La nozione di acque pubbliche e la relativa fascia di rispetto
Il Tribunale superiore delle acque pubbliche (TSAP) ha affermato che l’art. 96, lett. f r.d. 523/1904 è volto alla tutela dei corsi d’acqua, degli argini e degli elementi ripariali, imponendo in modo vincolato il divieto di costruire manufatti entro una fascia di rispetto la cui ampiezza può essere stabilita dalle discipline vigenti nelle diverse località; in assenza di queste, la distanza minima deve essere di 4 metri per le piantagioni e i movimenti di terreno e di 10 metri per le fabbriche e gli scavi. Il presupposto per l’applicazione del vincolo è la natura demaniale del corso d’acqua. È dunque necessario verificare se il greto o la valletta in prossimità delle opere e dei manufatti oggetto dell’ordinanza di demolizione rientrino tra le acque pubbliche, per le quali è applicabile il citato art. 96.
Costituiscono acque pubbliche e appartengono al demanio idrico le acque superficiali e sotterranee, indipendentemente dall’uso, incluse quelle convogliate o raccolte in invasi o cisterne, e anche le acque meteoriche, se confluiscono in corsi d’acqua pubblici. Infatti, l’art. 1 r.d. 1775/1933, pur originariamente basato sull’uso pubblico della risorsa, è stato superato dalle successive normative, tra cui l’art. 1 l. 36/1994 (ora sostituito dall’art. 144 d.lgs. 152/2006) e l’art. 1 d.P.R. 238/1999. Le acque non demaniali costituiscono un’eccezione e si limitano a quelle piovane non convogliate e ad alcune acque termali o per usi privati specifici.
La giurisdizione del TSAP, in sede di legittimità, si estende anche alle questioni relative alla demanialità delle acque quando la loro risoluzione sia necessaria per la decisione del ricorso vertente su interessi legittimi sul quale il medesimo Tribunale ha la giurisdizione (cfr. art. 197 r.d. 1775/1933).
Post di Alberto Antico – avvocato
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