Legge veneta sul consumo di suolo e mancata conferma, da parte del Comune in sede di approvazione di una variante al P.I., dell’edificabilità di un’area disposta in sede di adozione
Nel caso di specie, un Comune approvava una delibera di adozione di una variante parziale al P.I. dopo l’entrata in vigore della l.r. Veneto 14/2017, espressamente volta a rinnovare, tra l’altro, le previsioni di espansione recate dai PUA non ancora approvati.
Con la successiva delibera consiliare di approvazione della variante, il Comune cambiava radicalmente impostazione, con la dichiarata intenzione di conformarsi alla sopravvenuta delibera di Giunta regionale, che, in attuazione della previsione dell’art. 4, co. 2, lett. a l.r. Veneto 14/2017, assegnava al Comune il limite di suolo consumabile. In sede di approvazione, il Comune espungeva le previsioni di trasformazione edilizia esterne agli ambiti di urbanizzazione consolidata, contestualmente demandate ad una nuova e più coerente pianificazione operativa. Veniva quindi meno senza ulteriori spiegazioni l’edificabilità di un’area C, il cui proprietario proponeva ricorso.
Il Consiglio di Stato ha dato ragione al privato.
L’art. 13 l.r. Veneto 14/2017 non introduce un dovere generale, in capo ai Comuni, di approvare i PUA per i quali già penda il relativo procedimento: la legge, al contrario, si limita “a far salvi” dalle previsioni di blocco recate dalla legge stessa i procedimenti di approvazione dei PUA già in corso al momento della sua entrata in vigore.
Pur non versandosi, nel caso in esame, in una fattispecie di affidamento qualificato del privato, non ricorrendo né convenzioni di lottizzazione, né accordi di diritto privato intercorsi tra il Comune e i proprietari delle aree, né aspettative nascenti da giudicati di annullamento di dinieghi di concessione edilizia o di silenzio-diniego su una domanda di concessione, nondimeno il Comune avrebbe dovuto spiegare le ragioni per le quali, in un lasso di tempo circoscritto e in assenza di ulteriori sopravvenienze normative o fattuali, ha operato un così radicale cambio di indirizzo urbanistico.
Il Comune, nella misura in cui ha invocato a sostegno del proprio mutamento di indirizzo la necessità di conformarsi ai limiti regionali di consumo di suolo, avrebbe dovuto motivare le ragioni per le quali tale asserito vincolo non è valso a determinare analoghe scelte rispetto a altre aree rispetto alle quali, di contro, l’Ente locale esprimeva valutazione specifiche – confermative o diverse – sulle scelte effettuate in sede di delibera di adozione della variante.
Post di Alberto Antico – avvocato
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