Quando il secondo arrivato ad un pubblico appalto avanza un motivo di ricorso contro l’aggiudicatario, fondato su norme … che non ha rispettato nemmeno lui

23 Dic 2025
23 Dicembre 2025

Nel caso di specie, nel contesto di un pubblico appalto, la seconda arrivata lamentava che l’aggiudicataria avrebbe violato gli artt. 57, co. 1 e 101, co. 2 d.lgs. 36/2023 secondo cui, per gli affidamenti dei contratti di appalto di lavori e servizi diversi da quelli aventi natura intellettuale e per i contratti di concessione i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti, tenuto conto della tipologia di intervento, costituisce un requisito necessario dell’offerta l’indicazione di misure orientate a garantire le pari opportunità generazionali, di genere e di inclusione lavorativa per le persone con disabilità o svantaggiate, la stabilità occupazionale del personale impiegato, nonché l’applicazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali di settore.

L’aggiudicataria si difendeva dicendo che nemmeno la ricorrente aveva rispettato questa prescrizione.

Il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso della seconda classificata.

Per il principio nemo potest venire contra factum proprium, precipitato dei più generali divieti di abuso del diritto e del processo e della clausola generale di buona fede, è inammissibile la deduzione di un motivo di impugnazione che, ove accolto, dimostrerebbe l’illegittimità della situazione giuridica soggettiva del ricorrente stesso, oltre che del controinteressato. Il dovere di buona fede e correttezza, di cui agli artt. 1175, 1337, 1366 e 1375 c.c., alla luce del parametro di solidarietà, sancito dall’art. 2 Cost. e dalla Carta di Nizza, non costituisce solo un criterio di valutazione della condotta delle parti nell’ambito dei rapporti obbligatori, ma anche un canone per individuare un limite alle richieste e ai poteri dei titolari di diritti, anche sul piano della loro tutela processuale.

Post di Alberto Antico – avvocato

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