Lo scetticismo di una giurisprudenza penale sui cd. lotti interclusi, ai fini della non necessità di pianificazione attuativa
Nel caso di specie, una circolare del dirigente dell’Ufficio tecnico di un Comune affermava che, nelle more dell’approvazione dei piani attuativi previsti dal PRG, per i lotti sino a 5000 mq sarebbe stato possibile attuare le previsioni relative all’edificabilità direttamente mediante una concessione edilizia accompagnata da un atto d’obbligo per la cessione delle aree al Comune, previa approvazione di un “planivolumetrico” (sic) e previo positivo controllo della regolarità amministrativa dei fabbricati dei lotti circostanti. Il Consiglio comunale deliberava di recepire detta circolare. Detto “planivolumetrico” era inteso come un semplice grafico che descriveva la sagoma degli edifici e i suoi volumi, cui le norme tecniche affidavano la funzione di allegato integrativo a completamento del progetto edilizio o di un piano attuativo, senza però accompagnarsi alle procedure e alle convenzioni proprie di quest’ultimo.
Il Tribunale penale di Palermo, in una sentenza del 2018, ha affermato che la ricorrenza dell’ipotesi di scuola (sic) del cd. lotto intercluso, cioè di un lotto che potrebbe essere edificato senza la dovuta pianificazione urbanistica contenuta in un piano attuativo o una convenzione lottizzatoria, approvati dal Consiglio comunale, si ha solo quando l’area interessata sia dotata di completa e soddisfacente urbanizzazione rispondente per intero ai criteri di legge e alle previsioni per essa del PRG, cosicché l’intervento in sostanza si inserirebbe in un contesto già conforme alle prescrizioni di dettaglio operanti.
In nome del principio di legalità dell’azione amministrativa, è fuori discussione che una circolare possa stravolgere il quadro legislativo, per di più in una materia delicata e dalle molteplici implicazioni di rango costituzionale come l’urbanistica, e il sistema costituzionale della gerarchia delle fonti normative, nemmeno se asserisce di interpretare il sistema stesso e di voler venire incontro a degli scontenti, nemmeno se riceve l’avallo del Consiglio comunale.
Solo un percorso modificativo del PRG, rispettoso della procedura stabilita dalla legge, può apportare una variante al PRG: solo se detta variante è conforme ai principi fondamentali del diritto urbanistico (cfr. l. 1150/1942, l. 765/1967, d.m. 1444/1968, legislazione regionale), sarebbe valida e attuabile.
La legge impedisce che i poteri di pianificazione e di intervento derogatorio sugli strumenti urbanistici possano essere esercitati dai dirigenti dell’Ufficio tecnico del Comune. A questi ultimi, invece la legge affida i compiti amministrativi afferenti al rilascio dei permessi necessari per l’edificazione (previa diligente istruttoria diretta a verificare la conformità dei progetti e delle istanze relative alla legge e alle previsioni del PRG e degli altri strumenti urbanistici vigenti), gli obblighi di vigilanza e sanzionatori delle relative violazioni, nonché i poteri di revoca e annullamento di atti concessori non conformi.
Post di Dario Meneguzzo – avvocato
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