Conforme a Costituzione il termine di 12 mesi per l’annullamento d’ufficio dei provvedimenti a tutela del patrimonio culturale
La Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 21-nonies l. 241/1990, nella parte in cui stabilisce in via generale il termine finale di 12 mesi (dal momento di adozione dell’atto invalido) per l’esercizio da parte della P.A. del potere di annullamento d’ufficio di provvedimenti ampliativi illegittimi, e dunque anche con riferimento alle autorizzazioni che riguardano l’interesse culturale, nonostante il suo preminente rilievo costituzionale.
La fattispecie all’origine dell’intervento della Corte riguarda l’impugnazione per tardività dell’annullamento di un’autorizzazione all’esportazione all’estero (il cd. attestato di libera circolazione) di un quadro, adottato a distanza di sei anni dal suo rilascio, perché rilevatosi d’autore.
L’interesse culturale trova adeguata tutela nel procedimento di primo grado, sia per effetto di più disposizioni della l. 241/1990 - che, con riguardo alla disciplina generale di diversi istituti di semplificazione, prevede un regime di maggiore protezione per gli “interessi sensibili” - sia per effetto del regime di speciale e puntuale tutela dettato dal codice dei beni culturali (d.lgs. 42/2004).
Inoltre, il termine di decadenza accresce l’efficienza dell’azione amministrativa e influisce sulla qualità del processo decisionale di primo grado. Per un verso, la norma dà rilievo al tempo come garanzia di certezza nella relazione tra P.A. e amministrato e, per altro verso, dà stabilità al titolo pubblico che è utilizzato dal destinatario nei suoi successivi rapporti con i terzi.
Post di Daniele Iselle e avv. Alberto Antico
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