Il regime processuale della prescrizione

08 Feb 2025
8 Febbraio 2025

Il TAR Sardegna ha affermato che, ai sensi dell’art. 2938 c.c., l’eccezione di prescrizione è un’eccezione in senso stretto che, come tale, può essere fatta valere solo dalla parte interessata. Quest’ultima è tenuta sia a indicare quando sarebbe sorto il debito, sia a dimostrare il decorso di un tempo sufficiente a fare maturare la prescrizione.

L’eccezione di interruzione della prescrizione integra invece un’eccezione in senso lato, con la conseguenza che il giudice la può rilevare d’ufficio sulla base di elementi probatori ritualmente acquisiti agli atti.

Il potere del giudice di rilevare d’ufficio l’interruzione della prescrizione non si estende sino a ricercare, al di fuori degli atti del processo, elementi che abbiano eventualmente prodotto tale effetto interruttivo. L’onere di provare il fatto interruttivo della prescrizione, ritualmente introdotto nel processo, grava su chi ha esercitato il diritto soggetto a prescrizione. In particolare, l’onere della prova del fatto interruttivo della prescrizione sulla cartella di pagamento relativa al “prelievo latte” grava sul creditore.

Ai sensi dell’art. 64, co. 2 c.p.a., i fatti non specificatamente contestati dalle parti costituite sono posti a fondamento della decisione, allo stesso modo di quanto avviene rispetto alle prove proposte dalle parti. Vale a dire che, in materia di impugnazione di atti tesi al recupero del “prelievo latte”, il giudice è tenuto a porre a fondamento della decisione l’eccezione di prescrizione motivatamente opposta dalla parte ricorrente qualora le PP.AA. intimate non l’abbiano contestata specificatamente, fornendo in giudizio almeno un principio di prova circa l’esistenza di un atto interruttivo della prescrizione medesima.

Il termine di prescrizione del credito riferito al “prelievo latte” è quello ordinario decennale ex art. 2946 c.c.

Post di Alberto Antico – avvocato

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Le ipotesi di proroga del termine per il deposito delle offerte di gara (nel secondo codice appalti)

08 Feb 2025
8 Febbraio 2025

Il TAR Sardegna ha affermato la mancanza di tassatività delle due ipotesi di proroga del termine per il deposito delle offerte di gara tipizzate dall’art. 79, co. 3 d.lgs. 50/2016.

Ne consegue che possono darsi diverse circostanze che rendano insufficiente il termine concesso e che giustifichino un provvedimento discrezionale di differimento, la cui legittimitĂ  dovrĂ  essere vagliata in concreto. Nel caso di specie, la Stazione appaltante apportava una legittima, minima modifica al termine finale di presentazione delle domande, garantendo la paritĂ  di trattamento a tutti gli operatori economici, tempestivamente informati della proroga stessa. Questi ultimi, considerata anche la tipologia di gara, avrebbero potuto agevolmente sfruttare a loro volta il maggior lasso temporale concesso per apportare eventuali modifiche alla propria offerta qualora lo avessero reputato conveniente od opportuno.

Post di Alberto Antico – avvocato

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Opera pubblica in variante

08 Feb 2025
8 Febbraio 2025

Il T.A.R. ricorda che la procedura cd. ordinaria finalizzata ad approvare un’opera pubblica in variante al PI, ex art. 18 della l.r. Veneto n. 11/2004, è differente da quella prevista dall’art. 19 del d.P.R. n. 327/2001 che, invece, consente l’approvazione del progetto preliminare/definitivo in variante al PRG/PI, senza che l’opera pubblica sia mai stata prevista nella strumentazione urbanistica generale.

Post di Matteo Acquasaliente - avvocato

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Termine per l’impugnazione del titolo edilizio del vicino

08 Feb 2025
8 Febbraio 2025

Il TAR Veneto ha affermato che il dies a quo dal quale far decorrere il termine di 60 giorni entro cui il terzo legittimato può proporre impugnazione avverso il provvedimento abilitativo rilasciato al vicino confinante è fissato in funzione dell’oggetto della contestazione, atteso che, qualora il terzo assuma che l’autorizzazione, in sé e per sé, non poteva in alcun modo essere rilasciata, il termine inizia a decorrere dalla data di conoscenza, in qualunque modo acquisita, dell’autorizzazione in deroga che si assume illegittima in quanto in contrasto con la normativa di riferimento.

Nel caso, invece, in cui il terzo avanzi censure di altro genere quali, ad esempio, la violazione delle distanze e la consistenza del manufatto abusivo, ovvero attinte dal peculiare contenuto del titolo abilitativo, il termine per la proposizione del ricorso decorre dalla data di completamento dei lavori, ovvero, in caso di autorizzazione, dalla conoscenza del contenuto integrale dell’atto, atteso che soltanto in quel momento si ha la percezione dell’effetto lesivo che, quindi, finisce con l’atteggiarsi diversamente a seconda che si contesti l’illegittimità del titolo per il solo fatto del suo rilascio, ovvero se ne censuri il contenuto specifico.

Post di Alberto Antico – avvocato

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In alcuni casi, sull’istanza del privato di revoca del divieto di detenzione armi si forma il silenzio-inadempimento

08 Feb 2025
8 Febbraio 2025

Il TAR Sardegna ha affermato che l’art. 39 TULPS, a differenza di altre fattispecie normative che prevedono un termine di efficacia alle misure amministrative limitative della sfera giuridica dei destinatari, non stabilisce una durata limitata nel tempo al divieto di detenzione armi che il Prefetto può imporre.

Essendo tuttavia la valutazione diacronicamente ancorata al momento della sua emanazione, deve ritenersi che ragioni di giustizia impongano all’Autorità di P.S. di attivare, a fronte della specifica istanza dell’interessato, che prospetti la sopravvenienza di fatti nuovi ovvero il decorso di un termine ragionevole, un procedimento di riesame laddove si verifichi un mutamento fattuale tale da poter fare ritenere in astratto superati i rilievi ostativi posti illo tempore alla base del provvedimento lesivo, dovendo la P.A. farsi carico di una nuova valutazione, che va filtrata alla luce del comportamento successivamente tenuto dall’istante, della sua complessiva personalità e di ogni altro elemento utile in funzione del rinnovato giudizio sull’affidabilità nell’uso delle armi.

Post di Alberto Antico – avvocato

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Il nuovo reato cd. di peculato per distrazione (art. 314-bis c.p.) non interferisce con il reato di peculato (art. 314 c.p.)

07 Feb 2025
7 Febbraio 2025

La Corte di cassazione penale, in tema di delitti contro la P.A., ha affermato che il delitto di indebita destinazione di denaro o cose mobili, di cui all’art. 314-bis c.p., sanziona le condotte distrattive dei beni indicati che, nella disciplina previgente, la giurisprudenza di legittimità inquadrava nella fattispecie abrogata dell’abuso di ufficio, sicché non risulta modificato l’ambito applicativo del delitto di peculato (art. 314 c.p.) dall’introduzione della nuova fattispecie di reato.

Post di Alberto Antico – avvocato

sent. Cass. pen. n. 4520-2025

Le tipologie di avvalimento (nel secondo codice appalti)

07 Feb 2025
7 Febbraio 2025

Il TAR Sardegna ha affermato utili princìpi sulla distinzione tra avvalimento operativo e avvalimento di garanzia, ai sensi del d.lgs. 50/2016.

Post di Alberto Antico – avvocato

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Il provvedimento di ritiro cautelare di armi e materiali esplodenti

07 Feb 2025
7 Febbraio 2025

L’art. 39, co. 2 TULPS prevede che, nei casi d’urgenza, gli ufficiali e gli agenti di pubblica sicurezza provvedono all’immediato ritiro cautelare di armi, munizioni e materie esplodenti, dandone immediata comunicazione al prefetto.

Il TAR Sardegna ha rigettato la censura del ricorrente, afferente alla denunciata omissione della comunicazione d’avvio del procedimento, alla luce della natura cautelare di tale provvedimento.

Post di Alberto Antico – avvocato

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Il provvedimento di ritiro cautelare di armi e materiali esplodenti irrogato nei confronti di una guardia giurata

07 Feb 2025
7 Febbraio 2025

Il TAR Sardegna, pur consapevole delle rilevanti ricadute che l’impugnato ritiro cautelare delle armi ex art. 39, co. 2 TULPS avrà sull’attività lavorativa del ricorrente, ha affermato che nel caso in esame, la valutazione negativa di affidabilità del soggetto circa l’uso corretto delle armi è stata legittimamente ancorata a fatti oggettivi che giustificano la prognosi formulata, stante la risalente, perdurante e accesa situazione di conflittualità sviluppatasi in un ambito, quello familiare, trattandosi di ipotesi in cui la tensione nelle relazioni interpersonali, unita alla contiguità dei rapporti, tende ad acuirsi e ad esasperarsi con il decorso del tempo, rendendo inopportuno, a tutela della pubblica e della privata incolumità, che i protagonisti di tali conflitti abbiano la disponibilità di armi da sparo, ancorché l’uso improprio di esse non si sia già verificato.

Post di Alberto Antico – avvocato

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Crac delle banche venete: incostituzionale la confisca dei beni utilizzati per commettere i reati

07 Feb 2025
7 Febbraio 2025

La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2641, co. 1 c.c., secondo il quale in caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti per uno dei reati previsti dal Titolo XI del Libro V c.c. (concernente i reati societari) è ordinata la confisca del prodotto o del profitto del reato, nella sola parte in cui prevede anche la confisca dei beni utilizzati per commettere il reato stesso.

Ha altresì dichiarato l’incostituzionalità del successivo secondo comma, nella parte in cui prevede la confisca obbligatoria di una somma di denaro o beni di valore equivalente a quelli utilizzati per commettere il reato.

L’obbligo di disporre la confisca di tutti beni utilizzati per commettere un reato societario, anche nella forma della confisca di beni di valore equivalente, può condurre a risultati sanzionatori manifestamente sproporzionati, ed è pertanto incompatibile con la Costituzione.

La questione è stata sollevata dalla Corte di cassazione nell’ambito del processo relativo alla crisi della Banca popolare di Vicenza (in primo grado, il Tribunale di Vicenza aveva disposto, a carico di quattro imputati, la confisca dell’importo di 963 milioni di euro; in secondo grado, la Corte d’appello di Venezia aveva confermato in parte la responsabilità penale degli imputati, ma aveva revocato la confisca, giudicandola in contrasto con il principio di proporzionalità delle pene sancito dalla cd. Carta di Nizza).

Spetterà al legislatore valutare se introdurre una nuova disciplina della confisca dei beni strumentali e delle somme di valore equivalente, nei limiti consentiti dal principio di proporzionalità, così come previsto in altri sistemi giuridici e nella stessa legislazione dell’Unione europea.

Resta invece in vigore l’obbligo di confiscare integralmente i profitti ricavati dal reato, in forma diretta e per equivalente, a carico di qualunque persona – fisica o giuridica – che risulti effettivamente avere conseguito le utilità derivanti dal reato. Resta ferma, inoltre, la facoltà per il giudice di confiscare i beni utilizzati per commettere il reato prevista in via generale dell’art. 240 c.p., nel rispetto del principio di proporzionalità.

Post di Alberto Antico – avvocato

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