La tardiva presentazione della domanda di proroga del titolo edilizio non ne comporta l’automatica decadenza

24 Apr 2020
24 Aprile 2020

Con la sentenza n. 2206 del 1 aprile 2020 il Consiglio di Stato chiarisce la portata applicativa dell’art. 15 del Testo Unico Edilizia, sganciandosi da una interpretazione meramente formalistica e valorizzando il principio di affidamento del privato.

In concreto era accaduto che una società cooperativa edilizia, titolare di un permesso di costruire per la costruzione di un fabbricato di edilizia residenziale pubblica, aveva richiesto al Comune di sospendere il termine d’esecuzione e completamento dei lavori, in quanto si erano resi necessari degli interventi, non previsti né prevedibili ex ante, eseguiti con il concorso degli organi tecnici del Comune medesimo.

Il Comune, sul presupposto che l’istanza di sospensione non era stata avanzata prima della scadenza del termine ex art. 15 del TUE e presumendo che il titolo era decaduto, ha intimato di presentare una sanatoria per le opere eseguite dopo la scadenza del termine, considerate abusive.

Il Consiglio di Stato premette che “condivide l’orientamento giurisprudenziale – richiamato dal Tar – a mente del quale “i fatti sopravvenuti che possono legittimare la proroga del termine di inizio o completamento dei lavori ai sensi dell'art. 15, comma 2 d.P.R. n. 380 del 2001, non hanno un rilievo automatico, ma possono costituire oggetto di valutazione in sede amministrativa qualora l'interessato proponga un'apposita domanda di proroga, il cui accoglimento è indefettibile affinché non sia pronunciata la decadenza del titolo edilizio”(cfr. Cons. Stato, sez. IV, 10 agosto 2007, n. 4423).

“Nondimeno”, precisa immediatamente dopo il Consiglio di Stato, “il dictum va inteso cum grano salis: ovverosia qualora per fatti o circostante, oggettivamente riscontare, l’amministrazione abbia avuto piena cognizione dei fatti sopravvenuti che hanno differito il completamento dei lavori, la tardiva presentazione dell’istanza di proroga non comporta ex se la declaratoria di decadenza del titolo edilizio.”

“Opinare diversamente significa restituire credito ad una concezione formalistica e burocratica dell’azione amministrativa, antitetica ai criteri di economicità e di efficienza che oramai, ex artt. 1 e ss l. 241/90, governano l’attività amministrativa.”

I Giudici affrontano nel successivo capo della sentenza il tema della dichiarazione di inefficacia del titolo edilizio e osservano: “il Comune resistente non ha nemmeno adottato il provvedimento di decadenza del titolo edilizio, non affatto supplito dal diniego di sospensione del termine d’esecuzione oggetto d’impugnazione. L’omessa tempestiva adozione dell’atto, stante la natura dichiarativa della decadenza –insistentemente sottolineata dall’amministrazione resistente –, lungi dall’esimere dal dovere di assumere tempestivamente ed espressamente il relativo provvedimento, comporta sul piano tecnico giuridico che non s’è prodotto l’effetto (performativo) ad esso riconnesso dall’ordinamento di settore: ossia non è stata tempestivamente accertata e certificata l’inefficacia giuridica del titolo edilizio. Ovverosia non è mai stata riscontrata, con l’effetto di certezza pubblica richiesto dalla legge, la decadenza del titolo edilizio.”

La dichiarazione di decadenza, ancorché avente natura non costitutiva, è dunque sempre necessaria affinché sia attestata l’inefficacia giuridica del permesso di costruire e, in assenza, l’interessato può legittimamente ritenere che il suo titolo persista ancora. Conclude infatti la sentenza che “Conseguentemente, s’è ingenerato nella cooperativa appellante il legittimo affidamento sulla persistente efficacia del titolo edilizio, che, secondo l’orientamento giurisprudenziale qui condiviso, costituisce un’ulteriore ed autonoma posizione giuridica tutelata.”

Post di Marta Bassanese - avvocato

CDS 2206_2020

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