La variante ad impianto di recupero rifiuti esistente corrisponde alla sua creazione ex novo

17 Lug 2014
17 Luglio 2014

 Il T.A.R. Veneto, sez. III, nella sentenza del 10 luglio 2014 n. 1007 chiarisce che l’art. 16 della L. R. n. 11/2010 – secondo cui “1. Ai fini dell’adozione del Piano regionale di gestione dei rifiuti speciali, di cui all’articolo 199 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 “Norme in materia ambientale” e all’articolo 11 della legge regionale 21 gennaio 2000, n. 3 “Nuove norme in materia di gestione dei rifiuti”, la Giunta regionale è autorizzata a compiere studi ed analisi dei fabbisogni e della qualità dei rifiuti prodotti e per la definizione dei criteri per l’individuazione delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento, anche avvalendosi di tecnici ed esperti esterni.  2. Nelle more dell’approvazione del Piano di cui al comma 1, non possono essere rilasciati provvedimenti di approvazione dei progetti di impianti di smaltimento o recupero di rifiuti speciali, pericolosi e non pericolosi, né concesse autorizzazioni all’esercizio di nuovi impianti di smaltimento o recupero di rifiuti speciali, pericolosi e non pericolosi, in assenza di una deliberazione del consiglio provinciale competente per il territorio, previo parere dell’Osservatorio rifiuti dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente del Veneto, che accerti l’indispensabilità degli impianti stessi ai fini dello smaltimento o recupero, in ragione dell’osservanza del principio di prossimità tra luogo di produzione e luogo di smaltimento prescritto dall’articolo 11, commi 1 e 2, della legge regionale 21 gennaio 2000, n. 3 e dall’articolo 199, comma 3, lettera d), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.  3. Agli oneri derivanti dall’attuazione del presente articolo, quantificati in euro 10.000,00 per l’esercizio finanziario 2010, si fa fronte con le risorse allocate all’upb U0029 “Attività di supporto al ciclo della programmazione” del bilancio di previsione 2010” – si applica anche alle “varianti sostanziali” degli impianti di recuperi dei rifiuti già esistenti che, in sostanza, vengono equiparati alla realizzazione dei nuovi impianti.

 Nel caso di specie, l’impianto era stato modificato in modo tale da permettere lo smaltimento/stoccaggio di alcuni rifiuti originariamente non trattati.

 A tal fine si legge che: “Con il quarto motivo di ricorso viene contestata la violazione della legge regionale numero 11 del 2010 laddove prevede che nelle more dell'approvazione del piano regionale non possono essere rilasciati provvedimenti di approvazione dei progetti nè concesse autorizzazioni all'esercizio di nuovi impianti di smaltimento in assenza di una deliberazione del Consiglio provinciale che accerti l'indispensabilità degli impianti, laddove la Giunta regionale avrebbe autorizzato una modifica sostanziale del progetto originario.

Osserva la difesa regionale come il provvedimento contestato dal Comune riguardi un impianto già esistente e che la deliberazione della Giunta che ha dettato i criteri applicativi della legge - 23 marzo 2010, numero 1210 - ha escluso dall'applicazione dell'articolo 16 le modifiche relative a impianti già esistenti e agli adeguamenti tecnici migliorativi:

A .realizzazione di interventi di ampliamento di impianti esistenti autorizzati allo smaltimento o recupero di rifiuti speciali, pericolosi e non, in termini di potenzialità, superficie e modifiche gestionali;

B. adeguamenti tecnici migliorativi sotto il profilo gestionale (quali ad esempio il cosiddetto revamping).

Il Collegio ritiene invece che la previsione legittimante l'intervento debba essere letta con stretta interpretazione, senza possibilità di considerazioni estensive, autorizzandosi interventi nelle more dell'adozione del piano regionale di gestione dei rifiuti speciali.

E dunque laddove si parla di interventi di ampliamento in termini di potenzialità, superficie o modifiche gestionali non possono essere consentiti interventi di ampliamento che attengano alla integrazione dell'elenco dei codici dei rifiuti attualmente ammessi, per potere far fronte alle mutate richieste di mercato, procedendosi anche all'attuazione delle procedure di recupero dei rifiuti, i quali risultano provenienti anche da aree esterne all'ambito lagunare e al sito di interesse nazionale di porto Marghera ( confronta sub. A descrizione dell'intervento a pagina tre dell’allegato alla delibera giuntale impugnata).

La disposizione legittimante evidentemente consente interventi di ampliamento in termini di potenzialità, relativa alle medesime tipologie di rifiuti già autorizzate, per una superficie più ampia e con modifiche gestionali più moderne (e infatti si parla di miglioramento e ammodernamento degli impianti con l'introduzione di nuove tecnologie al fine di ottimizzare processi), ma non di consentire una significativa modifica del numero di codici autorizzati e di operazioni autorizzate, quali la messa in riserva e il recupero di inerti tramite triturazione o vagliatura.

A tale proposito in sede di discussione la difesa della società controinteressata ha rammentato come molti dei codici collegati a rifiuti siano in realtà accorpabili in altri con una significativa diminuzione del numero di 50 nuovi codici riportati a pagina 49 della delibera impugnata nella tabella sinottica di descrizione delle modifiche fra stato di fatto e stato di progetto; ma ciò non è sufficiente a considerare l’intervento richiesto, per le modalità indicate, come mero adeguamento dell'impianto esistente, traducendosi invece nella realizzazione di un nuovo impianto per legittimare la realizzazione del quale risultava necessaria una esplicita delibera provinciale, la quale non è certamente evincibile – o assorbita- nel parere sfavorevole espresso dal rappresentante della Provincia che avrebbe taciuto rispetto all'accertamento degli indispensabilità degli impianti in ragione dell'osservanza del principio di prossimità, vale a dire proprio su quella valutazione di indispensabilità richiesta dall'articolo 16 della legge regionale del Veneto (confronta pagina 17 della memoria di costituzione dell'amministrazione regionale).

L’aggiornamento e ammodernamento tecnologico dell'impianto, vale a dire il revamping in senso stretto, non può essere richiamato sic et simpliciter nel caso in cui siano modificati significativamente il numero di rifiuti trattati, le modalità di trattamento e anche capacità produttiva e quantità stoccabili, laddove le stesse risultino significativamente diverse da quelle originariamente autorizzate.( 180000t/a di rifiuti trattati ( 120000) e in deposito (60000), con capacità massima raddoppiata fino a 12000 t., a fronte di 726 t/giorno dell’autorizzato)

Pare utile sul punto riportare quanto la sezione ha affermato nella sentenza n. 137 del 5 febbraio 2013: “si dovrebbe comunque definire il medesimo come comportante una variante sostanziale al progetto originario in quanto tale assoggettabile alla medesima disciplina applicabile ai nuovi impianti ai sensi dell’art. 208, comma 19, del Dlgs. n. 152 del 2006, per il quale le procedure di autorizzazione di nuovi impianti si applicano anche per la realizzazione di varianti sostanziali a seguito delle quali gli impianti non sono più conformi all'autorizzazione rilasciata.

Da quanto premesso, discende che il progetto ricade tra quelli assoggettati alla disciplina dell’art. 16 della legge regionale n. 11 del 2010, e che non può quindi essere autorizzato senza una deliberazione del consiglio provinciale competente per territorio che, previo parere dell’Osservatorio rifiuti dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente del Veneto, accerti l’indispensabilità degli impianti stessi ai fini dello smaltimento o recupero, in ragione dell’osservanza del principio di prossimità tra luogo di produzione e luogo di smaltimento”.

 dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 1007 del 2014

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