Il termine di 60 giorni assegnato dall’art. 46 del codice alle parti intimate per la costituzione in giudizio non è perentorio

24 Lug 2014
24 Luglio 2014

Segnaliamo sul punto la sentenza del TAR Veneto n. 920 del 2014, precisando che per lo più "la parte intimata" è l'ente pubblico che ha emanato l'atto che viene impugnato.

Scrive il TAR: "1.1 Per quanto riguarda l’asserita violazione del termine dimezzato, e stabilito di cui all’art. 46 del Codice del Processo Amministrativo, va rilevato come costituisca espressione di un principio consolidato (Consiglio di Stato Sez. III, sent. n. 4601 del 02-08-2011) che “il termine di sessanta giorni dal perfezionamento della notificazione nei propri confronti, assegnato alle parti intimate per la costituzione in giudizio dall'art. 46 del codice del processo amministrativo (d.lgs. n. 104/2010) non ha carattere perentorio in assenza di una puntuale comminatoria di legge. Il termine in parola, lungi dal rappresentare un onere per la parte resistente, ha invece una funzione garantistica in suo favore, nel senso che sino a che esso non è decorso non possono essere compiuti in suo pregiudizio atti che presuppongano la pienezza del contraddittorio (salva la specificità della fase cautelare, che prevede termini diversi). La parte resistente che non sfrutta la  possibilità di costituirsi entro l'apposito termine non perde il diritto di difendersi e, quindi, di costituirsi, ma semmai si espone al rischio che nelle more vengano presi provvedimenti pregiudizievoli senza averne potuto discutere (Conferma della sentenza del T.a.r. Marche - Ancona, sez. I, n. 2455/2010)”. 

1.2 Ne consegue che almeno sino allo spirare del termine di cui all’art. 73 del Codice del Processo Amministrativo la costituzione può avvenire con il deposito di memorie scritte".

Dario Meneguzzo - avvocato

sentenza TAR Veneto n. 920 del 2014

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