Le indicazioni della Corte dei Conti in tema di transazione degli Enti pubblici
La Sezione di controllo per la Regione Emilia-Romagna della Corte dei conti ha effettuato una importante ricognizione dei principi fondamentali valevoli in materia di transazioni degli enti pubblici.
In particolare, il Collegio ha richiamato alcuni principi giurisprudenziali elaborati dalla Corte dei conti (v. ex multis, Sezione Controllo Regione Lombardia deliberazione n. 80/2017/PRSE; Sezione Controllo Regione Lombardia deliberazione n.1116/2009/PAR; Sezione Controllo Regione per l’Umbria deliberazione n.123/2015/PAR), secondo i quali:
– anche gli Enti pubblici possono di norma transigere le controversie delle quali siano parte ex art 1965 c.c.;
– i limiti del ricorso alla transazione da parte degli Enti pubblici sono quelli propri di ogni soggetto dell’ordinamento giuridico, e cioè la legittimazione soggettiva e la disponibilità dell’oggetto (ovvero posizioni giuridiche soggettive disponibili ex art. 1966 c.c., suscettibili di essere estinte in forma negoziale), e quelli specifici di diritto pubblico, e cioè la natura del rapporto tra privati e pubblica Amministrazione. È nulla, dunque, la transazione nel caso in cui i diritti che formano oggetto della lite sono sottratti al potere dispositivo delle parti: sotto quest’ultimo profilo va ricordato che, nell’esercizio dei propri poteri pubblicistici, l’attività degli Enti territoriali è finalizzata alla cura concreta di interessi pubblici e quindi alla finalizzazione dell’attività all’interesse specificamente intestato all’Ente. Pertanto, i negozi giuridici conclusi con i privati non possono condizionare l’esercizio del potere dell’Amministrazione pubblica sia rispetto alla miglior cura dell’interesse concreto della comunità amministrata, sia rispetto alla tutela delle posizioni soggettive di terzi, secondo il principio di imparzialità dell’azione amministrativa.
Si è dunque osservato che la scelta se proseguire un giudizio o addivenire ad una transazione e la concreta delimitazione dell’oggetto della stessa spetta all’Amministrazione nell’ambito dello svolgimento dell’ordinaria attività amministrativa e, come tutte le scelte discrezionali, non è soggetta a sindacato giurisdizionale, se non nei limiti della rispondenza delle stesse a criteri di razionalità, congruità e prudente apprezzamento, ai quali deve ispirarsi l’azione amministrativa.
Occorre quindi:
- una valutazione (anche economica) del rapporto tra gli obiettivi conseguiti e spese sostenute (con l’ulteriore effetto che la violazione dei criteri di economicità e di efficacia assume specifico rilievo nel giudizio di responsabilità);
- una dettagliata motivazione che dia conto del percorso logico seguito per giungere alla definizione transattiva della controversia, anche sulla base di un giudizio prognostico circa l’esito del contenzioso (in relazione alla natura delle pretese, alla chiarezza della situazione normativa e ad eventuali orientamenti giurisprudenziali);
- un approfondimento degli interessi in gioco, che sia stata preceduta da una diligente istruttoria procedimentale, dal parere favorevole degli organi interni in ordine alla copertura finanziaria dell’operazione, nonché dal parere dell’avvocatura interna all’amministrazione (ove presente).
Alla luce dei principi evidenziati, il Collegio emiliano ha affermato che il sindacato giurisdizionale sugli accordi transattivi delle pubbliche amministrazioni deve essere contenuto nei limiti della rispondenza delle transazioni medesime a criteri di razionalità, congruità e prudente apprezzamento, nonché all’idoneità dell’accordo transattivo a conseguire un risparmio di spesa.
Si ringrazia sentitamente l’avv. Francesco Roncoroni per la segnalazione.
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