Demolizione dell’abuso edilizio, tra giudice penale e Comune
Il Consiglio di Stato ha affermato che la sanzione demolitoria disposta dal giudice penale, in quanto presuppone una sentenza di condanna per il reato edilizio, implica l’accertamento dello stesso nei suoi profili oggettivi e soggettivi, sicché non è più possibile mettere in discussione la figura del responsabile dell’abuso. Anche se il Comune, quindi, in via del tutto autonoma reitera il provvedimento, l’aver intimato il ripristino dello stato dei luoghi solo al proprietario non esonera il responsabile, condannato in via definitiva dal giudice penale, dal pagamento delle spese per l’esecuzione in danno che gravano esclusivamente su di lui, quale che sia il procedimento seguito.
La procedimentalizzazione dell’esecuzione della demolizione prende l’avvio con l’individuazione del responsabile dell’abuso e si chiude con l’addebito delle spese allo stesso, sia nel caso di demolizione effettuata dal proprietario, sia qualora a provvedere sia stato il Comune, previa acquisizione del bene, ovvero il giudice penale.
L’autonomia tra procedimento sanzionatorio conseguente ad ingiunzione a demolire le opere abusive disposta dal giudice penale e procedimento sanzionatorio attivato dal Comune si riverbera sulle modalità di contestazione delle questioni che insorgono durante i procedimenti che, nel primo caso, fanno capo al giudice dell’esecuzione e non al G.A.
Sono soggette al sindacato del giudice dell’esecuzione penale le deliberazioni comunali sopravvenute che, a vario titolo, sottraggono alla demolizione l’opera abusiva (ad esempio, dichiarando la sussistenza di prevalenti interessi all’acquisizione del bene al patrimonio dell’Ente pubblico), in tal modo impedendo che l’ordine impartito con la sentenza di condanna sia eseguito, ovvero imponendone la sospensione e/o il ritiro.
Il giudice penale può revocare la sanzione demolitoria di opere abusive irrogata ai sensi dell’art. 31, co. 9 d.P.R. 380/2001 laddove sopravvengano scelte comunali incompatibili con la stessa. Ove non lo faccia, ovvero laddove non ritenga l’opzione seguita dal Comune, benché riduttiva del perimetro dell’ingiunzione (nella specie, per la scelta di mantenere alcuni edifici di interesse pubblico), in contrasto con la propria decisione, i due procedimenti finiscono per convergere, anche se la fase esecutiva è stata curata solo dall’Amministrazione locale, senza attendere gli esiti dell’autonoma individuazione della ditta incaricata dell’esecuzione da parte della Procura della Repubblica.
La rinuncia all’istanza cautelare non preclude la possibilità di definire il giudizio con sentenza breve, purché ne sussistano i presupposti. Ciò in quanto l’integrità del contraddittorio e l’avviso alle parti, da un lato, la non necessità di istruttoria ovvero la completezza di quella già effettuata, dall’altro, costituiscono idonea garanzia di correttezza procedurale.
Post di Alberto Antico – avvocato
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