L’installazione dei cartelloni pubblicitari lungo le strade richiede (sempre) il Permesso di Costruire?

25 Set 2013
25 Settembre 2013

La nozione legale di pubblicità si ricava dal D. Lgs. n. 74/2002 (“Attuazione della direttiva 84/450/CEE, come modificata dalla direttiva 97/55/CE, in materia di pubblicità ingannevole e comparativa”), secondo cui la pubblicità è connotata da “qualsiasi forma di messaggio che sia diffuso, in qualsiasi modo, nell’esercizio di un’attività commerciale, industriale, artigianale o professionale allo scopo di promuovere la vendita di beni mobili o immobili, la costituzione o il trasferimento di diritti ed obblighi su di essi oppure la prestazione di opere o di servizi” (cfr. art. 2, c. 1, lett. a)).

Tale nozione è ritenuta valida anche per definire la pubblicità sulle strade.

 Nello specifico, per “manufatto pubblicitario” si intende ogni forma di comunicazione al pubblico realizzata sulla strada (o nelle sue pertinenze di servizio) oppure in terreni privati ed idonea ad essere percepita dagli utenti della strada.

Tra questi mezzi pubblicitari alcuni possono presentare grandi dimensioni, quali le insegne di esercizio (scritte in caratteri alfanumerici, completate eventualmente da simboli e da marchi, realizzate e supportate con materiali di qualsiasi natura, installate nella sede dell’attività cui si riferiscono o nelle pertinenze accessorie alle stesse) ed i cartelli (manufatti bidimensionali supportati da un’idonea struttura di sostegno, con una sola o entrambe le facce finalizzate alla diffusione di messaggi pubblicitari o propagandistici, sia direttamente, sia tramite sovrapposizione di altri elementi, quali manifesti, adesivi o altro).

Chiarita la natura dei “manufatti pubblicitari”, quale provvedimento amministrativo è necessario per l’installazione dei cartelli pubblicitari lungo le strade?

 Premesso che la materia è disciplinata da un coacervo di disposizioni (D. Lgs. 285/1992 (“Nuovo Codice della Strada”), D.P.R. 495/1992 (“Regolamento di esecuzione e di attuazione del Codice della Starda”), D. Lgs. n. 42/2004 (“Codice dei beni culturali e del paesaggio”), da una interpretazione puramente letterale delle norme si ricava che, ex art. 23, c. 4, C.d.S.: “La collocazione di cartelli e di altri mezzi pubblicitari lungo le strade o in vista di esse è soggetta in ogni caso ad autorizzazione da parte dell'ente proprietario della strada nel rispetto delle presenti norme. Nell'interno dei centri abitati la competenza è dei comuni, salvo il preventivo nulla osta tecnico dell'ente proprietario se la strada è statale, regionale o provinciale”.

Assodato ciò, quali valutazioni implica tale autorizzazione e, soprattutto, di quale titolo edilizio consiste?

Per quanto concerne il primo quesito, si sottolinea che tale autorizzazione implica un forte potere discrezionale dell’ente proprietario della strada in quanto: “I) in sede di rilascio del provvedimento autorizzatorio l’Ente proprietario della strada deve accertare il rispetto di tutte le condizioni poste dal legislatore e –poiché l’obiettivo primario è quello di salvaguardare la sicurezza della circolazione stradale e la pubblica incolumità– può legittimamente inibire la collocazione dei cartelli su tutte le tipologie di strade quando emergano circostanze ostative al perseguimento di quell’obiettivo (sentenza Sezione 20/04/2011 n. 593; TAR Toscana, sez. III – 11/06/2004 n. 2047);

II) la valutazione della pericolosità dei cartelli pubblicitari è rimessa alla discrezionalità dell’amministrazione e, in quanto tale, non è censurabile in sede di legittimità se non per errori di valutazione o vizi logici (TAR Lombardia Milano, sez. IV – 07/07/2008 n. 2886);

III) l’amministrazione deve optare per la preminenza delle esigenze di sicurezza della circolazione rispetto al pur rilevante interesse economico di cui sono portatori gli imprenditori del settore, con una scelta perfettamente legittima anche alla luce dei canoni costituzionali di salvaguardia dell’integrità fisica e della salute degli individui: infatti il valore dell’iniziativa economica privata della quale l’attività pubblicitaria costituisce estrinsecazione –seppur riconosciuto e protetto dalla Carta costituzionale– recede nel giudizio di bilanciamento con il valore superiore della salute individuale e collettiva, al quale è garantita la massima protezione (cfr. sentenze Sezione 28/02/2008 n. 174; 27/11/2008 n. 1702; 05/03/2009 n. 529);

IV) il Comune può valorizzare l’interesse pubblico alla coerenza urbanistica del territorio con la ricerca del punto di equilibrio tra la “pulizia” della visuale e le esigenze della produzione e del commercio (di cui la pubblicità stradale è una componente), consumando in misura proporzionata la visuale stradale e il paesaggio urbano (TAR Brescia – 06/09/2004 n. 1013)” (T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. II, 20.11.2012, n. 1816).

 Inoltre, analizzando l’autorizzazione in modo più approfondito, si nota che è molto più simile ad una concessione di suolo pubblico: “Il Collegio ha già affermato con precedenti pronunce che l’autorizzazione alla installazione di impianti pubblicitari è subordinata alla valutazione in ordine alla sua compatibilità con il diverso interesse pubblico generale alla ordinata regolamentazione degli spazi pubblicitari (che non possono essere indiscriminatamente lasciati alla libera iniziativa privata), e, quindi, costituisce oggetto di una specifica disciplina, non sovrapponibile o confondibile con quella edilizia (TAR Calabria, Catanzaro, I sezione 14.02.2012, n. 183; 31.12.2011 n. 1675).

Il Comune è chiamato ad esercitare, al riguardo, un potere sicuramente caratterizzato da profili di discrezionalità, in quanto titolare sia delle funzioni relative alla sicurezza della circolazione (ciò che comporta la titolarità del potere autorizzatorio dell'installazione di impianti pubblicitari, nel rispetto delle prescrizioni del Codice della Strada), sia di quelle relative all'uso del proprio territorio, anche sotto l’aspetto dei monumenti, dell'estetica cittadina e del paesaggio, ben potendo individuare limitazioni e divieti per particolari forme pubblicitarie, in connessione ad esigenze di pubblico interesse (ex plurimis: TAR Lombardia-Brescia, Sez. I 28.02.2008 n. 174).

Siffatto potere, inerente alla ponderazione comparativa degli interessi coinvolti, quali, da un lato, quelli pubblici e, dall’altro, quello privato, alla libertà di iniziativa economica -di cui l'attività pubblicitaria rappresenta estrinsecazione- si esprime, innanzitutto, nella potestà pianificatoria e, dunque, nella potestà regolamentare, attraverso la quale il Comune disciplina le modalità dello svolgimento della pubblicità, la tipologia e quantità degli impianti pubblicitari e le modalità per ottenere l'autorizzazione all'installazione di questi, senza violare l’art. 41 Cost., ma, anzi, ponendosi nell'ambito semantico della “utilità sociale” e nel contesto di valori costituzionali equiordinati, quali quello alla difesa dell'ambiente e delle valenze estetiche del patrimonio culturale della Nazione, riconducibili all’art. 9 della Costituzione (conf.: Corte Cost. sent. 17.07.2002 n. 355).

Inoltre, nei casi in cui viene richiesta l’affissione di impianti pubblicitari direttamente su suolo pubblico, l’Amministrazione -nella cui disponibilità, oltretutto, si trova il suolo stesso- è tenuta ad espletare una valutazione complessiva, non limitata soltanto alla mera compatibilità dell’impianto pubblicitario con l’interesse pubblico (come nell’ipotesi in cui il suolo si trovi nella disponibilità dell’interessato), ma estesa anche alla verifica che, attraverso detto uso privato della risorsa pubblica, si realizzino quegli interessi collettivi, di cui l’Amministrazione stessa è portatrice.

Invero, in questi casi, viene richiesto un esame più approfondito e attento, che si articola nell’ambito di un procedimento destinato a sfociare in un provvedimento non già meramente autorizzatorio, ma di natura concessoria, il cui rilascio presuppone la canalizzazione dell’attività privata nell’alveo del pubblico interesse, e non solo la non incompatibilità dell’una rispetto all’altro.

In altri termini, l’installazione di mezzi pubblicitari su suolo pubblico postula un provvedimento di concessione dell’uso del medesimo, non bastando a tale scopo il solo provvedimento autorizzatorio, poiché, mentre il procedimento autorizzatorio si esaurisce nel sopra menzionato giudizio di "non incompatibilità" dell’attività privata con l’interesse pubblico, il procedimento concessorio involve la valutazione della conformità di tale attività con il pubblico interesse.

Ne segue che, quando l’esposizione degli impianti di pubblicità avviene su suolo pubblico, l’occupazione del predetto suolo fa sì che non si possa in alcun modo prescindere dalla citata valutazione di conformità, la cui complessità non consente che si possa formare tacitamente il provvedimento finale concessorio (TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 26.07.2005, n. 3421), in quanto involve l’esercizio di una potestà discrezionale, escludente l’applicabilità del regime del silenzio- assenso (conf.: Corte Cost. 27.07.1995 n. 408)” (T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 05.07.2012, n. 716).

Per quanto riguarda il titolo edilizio, invece, la giurisprudenza ritiene necessario il Permesso di Costruire, ex art. 10 D.P.R. 380/2001, laddove il cartellone pubblicitario presenti notevoli dimensioni e sia infisso stabilmente al suolo, mentre negli altri casi è sufficiente la S.C.I.A. ex art. 19 l. 241/1990: “Sotto altro profilo, deve poi rilevarsi che non sussiste un rapporto di tipo derogatorio fra la normativa edilizia, oggi compendiata nel D.P.R. 06.06.2001 n. 380 e la normativa per le pubbliche affissioni di cui al D.Lgs. 15.11.1993, n. 507, giacché trattasi di discipline differenti, avente differenti contenuti e finalità, che concorrono nella valutazione della medesima fattispecie ai fini della tutela di interessi pubblici diversi nonché ai fini della definizione di differenti procedimenti amministrativi.

Ed invero, la normativa edilizia trova applicazione in tutte le ipotesi in cui si configura un mutamento del territorio nel suo contesto preesistente sia sotto il profilo urbanistico che sotto quello edilizio ed entro questi limiti pertanto assume rilevanza la violazione dei regolamenti edilizi.

Conseguentemente, nelle ipotesi in cui la sistemazione di una insegna o di una tabella (cosiddetta tabellone) pubblicitaria o di ogni altro genere, per le sue consistenti dimensioni, comporti un rilevante mutamento territoriale, è richiesto l’assenso mediante “permesso di costruire” e mediante semplice s.c.i.a. negli altri casi, in coerenza con le previsioni della normativa edilizia di cui agli artt. 2, 6 e 7 del D.P.R. n. 380 del 2001 e succ. mod..

Per quanto concerne la formazione del silenzio-assenso invocato dalla ricorrente osserva il Collegio che la collocazione di impianti pubblicitari su suolo pubblico implica necessariamente un formale provvedimento di concessione del bene pubblico, non essendo configurabile la formazione di un titolo abilitativo tacito attraverso il silenzio-assenso sulla domanda di installazione (cfr. TAR Milano Lombardia sez. IV, 23.01.2009 n. 208)” (ex multis T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 05.07.2012, n. 716; Id., 14.02.2012, n. 186; Tribunale di Pescara, 12.07.2012, n. 909; Cass. pen., sez. III, 06.12.2010, n. 43249; Id., 15.01.2004, n. 5328; Cons. Stato, sez. V, 11.05.2008, n. 10840; Id., 17.05.2007, n. 2497).

In realtà, il Ministero dei Lavori pubblici sembra richiedere sempre il Permesso di Costruire per gli interventi de quibus: l’art. 23, c. 10, C.d.S., infatti, prevede che: “Il Ministro dei lavori pubblici può impartire agli enti proprietari delle strade direttive per l'applicazione delle disposizioni del presente articolo e di quelle attuative del regolamento, nonché disporre, a mezzo di propri organi, il controllo dell'osservanza delle disposizioni stesse”.

In applicazione di ciò, il Ministero delle Infrastruttura e dei Trasporti, con il parere del 05.10.2011 prot. n. 4928, ha affermato che le autorizzazioni ex art. 26 C.d.S. – quindi anche quelle di cui si discorre – non sono attratte dalla S.C.I.A. ex art. 19 l. 241/1990 perché: “nel merito, l’attuale art. 19 della Legge 241790, riformata di recente con la Legge 122/2010 e legge 106/2011, definisce la S.C.I.A. “Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, è sostituito da una segnalazione dell’interessato, con la sola esclusione dei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali e degli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all’immigrazione, all’asilo, alla cittadinanza, all’amministrazione della giustizia, all’amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, nonché di quelli previsti dalla normativa per le costruzioni in zone sismiche e di quelli imposti dalla normativa comunitaria...”. Le autorizzazioni e le concessioni rilasciate ai sensi dell’art. 26 del Codice sono riferite a norme generali riguardanti la costruzione o la tutela delle strade, per cui a parere dello scrivente Ufficio, trattasi di atti che non possono essere sostituiti dalla S.C.I.A. poiché sono di fatto atti rilasciati dalle amministrazioni (in questo caso l’ente proprietario della strada o da altro ente da quest’ultimo delegato o dall’ente concessionario) preposte alla pubblica sicurezza e/o alla cittadinanza. Si evidenzia infine che l’autorità competente al rilascio delle autorizzazioni deve effettuare una valutazione preventiva e eventualmente dettare delle prescrizioni in merito alle autorizzazioni da concedere, che il ricorso alla S.C.I.A. non consentirebbe dia attuare”.  

dott. Matteo Acquasaliente

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TAR Catanzaro n. 716 del 2012

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1 reply
  1. fiorenza dal zotto says:

    riflessioni: a mio avviso, resta la discrezionalità per la quale, se l’opera non costituisce trasformazione urbanistico-edilzia del territorio (a es. targa professionale sulla parete di un e dificio non sottoposto a particolari vincoli storico testimoniale o quale bene culturale), l’instalazione dell’insegna non sia soggetta neppure a scia edilizia e tanto meno a permesso di costruire. E’ importante comunaque segnalare che, qualora riguardi un ambito sottoposto a vincolo paesaggistico, sarà necessario l’ottenimento dell’autorizzazioone paesaggistica (al riguardo, per fare una riflessione su ciò che sia da assoggettare ad autorizzazione è utile consultare l’elenco degli interventi per i quali è prevista la procedura semplificata).

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