L’astreinte si applica anche nel processo amministrativo

10 Ott 2014
10 Ottobre 2014

Il T.A.R. Trentino – Alto Adige, Trento, affronta in modo molto chiaro ed approfondito il rapporto tra il giudizio di ottemperanza e l’estreinte, giungendo ad affermare che questa sanzione pecuniaria, collegata alla mancata ottemperanza del giudicato, si applica anche nel giudizio amministrativo e non solo nel processo civile. A proposito di “astreinte”, va rammentato che l’art. 114, co. 4, lett. e) del cod. proc. amm., stabilisce che il giudice dell’ottemperanza (contro la P.A. che non ha dato esecuzione al giudicato), quando accoglie il ricorso, “salvo che ciò sia manifestamente iniquo, e se non sussistono altre ragioni ostative, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del giudicato; tale statuizione costituisce titolo esecutivo”.

Nella sentenza n. 345/2014 si legge che: “12. Invero, il decreto di condanna pronunciato ai sensi dell’art. 3 della legge n. 89/2001 ha natura decisoria in materia di diritti soggettivi, ed è perciò idoneo ad assumere valore ed efficacia di giudicato ai fini dell’ammissibilità del ricorso per ottemperanza (ex multis: T.r.g.a. di Trento, sentenze n. 136/2014, 74/2013, 291 e 292/2012).

13 Nel caso di specie, il decreto della Corte trentina deve ritenersi passato in giudicato, atteso il rilevante lasso di tempo trascorso dalla sua pubblicazione e l’assenza di ogni contestazione da parte della intimata amministrazione ministeriale.

Risulta inoltre decorso il termine di 120 giorni di cui all’art. 14, co. 1, del D.L. n. 669/1996, convertito con modificazioni nella Legge n. 30/1997.

14 Va dunque, in primis, dichiarato l’obbligo del Ministero della Giustizia, nella persona del Dirigente Generale responsabile per settore, di conformarsi al giudicato di cui in epigrafe, provvedendo al pagamento, in favore di -OMISSIS-, della somma in linea capitale pari ad Euro 8.000,00, nonché dell’importo liquidato dalla Corte trentina per le spese di lite, spese generali ed accessori di legge.

Sulle somme dovute a titolo di capitale e di spese ed onorari di causa competono all’interessato gli interessi legali decorrenti dalla data di pubblicazione del decreto fino all’effettivo saldo (T.r.g.a. di Trento, sentenza n. 30/2013).

15 Il pagamento dovrà avvenire nel termine di 40 (quaranta) giorni, decorrenti dalla data di ricezione della comunicazione in via amministrativa (o, se anteriore, dalla data di notificazione ad istanza di parte) della presente decisione.

16 Nella eventualità di inutile decorso del predetto termine, si nomina sin d’ora, quale Commissario ad acta, direttamente il Ragioniere Generale dello Stato, senza possibilità di delega ad altro Dirigente, per le ragioni già ampiamente esposte da questo Tribunale con la recente sentenza n. 279 di data 9 luglio 2014, che qui si intendono riportate, senza necessità di ritrascriverle per motivi di sinteticità. Il Commissario provvederà a porre in essere tutti i necessari adempimenti entro i successivi giorni 60 (sessanta), su semplice richiesta scritta della parte.

17 Passando alla disamina della domanda di “astreinte”, va rammentato che l’art. 114, co. 4, lett. e) del cod. proc. amm., stabilisce che il giudice dell’ottemperanza, quando accoglie il ricorso, “salvo che ciò sia manifestamente iniquo, e se non sussistono altre ragioni ostative, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del giudicato; tale statuizione costituisce titolo esecutivo”.

17.1. Con recentissima decisione (Ad. Pl. 25 giugno 2014, n. 15), il Consiglio di Stato ha affermato il principio secondo cui la surriferita norma ha introdotto una misura coercitiva indiretta, di carattere pecuniario, inquadrabile nell’ambito delle pene private o delle sanzioni civili indirette, volta a vincere la resistenza del debitore e ad indurlo ad adempiere all’obbligo determinato a suo carico dal provvedimento del Giudice: la comminatoria delle penalità di mora, peraltro, risulta compatibile con tutte le decisioni di condanna, comprese quelle aventi ad oggetto prestazioni di natura pecuniaria, trattandosi appunto di una sanzione e non di un ulteriore indennizzo.

17.2. Con tale sentenza risulta dunque superato il contrasto interpretativo, insorto all’interno delle Sezioni del Consiglio di Stato e tra gli stessi Tribunali amministrativi regionali, in ordine all’estensione della norma in argomento, inducendo questo Collegio a riconsiderare il proprio precedente orientamento, di segno opposto, ed a riconoscere perciò l’applicabilità dell’istituto dell’astreinte anche nella presente fattispecie.

18 Ciò posto, la concreta applicazione dell’astreinte alle sentenze di condanna di carattere pecuniario postula la soluzione di ulteriori questioni interpretative, non affrontate direttamente dalla Adunanza Plenaria nella citata decisione: fra queste assumono precipuo rilievo l’individuazione della decorrenza iniziale e del termine finale, nonché, nell’ambito dello stabilito intervallo di tempo, il reperimento dei parametri idonei alla sua quantificazione.

18.1. Al riguardo, nell’assenza di specifici riferimenti espressi dalla norma del cod. proc. amm., il Collegio ritiene che, mediante la locuzione “ogni violazione o inosservanza successiva…del giudicato”, l’art. 114, co.4, lett. e) si riferisca al caso in cui la parte soccombente nel giudizio di merito violi il divieto, contenuto nella sentenza o nel provvedimento giurisdizionale equivalente, di non emettere determinati provvedimenti o di non compiere determinate operazioni.

18.2. Viceversa, va ritenuto che il riferimento ad “ogni ritardo nell’esecuzione del giudicato” concerna le decisioni che impongono alla parte soccombente un comportamento positivo, quale il pagamento di somme di denaro: tra queste vanno dunque ricomprese le condanne alla corresponsione dell’indennizzo per equa riparazione dei danni non patrimoniali, pronunciate ai sensi della Legge n. 89/2001.

18.3. Peraltro, è noto che le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non economici dispongono di un termine di 120 giorni, decorrente dalla notificazione del titolo esecutivo, per eseguire i provvedimenti giurisdizionali che li obbligano al pagamento di somme di denaro (art. 14 D.L. n. 669/1966 convertito in Legge n. 30/1997).

Prima che tale termine scada, il creditore non può procedere ad esecuzione forzata, né alla notifica dell’atto di precetto: ciò comporta, evidentemente, che non si può dare “ritardo nell’esecuzione del giudicato”, anche ai fini dell’”astreinte”, se non dopo la notificazione del titolo esecutivo ed il compimento dell’intervallo di tempo previsto dalla norma citata.

18.4. Tuttavia, perché la sanzione possa essere inflitta, è altresì necessario, come espressamente prevede la norma, che l’”astreinte” venga richiesta dalla parte interessata con il ricorso per ottemperanza.

18.5. Pertanto, è solo con la domanda della parte ricorrente che tale misura diviene concretamente applicabile alla fattispecie concreta, di talchè solo da quel momento l’inadempimento dell’Amministrazione si connota della consapevolezza necessaria per radicare l’elemento soggettivo, quanto meno colposo, richiesto per l’irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria (art. 3 Legge n. 689/1981).

Non si vuole certamente così affermare che non vi sia, prima del ricorso per ottemperanza, un preciso obbligo di rispettare ed eseguire le sentenze ed un corrispondente diritto di ottenere un ristoro pecuniario per il ritardo dell’esecuzione (Corte EDU 16 luglio 2013, ricorso n. 29385/03 – Gagliardi c. Italia).

Tuttavia, come s’è visto, l’astreinte non è un indennizzo, ma una sanzione rispetto alla quale solo il ricorso per ottemperanza esprime univocamente tanto la convinzione della parte interessata che la sentenza non sia stata osservata, quanto la volontà di ottenerne l’esecuzione ed il suo specifico oggetto: profili questi ultimi che possono essere incerti fino alla proposizione del ricorso.

19. In conclusione, deve dunque ritenersi che l’astreinte decorra dalla data di notificazione del ricorso per ottemperanza, o dell’atto successivo che ne contiene la domanda, e non da quella precedente in cui l’obbligo di ottemperare è sorto: in tal maniera viene così superata ogni questione sulla rilevanza della condotta di quella parte creditrice che intendesse frapporre un immotivato indugio nell’attivazione dei rimedi processuali per l’attuazione del giudicato, richiedendo poi nel ricorso per ottemperanza la corresponsione di una penalità di mora, decorrente da una remota data antecedente.

20. Per quanto riguarda, invece, il momento in cui l’astreinte non deve più essere pagata, nonostante la sentenza di merito non sia stata interamente eseguita, questo si realizza quando l’Amministrazione non dispone più del potere di eseguire tale sentenza, essendo lo stesso effettivamente trasferito al Commissario ad acta.

20.1. Infatti, secondo la giurisprudenza ormai consolidata, “la Pubblica Amministrazione rimane titolare del potere di provvedere anche tardivamente, dopo la scadenza del termine fissato dal Giudice nella sentenza di ottemperanza; peraltro, all’atto dell’insediamento del Commissario ad acta ovvero con la redazione del verbale d’immissione nelle funzioni amministrative e con la sua presa di contatto con l’amministrazione, si verifica un definitivo trasferimento dei poteri, rimanendo precluso all’amministrazione ogni margine di ulteriore intervento, con conseguente nullità degli atti da essa compiuti oltre le suddette date” (Cons. di Stato, sez. V, 16 aprile 2014, n. 1975; idem: 27 marzo 2013, n. 1768; Sez. IV, 10 maggio 2011, n. 2764).

20.2. Affinchè cessi l’obbligo di corrispondere la penalità di mora, non è sufficiente, dunque, che sia trascorso il termine assegnato dal Giudice, o che il Commissario ad acta sia stato richiesto della sua funzione: occorre invece che lo stesso Commissario abbia consapevolmente almeno intrapreso il procedimento per l’individuazione delle risorse necessarie al pagamento della somma spettante al ricorrente, dopo averne determinato in attualità l’importo, e ne abbia dato comunicazione all’amministratrice debitrice che, da quel momento – di cui dovrà offrirne la prova – non sarà più sottoposta all’astreinte.

21. Per quanto riguarda, infine, la quantificazione della somma dovuta dall’amministrazione intimata, parte ricorrente chiede un importo fisso predeterminato per ciascun giorno di ritardo, modulato a seconda della maggiore o minore persistenza dell’inadempimento.

Il Collegio concorda sull’opportunità che la somma, dovuta a titolo di sanzione, gradualmente s’incrementi, posto che il perdurare dell’inadempimento accresce la gravità di questo e, per conseguenza, della relativa sanzione.

Tuttavia, appare altresì necessario dover garantire, salvo eccezioni, una sostanziale omogeneità di trattamento dei molti casi, che si stanno notoriamente presentando in questa materia, analoghi nei presupposti di diritto, ma che possono variare, anche cospicuamente, quanto all’entità delle somme dovute (elemento che concorre a definire la gravità dell’abuso).

21.1. Si ritiene, pertanto, che l’astreinte debba essere calcolata in una percentuale degli importi, stabiliti nella sentenza di merito della cui esecuzione si tratta, costituiti dal capitale, con esclusione di tutti gli interessi maturati, e dalle spese di lite liquidate, con esclusione degli importi dovuti a titolo di C.N.P.A., I.V.A. e di altri contributi richiesti.

21.2. Per quanto riguarda l’entità di tale percentuale, il Collegio ritiene di utilizzare il parametro individuato dalla Corte EDU, sia pure per gli interessi moratori sulle somme liquidate dalla stessa Corte per il danno morale derivante dall’eccessiva durata dei giudizi.

21.3. Si applicherà, cioè, l’interesse semplice ad un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante il periodo di tempo sopra evidenziato, aumentato di tre punti percentuali (Corte EDU 16 luglio 2013, Gagliardi c. Italia; idem: 21 dicembre 2010, Gaglione c. Italia; idem: 29 marzo 2006, Cocchiarella c. Italia; T.a.r. Lazio Roma, 2 dicembre 2013, n. 10288).

21.4. La sanzione così stabilita non varierà fino all’integrale effettivo versamento del dovuto, e dunque anche in caso di pagamenti parziali.

21.5. Nella fattispecie in esame sussistono, con le precisazioni sopra esposte, le condizioni per l’irrogazione della penalità richiesta, la cui domanda va pertanto accolta, con decorrenza dal 21 marzo 2014, data della notificazione del presente ricorso, e fino al pagamento integrale delle somme dovute, ovvero fino all’intervento attivo del Commissario ad acta, secondo quanto sopra esposto”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Trento n. 345 del 2014

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