Quando un comitato è legittimato a tutelare gli interessi diffusi in materia ambientale

28 Mag 2014
28 Maggio 2014

Segnaliamo sulla questione la sentenza del TAR Veneto n. 591 del 2014.

Scrive il TAR: "Al riguardo va premesso che, sulla falsariga di quanto costantemente ritenuto relativamente alle associazioni ambientaliste, “…l'esplicita legittimazione, ai sensi del citato art. 13 L. 8 luglio 1986 n. 349, delle associazioni ambientalistiche di dimensione nazionale e ultraregionale all'azione giudiziale non esclude, di per sé sola, analoga legittimazione ad agire in ambito territoriale ben circoscritto, e ciò anche per i meri comitati spontanei che si costituiscono al precipuo scopo di proteggere l'ambiente, la salute e/o la qualità della vita delle popolazioni residenti su tale circoscritto territorio. Altrimenti opinando, le località e le relative popolazioni, interessate da minacce alla salute pubblica o all'ambiente in un ambito locale circoscritto, non avrebbero autonoma protezione, in caso di inerzia delle associazioni ambientaliste espressamente legittimate per legge. Detto altrimenti, le previsioni normative citate hanno creato un criterio di legittimazione "legale", che è destinato ad aggiungersi a quelli in precedenza elaborati dalla giurisprudenza per l'azionabilità in giudizio dei c.d. interessi diffusi e non li sostituisce.  Ne consegue che il giudice amministrativo può riconoscere, caso per caso, la legittimazione ad impugnare atti amministrativi incidenti sull'ambiente ad associazioni locali (indipendentemente dalla loro natura giuridica), purché perseguano statutariamente in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale ed abbiano un adeguato grado di rappresentatività e stabilità in un'area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso” (così, C.d.S., IV, 23.5.2011, n. 3107). Sulla scorta dei richiamati principi, così come riconosciuti ed elaborati dalla giurisprudenza, è necessario valutare nel caso di specie se il Comitato ricorrente sia effettivamente riconducibile a tali ipotesi, ovvero sia qualificabile quale ente esponenziale di interessi diffusi, non del tutto occasionali, e risulti portatore di un interesse proprio, distinto da quello dei singoli aderenti, nonché di un interesse che non sia in contrasto con quello degli appartenenti alla medesima categoria dallo stesso rappresentata. La tutela degli “interessi diffusi” è infatti estesa anche ai comitati solo in casi specifici e limitati, onde evitare che soggetti portatori di meri interessi di fatto possano introdurre una sorta di azione popolare che, pacificamente, se non in ipotesi del tutto eccezionali, non è ammessa dal nostro ordinamento. Va quindi richiamato e condiviso l’orientamento formatosi sul punto che non riconosce, nel giudizio amministrativo, la legittimazione ai comitati organizzati in forma associativa temporanea e con scopo specifico limitato, che nella sostanza si traducono nella proiezione di fatto di interessi dei singoli partecipanti, che inevitabilmente, come già ricordato, finiscono per tradursi in una sorta di azione popolare, non ammessa in linea generale dall’ordinamento, in quanto privi del carattere di enti esponenziali portatori in via continuativa di interessi diffusi radicati nel territorio. Se quindi, è necessario rilevare in capo al comitato una posizione giuridica concretamente lesa dal provvedimento impugnato, è quindi indispensabile che sia riconoscibile e riconducibile al comitato stesso un interesse proprio, attuale e concreto all’annullamento dell’atto impugnato. Simili requisiti non sono rinvenibili nel caso di specie per quanto riguarda il Comitato per la legalità, il quale, così come si ricava agevolmente dalla documentazione in atti, è stato costituito ad hoc al fine della proposizione del ricorso giurisdizionale davanti al TAR, peraltro al solo dichiarato fine di tutelare la posizione dei propri aderenti, costituiti tuttavia da una limitata porzione dei cacciatori che utilizzano l’area interessata. Invero, come si legge nell’atto costitutivo (cfr. doc. n. 2 di parte ricorrente), il Comitato spontaneo risulta avere i seguenti scopi : “ * tutelare gli interessi ed i diritti dei cacciatori associati, anche attraverso la proposizione di ricorso giurisdizionale al TAR Veneto; * quant’altro necessario al fine di ottenere che la Provincia di Verona concluda senza ritardo il procedimento di rinnovo delle concessioni e dia esecuzione alle revoche al consenso sopra citate”. Le suddette dichiarazioni di intenti (che, per inciso, auspicano proprio quel rinnovo da parte della Provincia delle concessioni qui contestato) palesano il carattere meramente provvisorio del comitato stesso,  limitato alla proposizione dell’azione giurisdizionale a tutela di interessi facenti capo ai soli iscritti e non a tutela di interessi diffusi, di cui non appare portatore, così rivelando la sua natura temporanea e strumentale, che certamente non può essere ricondotta alle particolari ipotesi, riconosciute dalla giurisprudenza, di soggetti legittimati alla tutela di interessi generalizzati e diffusi sul territorio. L’eccepita inammissibilità è altresì rilevabile sotto un ulteriore profilo, parimenti evidenziato dalle resistenti, profilo che investe la stessa conflittualità interna del ricorso, in quanto il gravame, così come proposto dal comitato ricorrente, non è rivolto a tutelare l’intera categoria dei cacciatori, bensì unicamente gli aderenti, in tal modo ponendosi in conflitto con gli altri cacciatori che esercitano l’attività venatoria all’interno dell’azienda, senza nulla opporre al riguardo. Poiché, così postulando, il comitato ricorrente viene ad opporre, nella sostanza, cacciatori contro altri cacciatori, ne risulta l’inammissibilità anche sotto tale profilo del ricorso proposto dal suddetto Comitato per la legalità, alla stregua dei principi generali dettati in materia con riguardo alla legittimazione ad agire degli enti collettivi a tutela dei propri aderenti, legittimazione che viene meno ogni qual volta si profili un contrasto di interessi fra gli appartenenti alla stessa categoria tutelata. Ciò è quanto si verifica nel caso in esame, come correttamente rilevato dalla difese resistenti, in quanto nell’ambito dell’unica categoria generale dei cacciatori, si pongono in posizione di potenziale conflittualità i cacciatori ammessi all’ATC1 e quelli appartenenti alla Azienda controinteressata.  Per detti motivi, assorbite le ulteriori eccezioni dedotte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile".

Dario Meneguzzo - avvocato

sentenza TAR Veneto 591 del 2014

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