Nel caso di lotto residuo di quale area si deve tenere conto per valutare la sufficienza delle opere di urbanizzazione

05 Nov 2013
5 Novembre 2013

E' noto che la giurisrpudenza esclude che occorra il piano attuativo (anche se prescritto dal PRG), quando si sia in presenza di un lotto residuo  ed intecluso, il quale  si trovi in una zona che, oltre che integralmente interessata da costruzioni, sia anche dotata delle opere di urbanizzazione.

Ma a quale area di deve fare riferimento per valutare la dotazione delle opere di urbanizzazione?

La sentenza del Consiglio di Stato n. 5251 del 2013 così precisa: "3 Una volta confermata la permanente vigenza del suddetto vincolo strumentale all’epoca del pronunciamento dell’Amministrazione sul progetto di parte, occorre peraltro ricordare che, secondo una consolidata giurisprudenza, previsioni urbanistiche del genere possono, in casi particolari, risultare superate dai fatti e non più vincolanti in concreto, ove sia stato raggiunto il risultato - l’adeguata dotazione di infrastrutture, primarie e secondarie- cui tali previsioni di “attesa” erano finalizzate. Secondo l’insegnamento giurisprudenziale, infatti, una concessione edilizia può essere rilasciata anche in assenza del piano attuativo pur richiesto dalle norme di piano regolatore quando in sede istruttoria l'Amministrazione abbia accertato che il lotto del richiedente è l'unico a non essere stato ancora edificato, vi è già stata, cioè, una pressoché completa edificazione dell'area (come nell'ipotesi del lotto residuale ed intercluso), e si trova in una zona che, oltre che integralmente interessata da costruzioni, è anche dotata delle opere di urbanizzazione; pertanto, si può prescindere dalla lottizzazione convenzionata prescritta dalle norme di piano solo, in pratica, nei casi eccezionali in cui nel comprensorio interessato sussista una situazione di fatto corrispondente a quella che deriverebbe dall'attuazione della lottizzazione stessa, ovvero in presenza di opere di urbanizzazione primaria e secondaria pari agli standard urbanistici minimi prescritti (C.d.S., V, 5 dicembre 2012, n. 6229; 5 ottobre 2011, n. 5450; IV, 1° agosto 2007, n. 4276; 21 dicembre 2006, n. 7769).
4 Ciò posto, il Collegio deve rilevare la sostanziale fondatezza delle censure con cui la società in epigrafe ha contestato la valutazione comunale espressa nel senso dell’insufficienza, rispetto al sito, degli standards urbanistici per carenze, segnatamente, di servizi e verde pubblico, secondo quanto riportato nell’allegato C della delibera n. 203/1995. In una vicenda del tutto analoga e coeva, in cui il Comune di Roma aveva parimenti denegato una concessione relativamente ad un’area della Capitale classificata in zona D, siccome reputata carente quanto a standards per servizi e verde pubblico alla stregua dei medesimi accertamenti contenuti nell’Allegato C alla delibera n. 203/1995, ed il T.A.R., di diverso avviso, aveva invece censurato il riferimento comunale all’All. C alla delibera n. 203, affermando che i relativi accertamenti non potevano considerasi attendibili, e questo sia per il tempo trascorso dal rilevamento dei dati, sia per la perplessità dei criteri usati per l’individuazione degli standards (perplessità riconosciuta dallo stesso Comune in sede di adozione della successiva variante), questa Sezione ha avuto modo di condividere le critiche in tal modo espresse dal primo Giudice, osservando quanto segue (sentenza n. 448 del 29 gennaio 2003). “Ritiene il Collegio che l’avviso dei primi giudici vada condiviso, e ciò in considerazione, soprattutto, degli elementi desumibili dalle valutazioni espresse dallo stesso Comune in tema di carenza di standards sia all’epoca dell’adozione del provvedimento impugnato, sia successivamente... E’ peraltro il caso di aggiungere, a proposito della verifica dello stato delle urbanizzazioni già esistenti, che il principio che “l'ambito territoriale di riferimento non può essere limitato alle sole aree di contorno dell'edificio progettato, ma deve coincidere con il perimetro del comprensorio che dagli strumenti attuativi dovrebbe essere pianificato” era stato già enunciato anche nella precedente sentenza della Sezione n. 1341/2001, il cui chiaro passaggio era stato, per la verità, anche citato dal T.A.R. nella decisione in epigrafe, senza che ne fossero tratti, però, i dovuti corollari. Va a questo punto sottolineato che il relativo, decisivo vizio era stato inequivocabilmente dedotto sin dal ricorso introduttivo di prime cure (v. le sue pagg. 20 e segg., e spec. la pag. 22), lamentandosi, appunto, come il Comune, con il più volte menzionato all. C della delibera n. 203, prescindendo anche dalle già individuate Z.T.O. avesse illegittimamente “creato” per la bisogna una categoria del tutto diversa, i c.d. ambiti, estranea alla normativa in vigore. Dall’arbitrarietà del dimensionamento del bacino cui è stata ancorata la verifica degli standards urbanistici si desume, dunque, la fondatezza degli addebiti di difetto di istruttoria e, conseguentemente, di adeguata motivazione ascritti all’Amministrazione comunale, la quale si è sottratta alla necessaria valutazione specifica del progetto sottopostole, nel quadro della situazione urbanistica propria del pertinente bacino territoriale di riferimento".

CDS su decadenza vincoli strumentali

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