Costituisce mutamento di destinazione d’uso trasformare un seminterrato da locale senza permanenza di persone a locale abitabile

27 Nov 2014
27 Novembre 2014

Il T.A.R. Milano si occupa del c.d. terzo condono edilizio e afferma che costituisce mutamento di destinazione d'uso e ristrutturazione trasformare un seminterrato da locale senza permanenza di persone a locale abitabile. La sentenza si riferisce alla situazione giuridica precedente alle recenti modifiche del DPR 380/2001 sul mutamento di destinazione d'uso rilevante.

Nella sentenza n. 2764/2014 si legge: “3. Nel terzo mezzo di gravame viene denunciata l’erronea qualificazione dell’illecito edilizio commesso (trasformazione di locali s.p.p. in locali abitabili nel piano seminterrato, cfr. il doc. 3 della ricorrente, pag. 2), quale abuso di tipologia 1 ai sensi dell’Allegato 1 al DL 269/2003 (si tratta, in particolare, della tabella allegata al decreto legge sul terzo condono che classifica gli abusi edilizi in sei differenti tipologie).

La tipologia 1 succitata riguarda le “Opere realizzate in assenza o difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”.

La riconduzione dell’illecito posto in essere alla suindicata tipologia è – appunto - oggetto delle contestazioni dell’ultimo mezzo di gravame, poi ribadite in sede di discussione orale all’udienza pubblica.

Sul punto, occorre premettere che l’intervento realizzato - consistente nel mutamento di destinazione d’uso al piano seminterrato, trasformato da locale senza permanenza di persone a locale abitabile per una superficie di 65 metri quadrati - assume senza dubbio rilevanza ai fini edilizi.

Si tratta, infatti, di un cambio d’uso che ha determinato un aggravio del carico urbanistico, in quanto una superficie priva di sostanziale rilievo ai fini urbanistici è ora destinata alla permanenza di persone, fra l’altro per una estensione certamente non irrilevante (65,5 metri quadrati di superficie utile, come indicato espressamente a pag. 3 della domanda di condono).

L’attività edilizia svolta, in altri termini, non è certo “neutra” ai fini urbanistici, né potrebbe essere ricondotta ad un intervento di straordinaria manutenzione, essendo quest’ultima incompatibile con il cambio dell’originaria destinazione d’uso (cfr. l’art. 3, comma 1, lettera b del DPR 380/2001, come modificato dall’art. 17 del DL 133/2014, convertito con legge 164/2014).

Sulla rilevanza urbanistica e sul conseguente assoggettamento agli oneri concessori del mutamento di destinazione che implica un aumento del carico urbanistico, la giurisprudenza è assolutamente concorde (cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. II, 22.10.2014, n. 2527 con la giurisprudenza ivi richiamata; oltre a TAR Emilia Romagna, Parma, 12.11.2013, n. 329).

Ciò premesso, in ordine alla corretta qualificazione dell’abuso sopra evidenziato, reputa il Collegio che l’attività edilizia svolta al piano seminterrato debba essere considerata quale “ristrutturazione edilizia”, quindi quale tipologia n. 3 di abuso secondo la più volte ricordata tabella allegata al DL 269/2003.

Si tratta, infatti, di un intervento realizzato esclusivamente all’interno dell’edificio, senza alcuna modifica della sagoma del medesimo, che ha senza dubbio creato nuova superficie utile ma che non appare in contrasto con la definizione di “ristrutturazione” di cui all’art. 3, lettera d), del DPR 380/2001 (definizione legislativa che, come noto, prevale su quelle eventualmente differenti contenute negli strumenti urbanistici), nella quale sono compresi anche gli interventi che danno luogo ad un organismo edilizio <<in tutto o in parte diverso dal precedente>>.

Nel caso di specie, la “diversità” consiste nella creazione di una nuova superficie abitabile, senza però modifiche dell’involucro esterno dell’edificio già esistente.

Sul punto, sia consentito il richiamo a TAR Lombardia, Milano, sez. II, 22.7.2010, n. 3256, dove si ammette che la modifica di destinazione d’uso di immobili preesistenti può avvenire nella forma della “ristrutturazione””.

dott. Matteo Acquasaliente

sentenza TAR Lombardia 2764 del 2014

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