Vincolo monumentale “diretto” su edifici e “indiretto” sull’area agricola di pertinenza

31 Gen 2013
31 Gennaio 2013

La sentenza del TAR Veneto n. 34 del 2013 decide l'impugnazione del decreto del 22.11.2011, con il quale il Direttore della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Veneto ha dichiarato di interesse culturale particolarmente importante, ai sensi dell'art. 10, comma 3, lettera a) del d.lgs. 42/2004, il complesso immobiliare denominato "Corte San Francesco" in località San Francesco del Comune di Bussolengo e del contestuale decreto del 22.11.2011, con il quale il medesimo Direttore della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Veneto ha imposto la tutela monumentale indiretta di cui all'art. 45 del d.lgs. 42/2004 sull'area di pertinenza del predetto complesso immobiliare "Corte San Francesco".

La sentenza esamina varie questioni relative a tali vincoli.

Scrive il TAR: "Prima di addentrarsi nell’esame del contenuto dei decreti definitivi di apposizione dei vincoli, è necessario premettere che, per un tradizionale orientamento giurisprudenziale (al quale questo Collegio ritiene di non discostarsi), la dichiarazione del valore storico, storico, artistico o etnoantropologico di un bene presuppone un giudizio di discrezionalità tecnica non sindacabile in sede di giudizio di legittimità, se non per vizi di eccesso di potere per errore nei presupposti o per manifesta illogicità (per tutti Consiglio di Stato Sez. VI, 22 Maggio 2008 n. 2430 e TAR Sardegna Cagliari Sez. II, 12 maggio 2011, n. 489).
2.1 Ne consegue che di fronte all’esercizio di un tale potere di merito, ampiamente discrezionale nei contenuti - e di esclusiva prerogativa dell'Amministrazione -, il sindacato esperibile in sede di giurisdizione risulta circoscritto alla verifica circa il  venire in essere di profili di incongruità ed illogicità che, in quanto tali, siano suscettibili di far emergere l'inattendibilità della valutazione tecnica-discrezionale compiuta.
2.2 E’, altresì, necessario premettere che l’art.10 del D.Lgs. 42/2004 distingue i beni culturali che possono essere oggetto del vincolo in due differenti categorie, riconducibili ai beni appartenenti allo Stato, alle Regioni o agli altri enti territoriali e, ancora, nei beni appartenenti ai privati. La stessa norma (al comma 3°) precisa come in relazione ai beni appartenenti ai privati il vincolo può essere imposto su cose immobili e mobili che presentano
interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico “particolarmente importante”, rinviando seppur implicitamente alla necessità di una specifica e motivata valutazione che dia conto dell’interesse a fondamento dell’apposizione di detto vincolo.
2.3 Il Comma 4 della lettera l) prevede, poi, che tra i beni elencati nel comma 3 lett.a), idonei ad assumere la qualificazione di beni culturali, rientrano anche le architetture rurali aventi interesse storico od etnoantropologico quali testimonianze dell’economia rurale e tradizionale.
Detti principi vanno applicati al caso di specie e con riferimento sia al vincolo indiretto (che è comunque strumentale e successivo) sia, ancora, al vincolo diretto che insiste su un manufatto ritenuto di interesse storico, archeologico e etnoantropologico.
3. Per quanto attiene l’apposizione del vincolo diretto, l’esame della relazione storico artistica della Soprintendenza permette di evidenziare la legittimità del provvedimento impugnato e, ciò, in considerazione dell’esistenza, e del rispetto, dei presupposti richiesti dalla disciplina sopra ricordata. La lettura della relazione a supporto del vincolo diretto, consente di desumere come siamo in presenza di una “Corte” di interesse storico, in quanto la stessa, ha origini settecentesche e nel suo interno esiste un oratorio dedicato a San Francesco d’Assisi di cui sarebbe stata autorizzata l’edificazione nel 1728. Sempre la relazione contiene la descrizione dei manufatti che, si compongono, tra l’altro, di un “campanile che si caratterizza per un’inconsueta pianta triangolare”. L’intero complesso per la Soprintendenza costituisce “un significativo esempio di insediamento agricolo storico…in grado di rappresentare le condizioni abitative, le attività quotidiane e le metodologie produttive di una civiltà contadina intimamente legata al territorio della pianura veronese, costituendo nell’insieme, un rilevante complesso architettonico di residenza edilizia di tipo rurale”.
E’ del tutto evidente come le argomentazioni sopra evidenziate consentono di evidenziare l’interesse storico e etnoantropologico dei manufatti. Si consideri ancora come detto valore storico deve ritenersi, seppur indirettamente, confermato dalle prescrizioni contenute nell’art. 17 del Piano d’area Quadrante Europa che, nel tutelare alcuni complessi storico architettonici, ricomprende anche l’antica Corte di San Francesco di cui si tratta.
Ne consegue che gli stessi manufatti, nel loro complesso, integrano il rispetto di quanto contenuto nell’art. 10 comma 4 lett.l), e, ciò, sulla base di quanto affermato dal contenuto della relazione tecnica, laddove quest’ultima precisa come la Corte San Francesco costituisca una “testimonianza dell’architettura tradizionale dell’economia rurale che ha caratterizzato le campagne veronesi in epoca preindustriale”.
4. L’esistenza di dette circostanze, il percorso motivazionale seguito, l’elenco delle caratteristiche sopra ricordate, permettono di individuare, altresì, l’interesse pubblico alla tutela dei manufatti e, quindi, di considerare legittimo l’esercizio del potere di discrezionalità tecnica sopra precisato che, come ricordato, prescinde da un’analisi, nel merito, delle caratteristiche del manufatto di cui si tratta per limitarsi al rispetto dell’impianto motivazionale e alla ragionevolezza e alla logicità dell’esercizio del potere. Il provvedimento di apposizione del vincolo diretto deve, pertanto considerarsi legittimo.
5. Le stesse conclusioni non possono, tuttavia, essere estese all’istruttoria e al percorso motivazionale seguito dall’Amministrazione nell’apposizione del vincolo “indiretto” che, in quanto disciplinato dall'art. 45 del d.lgs. n. 42/2004, si basa sull'esigenza che il bene oggetto del vincolo diretto (la Corte San Francesco) sia valorizzato, per il tramite delle aree oggetto del vincolo indiretto, nella sua complessiva prospettiva e cornice ambientale.
Secondo la relazione che accompagna il provvedimento, l’apposizione del vincolo indiretto sarebbe giustificata dal fatto che “il contesto agrario che testimonia il rapporto funzionale ed estetico esistente tra il complesso monumentale e le aree allo stesso più prossime, identifica altresì la cornice storica e tradizionale, il tramite visivo e prospettico alla percezione del bene culturale, ampiamente fruibile dalle principali direttrici e coni visuali imperniati sulle arterie stradali che definiscono i confini del fondo”.
5.1 Dette affermazioni devono ritenersi non solo generiche, ma ancor di più appaiono contrastanti con il territorio nel quale si inseriscono. Esse, infatti, ricomprendono aree dove sono presenti impianti industriali e commerciali di considerevoli dimensioni (e ciò per tre dei quattro confini propri della Corte) e, ancora, su un territorio che è lontano dalle strade più importanti e che, pertanto, non permetterebbe comunque il rispetto della fruibilità della percezione visiva del bene culturale di cui si tratta.
5.2 Altrettanto ingiustificata e gravosa è l’imposizione di estendere l’immodificabilità dell’area a tutti i 63 ettari, senza nessuna limitazione di sorta,
apponendo così un vincolo generalizzato su un’area comprensiva di diversi fondi e terreni agricoli. Sancire una prescrizione così ampia, così pregiudizievole per i diritti del proprietario, avrebbe richiesto una motivazione più articolata, idonea a specificare le ragioni a fondamento delle quali si ritenga indispensabile sottoporre a vincolo un’area così vasta e, ciò, introducendo un’opportuna differenzazione tra le aree circostanti alla Corte che, in quanto tali, hanno il solo aspetto in comune di appartenere allo stesso proprietario e di essere pertinenziali alla Corte San Francesco.
5.3 La stessa motivazione avrebbe richiesto una comparazione tra l’interesse pubblico e quello privato, che consentisse di far comprendere le ragioni per l’imposizione di un vincolo, argomentazioni e ponderazioni che, al contrario, non sono presenti nel provvedimento impugnato né tantomeno nella relazione di accompagnamento. La stessa motivazione avrebbe richiesto l’indicazione delle ragioni che ritengono indispensabili ricomprendere tutti i fondi di cui si tratta,  precisando i motivi in base ai quali l’Amministrazioni ritiene che i coni visivi e le direttrici prospettiche non siano già state compromesse dai successivi interventi, rendendo del tutto inutile l’apposizione di un vincolo generalizzato, e di inedificabilità, su un’area già così modificata. Sul punto va, inoltre, rilevato che l'art. 45 (Prescrizioni di tutela indiretta) del Codice dei beni culturali e del paesaggio (che ripete la fattispecie sostanziale dell'art. 21 L. 1 giugno 1939, n. 1089 e poi dell'art. 49 D.Lgs. 29 ottobre 1999, n.  490) non stabilisce altra delimitazione spaziale che quella intrinsecamente funzionale alla sua causa tipica, che è di "prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l'integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro".
5.4 Dette considerazioni sono confermate da quell’orientamento giurisprudenziale che nel considerare ammissibile l’estensione del vincolo ad intere aree ha affermato che “è necessario, però, in tal caso, che i ruderi stessi costituiscano un complesso unitario ed inscindibile, tale da rendere indispensabile il sacrificio totale degli interessi dei proprietari e senza possibilità di adottare soluzioni meno radicali, evitandosi, in ogni caso, che l'imposizione della limitazione sia sproporzionata rispetto alla finalità di pubblico interesse cui è preordinata (T.A.R. Campania Napoli Sez. VII, 29-05-2006, n. 6209)". E’ pertanto evidente che il provvedimento di imposizione del vincolo “indiretto” non solo deve indicare con precisione il bene oggetto del vincolo, ma altresì, il rapporto di complementarietà fra le misure limitative ed il fine pubblico perseguito, nonché le ragioni di adozione della misura limitativa, al fine di evitare che la compressione del diritto di proprietà che ne deriva si possa tradurre in un'inutile limitazione dello stesso (T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. I, 24 gennaio 2011, n. 93). Gli arresti dei giudici di merito sopra ricordati sono conformi con alcune pronunce
del Consiglio di Stato, laddove si è affermato il principio come sia "..illegittima l'imposizione di un vincolo posto a distanza notevole dal complesso archeologico, essendo in tale caso necessaria un'apposita congrua motivazione, autonoma rispetto a quella che sorregge l'imposizione del vincolo diretto, con riferimento all'ampiezza della fascia di rispetto, ai valori ed interessi secondari tutelati ed alla giustificazione del sacrificio del diritto del proprietario (Cons. Stato, sez. VI, 17 ottobre 2003, n. 6344)”.
Deve, inoltre, rilevarsi che una recente pronuncia del Consiglio di Stato (n. 3893/2012), pur confermando la legittimità di un provvedimento di apposizione del vincolo indiretto – e rigettando l’impugnativa proposta - ha comunque precisato che “la proporzionalità … rappresenta la congruenza della misura adottata in rapporto all'oggetto principale da proteggere: per cui l'azione di tutela indiretta va contenuta nei termini di quanto risulta essere concretamente necessario per il raggiungimento degli obiettivi di tutela diretta. Va cioè posta in rapporto all'esigenza conservativa che ha causato il vincolo diretto e dunque alle caratteristiche dell'oggetto materiale di quello. È connessa alla ragionevolezza, e
questa si specifica nel conseguimento di un punto di equilibrio identificabile nella corretta e sufficiente funzionalità dell'esercizio del potere di vincolo”. E’ sempre la pronuncia sopra citata ad affermare che “l'estensione eccede in concreto dalla corretta cura dell'interesse quando viene dimostrato …..che riguarda terreni non necessari a contrastare il rischio per l'integrità di beni culturali (cioè  a garantirne la conservazione materiale), ovvero il danneggiamento della loro prospettiva o luce (cioè a garantirne la visibilità complessiva), ovvero l'alterazione delle loro condizioni di ambiente e di decoro (cioè a preservarli da contrasti con lo stile e il significato storico-artistico e a garantire la continuità storica e stilistica tra il monumento e la situazione ambientale in con è contestualizzato (ad es., Cons. Stato, VI, 23 maggio 2006, n. 3078, ha respinto l'impugnazione di un'imposizione di vincolo indiretto per un raggio di tre chilometri intorno ad un castello; cfr. anche Cons. Stato, VI, 9 marzo 2011, n. 1474.).
6. L’esame dei principi sopra ricordati permette di affermare come anche nella materia di apposizione del vincolo indiretto, connotata anch’essa da un’ampia discrezionalità dell’Amministrazione procedente, è comunque necessario che il potere sia esercitato in modo che lo stesso sia effettivamente congruo, rapportato allo scopo perseguito e alla concreta finalità di tutela dei manufatti in relazione ai quali essi è previsto.
7. Ne consegue che se è vero che l’imposizione del vincolo “indiretto” costituisce una conseguenza dell’imposizione del vincolo “diretto” è, altrettanto, condivisibile l’affermazione in base alla quale una volta che è accertata questa corrispondenza, la latitudine spaziale dovrà essere espressamente contemperata e valutata in funzione dell’effettivo interesse che si intende tutelare, contemperando il sacrificio del privato, ed eventualmente attenuandolo e mitigandolo anche mediante l’adozione di specifiche prescrizioni, eventualmente diversificate in ragione della vicinanza (e/o della lontananza) dal bene che si intende proteggere e delle esigenze di tutela, proprie dello stesso manufatto oggetto del vincolo diretto. E’ evidente, pertanto, come in detta attività un momento fondamentale è costituito dalla determinazione delle specifiche prescrizioni nell’atto di imposizione del
vincolo di cui si tratta che, in quanto tali, impegnano l’Amministrazione in un’attenta comparazione degli interessi coinvolti, strettamente correlati alle opere che si intende preservare con le prescrizioni così assunte.8. Ne consegue, allora, che l'ampiezza della zona da preservare in via indiretta non può essere determinata aprioristicamente, ma dipende in concreto dalla natura e dalla conformazione del bene direttamente tutelato, dallo stato dei luoghi che lo circondano e dalle prescrizioni poste a tutela del bene (o dei beni) di cui si tratta.
9. Alla luce delle considerarsi sopra esposte deve affermarsi che nel caso di specie non sono stati rispettati i principi di adeguatezza, congruenza, ragionevolezza e proporzionalità nell’apposizione del vincolo indiretto e nella determinazione delle prescrizioni ad esso relative ( Cons. Stato, VI, 6 ottobre 1986, n. 758) e, ciò, anche considerando come l’altezza massima del parco fotovoltaico fosse originariamente prevista in 2,27 metri (a fronte di un’altezza delle costruzioni della Corte che oscillano tra i sei e i nove metri) e, ancora, come l’ampiezza dell’area sottoposta a vincolo risultasse pari a 63 ettari e, quindi, corrispondesse alla pressocchè totalità delle aree di proprietà del ricorrente e, ciò, senza che sia presente nessuna distinzione tra i vari terreni che compongono un’area così vasta. In considerando di quanto sopra espresso il ricorso può essere allora accolto, seppur parzialmente, annullando il solo provvedimento di apposizione del vincolo indiretto così come sopra specificato".

TAR Veneto n. 34 del 2013

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