Un dottore agronomo è competente a sottoscrivere progetti edilizi?

09 Ott 2013
9 Ottobre 2013

La sentenza n. 4854 del 2013 del Consiglio di Stato decide un ricorso presentato  dall’Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali della Provincia di Bari avverso un provvedimento col quale il Dirigente del Comune ha respinto una domanda avente ad oggetto il rilascio di un titolo edilizio richiesto dalla Cantina Cooperativa Coltivatori Diretti di Barletta per la costruzione di un frantoio oleario, in quanto il relativo progetto era stato redatto da un dottore agronomo. Il ricorrente Ordine ha dedotto l’avvenuta violazione dell’art. 2, lett. d), della L. 7 gennaio 1976 n. 3, recante l’ordinamento della professione di dottore agronomo, laddove si stabiliscono le competenze proprie di tale categoria di professionisti, menzionando – tra l’altro - “la progettazione... ed il collaudo dei lavori relativi alle costruzioni rurali e di quelli attinenti alle industrie agrarie e forestali”.

In primo grado il TAR aveva ritenuto dichiarato inammissibile il ricorso, in quanto proposto dall'ordine professionale e non dal professionista interessato.

Il Consiglio di Stato riforma la decisione, precisando che: "La tesi del giudice di primo grado è – viceversa – smentita da esplicita e del tutto unanime giurisprudenza formatasi sul punto in discussione, secondo la quale gli Ordini professionali hanno legittimazione a difendere in sede giurisdizionale gli interessi della categoria di soggetti di cui abbiano la rappresentanza istituzionale qualora si tratti della violazione di norme poste a tutela della professione stessa, o allorché si tratti comunque di conseguire determinati vantaggi - sia pure di carattere strumentale - giuridicamente riferibili alla intera categoria, con il limite (che qui non rileva) derivante dal divieto di occuparsi di questioni relative ad attività non soggette alla disciplina o potestà degli Ordini medesimi (così, ad es., Cons. Stato, Sez. V, 10 novembre 2010 n. 8006; cfr., altresì, la decisione n. 8404 resa sempre dalla Sez. V); ossia, detto altrimenti, sussiste nel nostro ordinamento la legittimazione di un Ordine professionale a tutelare anche in via contenziosa l’interesse collettivo dei professionisti suoi iscritti in modo generale e indistinto (così Cons. Stato, Sez. II, 24 gennaio 2011 n. 2783). Nel caso in esame, quindi, non è ravvisabile – a differenza di quanto affermato dal giudice di primo grado – una sostituzione processuale da parte dell’Ordine nei riguardi della posizione del singolo professionista, per certo preclusa a’ sensi dell’art. 81 c.p.c., ma è sussiste – anche al di là della lesione arrecata sia alla sfera dell’interesse individuale del progettista, sia alla sfera del committente dell’opera, i quali peraltro liberamente non hanno ritenuto di tutelarsi in sede giudiziale – un concomitante e del tutto autonomo interesse dell’Ordine a veder assicurata l’applicazione delle disposizioni normative che disciplinano la competenza professionale dei suoi iscritti - anche se materialmente non coinvolti nel presente procedimento giudiziale – proprio in quanto soggetto ex lege esponenziale di tutti gli iscritti medesimi. Tale interesse alla decisione del ricorso perdura anche allorquando – come, per l’appunto, nel caso di specie – l’annullamento dell’atto impugnato non può dispiegare effetti concreti ma è apprezzabile comunque la perdurante lesività dell’atto stesso per il credito, il prestigio e l’estimazione sociale della parte ricorrente, ossia allorquando comunque persistano come fatti storici valutazioni e giudizi negativi su qualità e capacità della parte medesima (così, ad es., Cons. Stato, Sez. IV, 30 luglio 2002 n. 4076 e Sez. V, 5 marzo 2001 n. 1250). Nel caso di specie, è indiscutibile la permanenza a tutt’oggi dell’interesse dell’Ordine a rimuovere ope iudicis un provvedimento che, se considerato nel suo intrinseco contenuto, si pone come non corretta valutazione dell’idoneità professionale non solo – contingentemente - del dott. Cassandro ma di qualsivoglia iscritto all’Ordine professionale degli agronomi se chiamato a progettare un frantoio, configurandosi quindi come un precedente ostativo – anche perché reiterabile dallo stesso Comune, nonchè da altre pubbliche amministrazioni - per le opportunità professionali di tutti i suoi iscritti.
4.3. Premesso ciò, il ricorso proposto in primo grado va accolto, in quanto – come detto innanzi - l’art.2, lett. d), della L. 7 gennaio 1976 n. 3, recante l’ordinamento della professione di dottore agronomo, riconduce testualmente alla relativa competenza professionale anche “la progettazione... ed il collaudo dei lavori relativi alle costruzioni rurali e di quelli attinenti alle industrie agrarie e forestali”. A suo tempo questo stesso giudice ha già avuto modo di affermare la legittimità di un titolo edilizio per la realizzazione di un complesso industriale per la lavorazione di carni suine e di pollame su progetto redatto da un dottore agronomo, posto che la disposizione testè riportata consente la prestazione professionale di quest’ultimo relativamente alle industrie, tra le quali devono essere annoverate le “industrie agrarie” e, quindi, il complesso in questione, essendo indubitabile che nella disposizione medesima il termine “industria” è sempre usato nel senso tecnico-giuridico di attività diretta alla produzione di beni o di servizi di cui all’art. 2195, n. 1 c. c. e che l’opera in questione è – per l’appunto - relativa ad industria agraria (cfr. al riguardo Cons. Stato, Sez. V, 29 ottobre 1992 n. 1078). Lo stesso ragionamento non può - quindi - non valere anche per la realizzazione di un frantoio, trattandosi parimenti di “industria agraria” nel senso ora descritto. Va comunque precisato che se il progetto eventualmente fuoriesce dai caratteri propri della semplice edilità e richiede, ad esempio, opere di “conglomerato cementizio semplice od armato, la cui stabilità possa comunque interessare la incolumità delle persone”, la competenza professionale spetta inderogabilmente, a’ sensi del tuttora vigente art. 1, primo comma, del R.D.L. 16 novembre 1939 n. 2229, agli ingegneri e agli architetti iscritti ai relativi albi, “nei limiti delle rispettive attribuzioni, ai sensi della L. 24 giugno 1923 n. 1395 e del R.D. 23 ottobre 1925 n. 2537, sull’esercizio delle professioni di ingegnere e di architetto, e delle successive modificazioni” (cfr. ivi; cfr., altresì, sul punto, ad es., Cassazione civ., Sez. II, 2 settembre 2011 n. 18038)".

Dario Meneguzzo

sentenza CDS 4854 del 2013

 

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