Annullamento e revoca

25 Ott 2013
25 Ottobre 2013

Il T.A.R. Veneto, sez. III, con la sentenza del 16 ottobre 2013 n. 1178, si occupa dell’annullamento d’ufficio ex art. 21 octies l. 241/1990 e della revoca ex art. 21 quinquies l. 241/1990, chiarendo i poteri del giudice amministrativo in materia di esatta qualificazione della domanda proposta nel processo

Nel caso in esame il provvedimento comunale impugnato dal ricorrente veniva definito dall’ente sia come revoca sia come annullamento.

A tal fine si legge che: “La qualificazione di annullamento, tuttavia, esclude anche la possibile conversione della domanda ex art.32 c.p.a.

Come noto trattasi di disposizione di particolare rilievo precisandosi che spetta al giudice la esatta qualificazione della domanda, operandosi da parte di quest’ultimo, in presenza dei presupposti, la modifica anche di quanto richiesto dalla parte, ove ritenuto non satisfattivo, in sintonia con la volontà legislativa, trasfusa nel codice del processo, mirante a offrire una rinnovata gamma di azioni processuali proponibili davanti al giudice amministrativo, nel perseguimento del principio di effettività della tutela.

Nel caso in esame la domanda risarcitoria non sarebbe apprezzabile, per quanto detto, mentre lo sarebbe quella volta alla condanna al pagamento di un indennizzo, che, se pur non costituisce presupposto di legittimità del provvedimento di revoca, necessariamente deve essere liquidato al soggetto che incolpevolmente ha confidato nella legittimità del provvedimento a efficacia continuativa il quale se ne veda paralizzare gli effetti pro futuro per sopravvenute esigenze di opportunità o di merito, e ciò per espressa menzione normativa contenuta nella citata disposizione di cui all’art. 21 quinques L. n. 241/90.

Trattandosi invece di annullamento d’ufficio, la domanda di indennizzo non è proponibile, neppure mediante la ricordata conversione ex art.32 c.p.a., nonostante la ricorrente qualifichi a sua volta come revoca l’atto impugnato (che per tale non potrebbe essere qualificato, neppure accedendo alla figura della revoca annullamento, intesa cioè non ex art.21 quinquies, ma come impropria dizione di ogni atto di ritiro) (difatti in tema di revoca il Consiglio di Stato ha affermato nella decisione n.662/2012 che “Nel caso in cui l’esercizio del potere di autotutela sia stato determinato da un difetto del presupposto sul quale si fonda l’atto adottato, tale da non avere consentito una corretta e completa valutazione dell’interesse pubblico, e quindi un conseguente legittimo esercizio del potere provvedimentale, ciò non rende illegittimo il provvedimento assunto in via di autotutela (che, anzi, ne risulterebbe necessitato), ma costituisce un elemento sicuramente valutabile sul piano della (eventuale) conseguente responsabilità dell’amministrazione nei confronti dell’incolpevole soggetto già beneficiario dell’atto”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto del 1178 del 2013

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