Terre da scavo sottoprodotto

20 Giu 2014
20 Giugno 2014

Nella medesima sentenza n. 6187/2014 i Giudici romani definiscono il concetto di sottoprodotto: “Prevede, infatti, l’art. 184 bis T.U. Ambiente (introdotto dall’art. 12, d.lgs. n. 205 del 2010) che: “1. È un sottoprodotto e non un rifiuto ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni:

a) la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto;

b) è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;

c) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;

d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana”.

La stessa disposizione prescrive ai commi successivi che “possono essere adottate misure per stabilire criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare affinché specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti”, con uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, in conformità a quanto previsto dalla disciplina comunitaria.

Peraltro, come già sopra evidenziato, la portata della disciplina di cui al Regolamento in esame, risulta limitata dall’intervento operato dall'art. 41, comma 2, l. n. 98 del 2013 solo alle terre e rocce da scavo che provengono da attività o opere soggette a valutazione d'impatto ambientale o ad autorizzazione integrata ambientale”.

 dott. Matteo Acquasaliente

 

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