L’origine della tutela dell’affidamento in materia di abusi edilizi

15 Ott 2012
15 Ottobre 2012

Il T.A.R. Veneto, sez. II, con la sentenza del 10 ottobre 2012, n. 1255, si sofferma sul c.d. principio di tutela dell’affidamento: il titolare di un’immobile abusivo può contestare l’ordine di demolizione impartito dall’Amministrazione, se questa da anni/decenni sia sciente dell’abuso edilizio realizzato e, ciò nonostante, non si sia attivata celermente.

A tal fine il T.A.R. indica “la necessità di verificare l’esistenza di alcuni presupposti, precisamente riconducibili sia all’avvenuto accertamento che gli abusi siano stati eseguiti in un periodo molto risalente sia, ancora, alla constatazione circa l’effettiva inerzia dell’Amministrazione (inerzia che presuppone una conoscenza dell’abuso) e, in ultimo, del nesso causale tra l’inerzia e l’affidamento ingenerato nei confronti del privato”.

L'origine di tale principio è da rinvenire nella pronunzia dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 19 maggio 1983, n. 12, la quale, dopo aver affermato la natura vincolata del potere-dovere sanzionatorio in materia di abusi edilizi (scrivendo che: " Mentre originariamente esso era stato configurato come un potere squisitamente discrezionale, rimesso interamente, come chiaramente si desume dall'uso del verbo "può", all'apprezzamento che di volta in volta il Sindaco ritenesse di dover esprimere, successivamente esso ha assunto la configurazione di potere-dovere dello stesso Sindaco di reprimere gli abusi edilizi, ordinandone la demolizione e la rimessione in pristino ogni qual volta le opere poste in essere fossero risultate sfornite dell'autorizzazione o in contrasto con esse"), si sofferma poi sull’interesse pubblico oggetto di valutazione da parte dell’Amministrazione. Su questo punto, la A.P. scrive che tale interesse: "mentre si esplica in ampia dimensione nella fase di programmazione dell'assetto territoriale, nella fase che qui si considera”(quella dell'accertamento dell'abuso e di irrogazione della sanzione ) “in ossequio all'esigenza di conformarsi alle scelte in precedenza operate e di realizzarle, non è di regola tenuta a riproporsi con particolari valutazioni per la repressione degli illeciti edilizi accertati", essendo ex se sufficiente l’abusività dell’opera.

L’Adunanza prevede un temperamento di quanto appena esposto laddove l'opera eseguita in assenza di titolo abilitativo sia comunque conforme allo strumento pianificatorio comunale ovvero se "l'inerzia dell'Amministrazione in presenza dell'abuso perpetrato dal privato” (...) è “protratta per un lasso di tempo molto rilevante”. A riguardo il Consiglio di Stato asserisce che "il lunghissimo decorso del tempo senza che l'Amministrazione si sia comunque preoccupata di adeguare la situazione di fatto a quella di diritto violata” (...) “impone che l'eventuale iniziativa demolitoria abbisogni di essere sorretta da motivazioni più adeguate, rispetto a quella che si riferisca alla semplice constatazione dell'abusività dell'opera".

Emerge chiaramente che l’affidamento creato nel privato può essere superato dall’Amministrazione solamente con una attenta e specifica motivazione indicante le prevalenti ragioni pubblicistiche che determinano la demolizione dell’abuso edilizio realizzato.

Il principio così enucleato è ancora costantemente affermato: “Il principio, secondo cui l’ingiunzione demolitoria, come atto dovuto in presenza della constatata realizzazione dell'opera senza titolo abilitativo (o in totale difformità da esso), è in linea di principio sufficientemente motivata con l’affermazione dell'accertata abusività dell'opera, viene derogato nel caso in cui, per il lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione dell'abuso ed il protrarsi dell'inerzia dell'Amministrazione preposta alla vigilanza, si sia ingenerata una posizione di affidamento nel privato, in relazione alla quale sussiste un onere di congrua motivazione che indichi, avuto riguardo anche all'entità ed alla tipologia dell'abuso, il pubblico interesse - evidentemente diverso da quello al ripristino della legalità - idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato” (Cons. Stato, sez. V, 29.05.2006, n. 3270).

dott. Matteo Acquasaliente

Adunanza Plenaria 19.05.1983 n. 12

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