La previsione a “verde sportivo” è un vincolo espropriativo o conformativo?

27 Gen 2014
27 Gennaio 2014

La questione è stata esaminata dalla sentenza del TAR Veneto n. 20 del 2014, in relazione ad alcune previsioni del PRG di Rovigo. Secondo le previsioni dettate dall’art. 67 delle N.T.A., l’area di interesse del ricorrente risulta ora destinata all’insediamento di attrezzature sportive e per il tempo libero. Di conseguenza, risultano dettate le seguenti prescrizioni: “In questa zona possono sorgere anche eventuali attrezzature di servizio degli impianti (locali di ristoro e sedi di attrezzature sportive), attrezzature ricettive per gli atleti. E’ vietata la costruzione di edifici residenziali, ad eccezione di quelli strettamente necessari per i custodi.   L’attuazione delle opere sopra descritte compete ai soli Enti Pubblici (Amministrazione Comunale, Amministrazione Provinciale, Federazione e Associazioni sportive del CONI). Con delibera del Consiglio Comunale, il Sindaco, su parere conforme della Commissione Edilizia, può utilizzare interventi di privati in attuazione totale o parziale delle opere previste”. Ritenendo che dette prescrizioni abbiano imposto sull’area un vincolo preordinato all’espropriazione - attesa la sostanziale riserva alle pubbliche amministrazioni dell’attuazione della destinazione di zona, risultando del tutto eccezionale l’eventualità che anche soggetti privati possano dare esecuzione alle previsioni, previa in ogni caso l’approvazione del progetto da parte dell’amministrazione - il ricorrente ha evidenziato come detto vincolo fosse ormai decaduto per decorso del quinquennio dalla sua introduzione con la Variante Generale, per cui, invocando l’applicazione del combinato disposto di cui all’art. 2 della legge n. 1187/68 ed all’art. 76 della L.r. 61/85, ha formulato istanza per il rilascio della concessione edilizia per la costruzione di un capannone adibito a magazzino per l’attività artigianale in atto. L’intervento sarebbe quindi divenuto assentibile sulla base della disciplina transitoria, propria della cc.dd. “zone bianche”, nell’attesa della nuova previsione pianificatoria, che consente la realizzazione di un edificio a destinazione produttiva entro il limite del 10% dell’area disponibile. La richiesta veniva, tuttavia, respinta dall’amministrazione con il provvedimento dirigenziale del 29.3.2001, con il quale è stata ritenuta l’insussistenza di un vincolo preordinato all’espropriazione gravante  sull’area di proprietà del ricorrente, in quanto la destinazione a verde sportivo dettata dalle N.T.A. non ha precluso la possibilità di intervento da parte dei privati, pur nel rispetto della destinazione impressa dalle previsioni di piano, senza così svuotare del tutto il contenuto del diritto ad edificare.

Il TAR ha ritenuto il vincolo conformativo, scrivendo che: "La controversia sottoposta all’esame del Collegio investe l’interpretazione data alle prescrizioni contenute nell’art. 67 delle N.T.A.  del P.R.G. di Rovigo, in base alle quali, per quanto riguarda specificatamente l’area di interesse di parte ricorrente, la destinazione impressa dallo strumento urbanistico è quella di “verde sportivo”. Secondo l’interpretazione seguita dall’Amministrazione e posta a fondamento del diniego impugnato, tenuto conto della natura della destinazione assegnata e della possibilità comunque prevista per i soggetti privati di dare attuazione alle prescrizioni, eseguendo interventi rispettosi della suddetta destinazione (salva l’approvazione da parte del Comune), si tratterebbe di un vincolo conformativo. In quanto tale, detto vincolo non risulta soggetto a decadenza, ma impone che gli interventi da eseguire sull’area de qua siano rispettosi della destinazione urbanistica ad essa impressa. Diversamente opinando, parte istante ritiene che la reale portata della previsione urbanistica di cui all’art. 67 N.T.A., dia luogo ad un vincolo preordinato all’espropriazione, che svuota del tutto ogni possibilità di sfruttamento edificatorio dell’area, come tale soggetto ai termini di decadenza, salvo la necessaria reiterazione del vincolo da parte del’amministrazione, previa corresponsione dell’indennità prevista dalla legge n. 1187/68. Ritiene il Collegio, esaminate le opposte conclusioni rese dalle difese di parte, che il ricorso sia infondato. Invero, atteso il contenuto e la portata prescrittiva delle disposizioni dettate dall’art. 67 delle N.T.A, non sono rinvenibili i caratteri del vincolo preordinato all’espropriazione e quindi non sono desumibili nella specie le conseguenze prospettate dalla difesa istante circa la decadenza del vincolo asseritamente imposto e la conseguente  applicabilità della speciale disciplina delle cd “zone bianche”, che come tale avrebbe consentito, entro i limiti stabiliti (10% dell’area), la realizzazione di interventi a destinazione produttiva. Come è stato affermato dalla Corte Costituzionale nella nota pronuncia n. 179/99 e, quindi, ribadito sulla base di tale insegnamento dalla successiva giurisprudenza, non è configurabile un vincolo preordinato all’espropriazione ogni qual volta l’amministrazione imponga con gli strumenti urbanistici vincoli di inedificabilità in aree destinate a verde attrezzato o per la realizzazione di un parco o più in generale per la destinazione di zone a verde pubblico o, come nel caso in esame, quale “verde sportivo”. In queste ipotesi è stata ritenuta la natura conformativa delle previsioni  urbanistiche, trattandosi di previsioni che interessano categorie generali di beni, strettamente connesse alla pianificazione urbanistica, senza implicare alcun effetto ablatorio o limitativo, sino a privarne di contenuto, del diritto di proprietà. La previsione a verde pubblico o, più specificatamente, per quel che interessa nel caso in esame, a verde sportivo, non esaurisce, svuotandolo, il diritto di proprietà, non elide totalmente la possibilità di sfruttamento economico della proprietà, ma orienta l’intervento, anche del privato, entro i limiti derivanti dalla programmazione pianificatoria del Comune. Sebbene, quindi, in quell’area ogni intervento deve rimanere circoscritto entro i limiti di rispetto della destinazione urbanistica assegnata alla zona, ciò non esautora completamente, con valenza sostanzialmente  espropriativa, il privato proprietario delle possibilità di sfruttamento economico dell’area. La stessa disposizione contenuta nell’art. 67 delle N.T.A. ammette, seppure invia residuale, che gli interventi ammessi siano realizzati anche dai privati, seppure previa autorizzazione da parte dell’amministrazione, che con delibera del Consiglio Comunale dovrà valutare la corrispondenza del progetto alla destinazione di zona, con ciò concretando proprio una di quelle ipotesi in presenza delle quali la stessa Corte Costituzionale, nella richiamata pronuncia, ha ritenuto non sussistere il vincolo preordinato all’esproprio. E’ quindi possibile ricondurre il caso in esame ad ipotesi analoghe, per le quali è stato affermato che :”Sono conformativi e al di fuori dello schema ablatorio-espropriativo dell’area de qua (non comportano indennizzo, non decadono al quinquennio e quindi non sussiste un dovere di ritipizzazione) i vincoli che importano una destinazione (anche di contenuto specifico) realizzabile ad iniziativa privata o promiscua pubblico-privata, che non comportino necessariamente espropriazione o interventi ad esclusiva iniziativa pubblica e quindi siano attuabili anche dal soggetto privato e senza necessità di ablazione del bene”(cfr. C.d.S., IV, n. 3797/2011). La previsione, quindi, in alternativa o in via derogatoria rispetto all’intervento pubblico, di progetti che attuino la destinazione impressa all’area quale verde sportivo anche da parte di soggetti privati, esclude il temuto svuotamento del contenuto del diritto di proprietà, permanendo in capo ai privati la possibilità di presentare un progetto che,  soddisfacendo le previsioni di zona, assicuri comunque il godimento economico del bene. Non si deve, invero, confondere la limitazione derivante dalla destinazione di zona impressa dallo strumento urbanistico, espressione della potestà pianificatoria comunale che ben può assicurare ad un determinato ambito una specifica destinazione, dall’imposizione di un vincolo, preordinato all’esproprio, che privi del tutto il privato di ogni possibilità di utilizzo e sfruttamento dell’area. Ciò ritenuto ed escluso quindi che nella fattispecie sussistesse un vincolo preordinato all’esproprio, decaduto per decorrenza quinquennale, non sono ravvisabili i vizi di legittimità denunciati in ricorso, non potendosi ammettere un intervento, quale quello progettato dal ricorrente, che chiaramente contrasta con le previsioni di zona. Per detti motivi, ritenuta la legittimità del provvedimento impugnato, il ricorso va respinto".

avv. Dario Meneguzzo

sentenza TAR Veneto n. 20 del 2014

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