La discrezionalità del Comune in materia di pianificazione territoriale

18 Nov 2013
18 Novembre 2013

Il T.A.R. Veneto, sez. I, nella sentenza del 11 novembre 2013 n. 1246, chiarisce la natura discrezionale delle scelte effettuate dall’Amministrazione comunale in materia di pianificazione urbanistico-territoriale, le quali cedono solamente di fonte al c.d affidamento qualificato ed alle linee di sviluppo contenute nella relazione tecnica e nei documenti accompagnatori: “È pacifico in giurisprudenza che le scelte effettuate dall'Amministrazione, in concomitanza con l’adozione di uno strumento urbanistico, costituiscono apprezzamenti di merito sottratti al sindacato di legittimità, salvo che siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità (CdS, Ap, 22.12.1999 n. 24; IV, 20.6.2012 n. 3571; TAR Veneto, II, 6.8.2012 n. 1101) e inoltre che, in occasione della formazione di uno strumento urbanistico generale, l'Amministrazione ha la più ampia discrezionalità nell'individuare le scelte ritenute idonee per disciplinare l'uso del proprio territorio (e anche nel rivedere le proprie, precedenti previsioni urbanistiche), valutando gli interessi in gioco e il fine pubblico e, tra l'altro, non deve fornire motivazione specifica delle singole scelte urbanistiche (cfr., da ultimo, CdS, VI, 13.9.2012 n. 4867).

In tal senso, la scelta compiuta in un PRG (o in una variante) di imprimere una particolare destinazione urbanistica ad una zona non necessita di particolare motivazione, in quanto essa trova giustificazione nei criteri generali di ordine tecnico discrezionale seguiti nella impostazione del piano, salvo che particolari situazioni non abbiano creato aspettative o affidamenti in favore di soggetti le cui posizioni appaiono meritevoli di specifiche considerazioni (cfr., ex pluribus, CdS, VI, 17.2.2012 n. 854).

Tali evenienze generatrici di affidamento "qualificato", sulla scia della giurisprudenza ormai consolidata, sono state ravvisate nell'esistenza di convenzioni di lottizzazione, di accordi di diritto privato intercorsi tra Comune e proprietari, di giudicati di annullamento di dinieghi di concessioni edilizie o di silenzio-rifiuto su domanda di concessione. In mancanza di tali eventi – è appena il caso di annotare che, ancorchè si volesse assimilare il piano di recupero con validità decennale approvato dal Comune di Paese nel 1984 alla convenzione di lottizzazione, va tuttavia osservato che il predetto piano aveva avuto, come affermato dallo stesso ricorrente, completa attuazione, eccetto l’area di sua proprietà: ma il signor Trevisan, al quale nel 1985 era stata rilasciata la concessione edilizia per realizzare l’ultimo intervento consentito dal piano di recupero, vi ha successivamente rinunciato, con la conseguenza che, a fronte di tale manifestazione di disinteresse all’edificazione, il piano di recupero doveva considerarsi completamente attuato - non è configurabile un'aspettativa qualificata ad una destinazione edificatoria non peggiorativa di quella pregressa, ma solo un'aspettativa generica analoga a quella di qualunque altro proprietario di aree che aspiri all'utilizzazione più proficua dell'immobile, posizione cedevole rispetto alle scelte urbanistiche dell'Amministrazione: sicchè non può essere invocato il difetto di motivazione, in quanto si porrebbe in contrasto con la natura generale dell'atto e i criteri di ordine tecnico seguiti per la redazione dello stesso (cfr., ex multis, CdS, VI, 17.2.2012 n. 854 cit.; IV, 4.4.2011 n. 2104);

Peraltro, in sede di adozione di uno strumento urbanistico l'Amministrazione può introdurre anche innovazioni per migliorare le vigenti prescrizioni urbanistiche alle nuove esigenze, e ciò anche nel caso in cui la scelta effettuata imponga sacrifici ai proprietari interessati e li differenzi rispetto agli altri che abbiano già proceduto all'utilizzazione edificatoria dell'area secondo la previgente destinazione.

In ogni caso, in materia di pianificazione urbanistica occorre tener conto della congruenza delle scelte con le linee di sviluppo del territorio illustrate nella relazione tecnica e nei documenti accompagnatori. Al riguardo, la giurisprudenza ritiene che sia sufficiente proprio detta congruenza delle scelte, attenuando così in tali casi l'onere motivazionale degli strumenti di piano che si risolve nella mera indicazione della congruità con le direttrici di sviluppo del territorio esposte nella relazione tecnica o più in generale nei documenti che accompagnano la predisposizione del piano stesso (cfr, da ultimo, CdS, VI, 13.9.2012 n. 4867 cit.)”.

 Nella medesima, inoltre, il T.A.R. specifica che: “È noto, invero, che una volta impugnata la delibera di adozione del piano regolatore, la delibera di approvazione del medesimo va impugnata esclusivamente in quanto non confermi le previsioni contenute nel piano adottato e fatto oggetto di impugnativa, e ciò perché l'annullamento di quest'ultima esplica effetti caducanti e non meramente vizianti sul successivo provvedimento di approvazione (cfr. TAR Veneto, I, 26.11.2012 n. 1441)”.

dott. Matteo Acquasaliente

 TAR Veneto n. 1246 del 2013

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