Il piano degli interventi non può essere approvato dopo l’indizione dei comizi elettorali per il nuovo consiglio comunale

14 Ago 2012
14 Agosto 2012

La questione è trattata dalla sentenza del TAR Veneto n. 1118 del 2012.

Scrive il TAR: "il Collegio ritiene che possa trovare accoglimento, in via del tutto assorbente ogni altra doglianza, il terzo
motivo di ricorso, con il quale è stata denunciata l’illegittimità della delibera impugnata per violazione del disposto di cui al quinto comma dell’art. 38 D.lgs. n. 267/00, in quanto assunta dopo la pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali, nell’arco temporale immediatamente precedente le nuove elezioni amministrative.
La norma di cui al quinto comma dell’art. 38 stabilisce infatti che : “I consigli durano in carica sino all'elezione dei nuovi, limitandosi, dopo la pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali, ad adottare gli atti urgenti e improrogabili”.
Nel caso in esame la deliberazione impugnata è stata assunta in tale periodo, quindi nelle more dell’espletamento delle nuove elezioni comunali.
La difesa resistente ha opposto il carattere urgente ed indifferibile della deliberazione, con conseguente inapplicabilità della norma invocata.
Orbene, come osservato da questo Tribunale su identica fattispecie “…la ratio della richiamata disposizione normativa è … quella di limitare l’attività dei consigli che, prossimi alla loro cessazione, possono meno avvertire la propria responsabilità istituzionale, ovvero essere maggiormente influenzati nelle loro decisioni dall’imminenza delle elezioni; ma è altresì quella di riservare alla nuova assemblea, attuale espressione della volontà popolare, la massima parte delle scelte e delle decisioni riguardanti i futuri assetti dell’Ente.
In questo periodo di transizione, dunque, l’organo può approvare soltanto atti essenziali ed indifferibili, imposti dalla necessaria continuità dell’azione amministrativa (cfr. T.A.R. Sicilia Catania, III, 22 dicembre 2009, n. 2194).
Si tratta, cioè, degli atti per i quali è previsto un termine perentorio e decadenziale, superato il quale viene meno il potere di emetterli, ovvero essi divengono inutili, cioè inidonei a realizzare la funzione per la quale devono essere formati (si pensi al
caso di una domanda di finanziamento che deve essere presentata necessariamente entro un termine prestabilito), o hanno un’utilità di gran lunga inferiore.
Si può altresì dare il caso che il ritardo non precluda l’utile esercizio del potere da parte dell’organo, ma che ciò comporti sanzioni ovvero conseguenze materiali sfavorevoli di qualche rilevanza (come nel caso di forniture necessarie per l’ordinaria amministrazione dell’Ente): ed anche in tal caso il consiglio sarà tenuto a pronunciarsi, purché l’effetto pregiudizievole derivante dal ritardo non sia ipotetico ed eventuale, ma certo o comunque particolarmente probabile, in base a preesistenti e concreti elementi.”(così, T.A.R. Veneto, II, n. 6478/2010).
Né può essere condiviso quanto opposto in sede di discussione circa l’osservanza del termine per portare a compimento il procedimento di approvazione del Piano degli Interventi, secondo le scadenze temporali indicate dalla legge urbanistica regionale.
Anche su tale punto può essere richiamato il precedente già citato di questo Tribunale, ove, anche a voler condividere il carattere di urgenza della deliberazione, non è stato rinvenuto il carattere di indifferibilità di una deliberazione per la quale la legge non stabilisce un termine perentorio per la sua adozione.
A tale riguardo è stata infatti evidenziata l’insostenibilità delle tesi secondo la quale “…sarebbero sia urgenti che indifferibili tutti gli atti, conclusivi di procedimenti per i quali scada nel periodo d’interesse il termine non perentorio di provvedere, trascorso il quale, cioè, l’organo conserva comunque il proprio potere decisorio.
Bisogna considerare, infatti, che, attualmente, per ogni provvedimento esiste o dovrebbe esistere un termine ordinatorio (fosse pure quello generale ex art. 2 l. 241/90) per la sua adozione, una volta che il procedimento sia stato avviato: sicché, a seguire tale interpretazione, ne conseguirebbe che il divieto di cui all’art. 38, V comma sarebbe sostanzialmente disapplicato, semplicemente invocando
l’esistenza di un simile termine, la cui scadenza potrà forse rendere urgente l’approvazione del relativo provvedimento ma certamente di per sé non indifferibile.” (sent. cit.)
Orbene, quanto al termine per l’approvazione del PI, così come ricavabile dal disposto di cui all’art. 18 della L.r. n. 11/04, comma 4, secondo il quale, una volta decorsi i sessanta giorni successivi alla scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni, il Consiglio comunale decide sulle stesse ed approva il piano, non è rinvenibile il carattere delle perentorietà di tale scadenza fissata dal legislatore regionale, essendo possibile ritenere tale termine come sollecitatorio, di natura ordinatoria, per la definizione del procedimento, una volta che l’amministrazione si sia determinata in ordine alle osservazioni presentate.
Il che porta a concludere per quanto riguarda la fattispecie in esame nel senso che nulla impediva al Consiglio e nella specie al Commissario ad acta (i cui poteri erano stati già prorogati) di differire la conclusione del procedimento di approvazione del Piano degli Interventi – Seconda Fase al periodo successivo alle elezioni per il rinnovo degli amministratori, non essendo ravvisabili, né sono stati rappresentati nel caso di specie, effetti pregiudizievoli ex se discendenti dalla proroga, la quale trova nell’evento costituito dallo scioglimento un factum principis che esclude, almeno di norma, qualsiasi responsabilità dell’Amministrazione per “inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento” (art. 2 bis l. 241/90).

sentenza TAR Veneto 1118 del 2012

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