreto delle regole di comune esperienza e della presunzione semplice di cui all’art. 2727 c.c.

Orbene, rileva il Collegio che nel caso di specie è stato violato non solo l’art. 5 della Legge n. 14 del 02.02.1973, ma anche una norma fondamentale della lex specialis di gara, sicché deve ritenersi integrata, sotto tali aspetti, la prova dell’elemento soggettivo del danno, anche in ragione del fatto che l’Amministrazione comunale non ha prodotto elementi tali da superare la presunzione di colpa che ne discende”.

 

Chiarito ciò, per quanto riguarda il risarcimento del danno il Collegio ritiene che: “Preliminarmente va rigettata la domanda risarcitoria avente ad oggetto i costi di partecipazione alla gara, i quali per consolidato orientamento giurisprudenziale restato a carico delle imprese concorrenti sia in caso di aggiudicazione che in caso di mancata aggiudicazione.

Il Collegio ritiene invece che debba essere riconosciuto a titolo di lucro cessante il profitto che l’impresa avrebbe ricavato dall’esecuzione dell’appalto.

In ordine alla quantificazione di tale voce di danno, l’impresa chiede un risarcimento pari ad € 49.063,41 ritenendo che l’utile che la stessa avrebbe conseguito qualora avesse ottenuto l’aggiudicazione dell’appalto sarebbe stato il 20% del prezzo offerto.

Tuttavia il lucro cessante può essere risarcito per intero solo nel caso in cui l’impresa possa documentare di non aver impiegato le proprie strutture per altre commesse, e tale prova non è stata fornita dall’Impresa ricorrente.

Alla luce delle considerazioni che precedono, pertanto, risulta equo liquidare a titolo di lucro cessante la somma del 10% dell’utile che l’impresa avrebbe conseguito pari ad € 24.531,70.

Deve, altresì, essere risarcito il lamentato danno curriculare, posto che l’esecuzione di un appalto pubblico è indubbiamente fonte per l’impresa di un vantaggio economico relativo alla crescita della capacità di competere sul mercato in vista della possibilità di aggiudicarsi ulteriori e futuri appalti, che il Collegio stima equo quantificare con una somma pari al 10% di quanto liquidato a titolo di lucro cessante.

Pertanto, alla somma di € 24.531,70, devono aggiungersi € 2.453,17 a titolo di danno curriculare, per un risarcimento complessivo di € 26.984,87.

Trattandosi di debito di valore, alla ricorrente spetta la rivalutazione monetaria dal giorno in cui è stata emessa la determinazione comunale che ha dato luogo alla perdita di aggiudicazione dell’appalto, sino alla pubblicazione della presente sentenza, momento in cui il tale debito si trasforma in debito di valuta.

Spettano inoltre gli interessi legali dalla pubblicazione della presente decisione, fino all’effettivo soddisfo”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 349 del 2014

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