La concessione dei servizi museali
Il Consiglio di Stato ha affermato che dagli artt. 114-115 d.lgs. 42/2004 non si evince l’obbligo di una programmazione o progettazione preliminare rispetto all’indizione della gara per l’affidamento dei servizi museali, prevedendosi piuttosto che la scelta tra la forma di gestione diretta ed indiretta avvenga all’esito di una valutazione comparativa in termini di sostenibilità economico-finanziaria e di efficacia, sulla base di obiettivi previamente definiti.
L’art. 6 del d.m. MIBAC 29 gennaio 2008, laddove prevede la durata della concessione per i servizi museali per quattro anni, rinnovabili per altri quattro, è una disposizione non regolamentare, attuativa di una previsione di legge (art. 14, co. 2 d.l. 159/2007, come convertito nella l. 222/2007) ormai abrogata (dall’art. 8, co. 3, lett. e d.l. 64/2010, come convertito nella l. 100/2010), per cui lo stesso non può ritenersi più applicabile, essendo mutata la disciplina di fonte primaria, oggi individuabile nell’art. 178, co. 1 d.lgs. 36/2023 («La durata delle concessioni è limitata ed è determinata dall’ente concedente in funzione dei lavori o servizi richiesti al concessionario»).
Non vi è alcun onere in capo alla P.A. di continuare a gestire unitariamente tutti i servizi museali precedentemente affidati con un’unica concessione, atteso che la determinazione della Stazione appaltante di scorporare i servizi, facendo venir meno la gestione integrata degli stessi, è conforme alla disciplina legislativa, che non delinea in modo necessariamente unitario l’organizzazione dei servizi collegati all’offerta culturale (servizi di assistenza e servizi meramente strumentali come i servizi di biglietteria).
I servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico elencati dall’art. 117, co. 2 d.lgs. 42/2004 possono essere gestiti, ai sensi del successivo comma 3, in forma integrata con i servizi di pulizia, di vigilanza e di biglietteria, anche indipendentemente dal valore economico dei servizi considerati. Tale gestione integrata non comporta la perdita della centralità della concessione dei servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico.
Nelle gare di affidamento delle concessioni di servizi la P.A. deve essere in grado di valutare la concreta possibilità che il servizio sia gestito in condizioni di equilibrio economico finanziario. Pertanto, le indicazioni contenute nel piano economico-finanziario (PEF) predisposto dalla Stazione appaltante e le relative quantificazioni risultano puramente indicative, ricadendo sugli offerenti l’onere di allegazione del PEF che espliciti le condizioni di equilibrio definitive.
Le censure proposte avverso il PEF posto a base di gara, redatto dalla Stazione appaltante, rilevano solo se in grado di minacciare l’equilibrio economico finanziario iniziale della gara tali da determinare la radicale impossibilità di prendere parte alla procedura concorsuale o l’impossibilità di calcolo di convenienza tecnica ed economica. Peraltro, ai sensi dell’art. 165, co. 6 d.lgs. 50/2016, in tali ipotesi soccorreva la possibilità di revisione del PEF, con il ritorno a condizioni di equilibrio economico finanziario.
Post di Alberto Antico – avvocato
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