La legge ‘Salva Casa’ 105/2024 dopo le Linee guida ministeriali: seminario Ordine Architetti di Padova venerdì 28 febbraio 2025, dalle 14,30 alle 18,30
Seminario webinar
I relatori sono: arch. Dal Zotto [responsabile settore pianificazione del territorio del comune di Spinea che svolge ruolo di coordinatore], prof. Avv. Alessandro Calegari, avv. Alessandro Veronese, avv. Domenico Chinello.
Durante l’incontro del 18 aprile scorso, era stato detto da uno dei relatori, che in Veneto esiste l’art. 6 della lr n. 19/2019, ma che non sarebbe più presente nel progetto di legge n. 244 della regione, in quanto ritenuto sostanzialmente duplicativo dell’art. 36-bis; in verità è stato confermato all’art. 101 c.3:
3. Nei casi previsti dall’articolo 34 del DPR n. 380 del 2001, l’interessato può chiedere di eliminare le opere abusive mediante la loro demolizione nell’ambito della realizzazione di uno degli interventi di cui all’articolo 3, comma 1, lettere d) ed e), del medesimo decreto, a condizione che l’intervento sia conforme agli strumenti urbanistici ed eseguito entro un termine fissato dal comune.
Di contro vi è, addirittura, chi ritiene che l’articolo in questione, non abrogato, debba trovare applicazione congiuntamente all’art. 36-bis nei casi di demolizione parziale degli abusi edilizi.
A mio avviso tale previsione si integra, e in parte si sovrappone, con quanto disposto da norme di livello statale – come il comma 2 dell’articolo relativo alla sanatoria ex art. 36-bis del DPR 380/2001 – che ammettono il rilascio del permesso in sanatoria subordinatamente alla realizzazione di interventi edilizi correttivi, anche strutturali, per garantire la sicurezza, la conformità tecnica e la rimozione delle parti non sanabili. In questo quadro, anche interventi su un’opera abusiva sono consentiti, purché funzionali alla sua regolarizzazione.
Il confronto tra le due disposizioni evidenzia una linea comune: non si autorizza la prosecuzione dell’abuso, bensì si costruisce una via legittima per uscirne, attraverso un’opera nuova o trasformata che rispetti la disciplina urbanistica e le prescrizioni comunali.
***art. 6 della lr n. 19/2021
Nota al c. 3:
Con questa formulazione, senza più il vincolo implicito della “contestualità”, i tempi di demolizione potrebbero dilatarsi notevolmente.
Uso strumentale dell’intervento edilizio: Il soggetto interessato potrebbe presentare un progetto “di facciata”, solo per congelare lo status dell’abuso, senza vera intenzione di demolire.
Rimane da capire se questa piccola modifica lessicale (“contesto” → “ambito della realizzazione”) potrebbe aprire scenari problematici in futuro — potenzialmente sì, se non gestita con attenzione.
Sempre durante il seminario del 18 aprile scorso, sono stati esaminati tutti i commi dell’art. 36bis, con un focus particolare sul comma 2, relativo alla rimozione delle opere che non possono essere sanate ai sensi della stessa norma.
È stato osservato che tale rimozione sarebbe preferibile effettuarla preventivamente, sia nel caso di SCIA sia nel caso di permesso di costruire da rilasciare.
Tuttavia, emergono due questioni preliminari, non approfondite nel corso del dibattito:
Chi è il soggetto chiamato ad accertare la presenza di opere da demolire?
Verosimilmente, dovrebbe essere il professionista incaricato, in quanto tenuto a dichiarare la conformità dell’intervento alla normativa urbanistica vigente ed edilizia al momento della realizzazione. In assenza di tale valutazione preventiva, non sarebbe possibile redigere una dichiarazione tecnica attendibile.
Questa interpretazione trova conferma anche nella nuova modulistica.
Per quanto riguarda la SCIA, il titolare deve dichiarare che lo Sportello Unico può subordinare la formazione del titolo abilitativo alla demolizione delle opere non conformi; nel frattempo, il professionista individua e propone formalmente le opere da demolire. Ne consegue che non è il Comune ad accertare la presenza di tali opere, ma piuttosto il tecnico incaricato.
Analoga previsione si ritrova nella modulistica del permesso di costruire: anche in questo caso il titolare dichiara che il rilascio del titolo può essere subordinato alla demolizione delle opere non conformi, mentre spetta al professionista identificare e indicare le opere da rimuovere.
Tale impostazione appare coerente, considerando che il tecnico effettua un sopralluogo, confronta lo stato di fatto con quello legittimato e assume la responsabilità della conformità attraverso la propria dichiarazione.
Rimane tuttavia un dubbio interpretativo: la norma prevede che lo Sportello Unico possa condizionare l’efficacia della SCIA alla demolizione, il che potrebbe far pensare che sia il Comune a dover accertare l’esistenza delle opere abusive.
Infine, andrebbe chiarita la posizione della Soprintendenza, che in passato ha sempre mostrato contrarietà – rispetto alla possibilità di prevedere la demolizione di opere nell’ambito del procedimento autorizzativo.
Buongiorno,
durante il seminario del 18 aprile scorso, organizzato dalla Federazione dei Comuni del Camposampierese, è riemersa una questione rilevante riguardante l’applicazione dell’art. 36-bis del DPR 380/2001, in riferimento alle variazioni essenziali.
Nel caso specifico si affermava che l’intervento non eccedeva i limiti della variazione essenziale. Tuttavia, il problema che si pone è di natura interpretativa e applicativa:
Come si può stabilire con certezza che non si oltrepassano i limiti della variazione essenziale, sconfinando invece nella totale difformità?
In tal caso troverebbe applicazione l’art. 36 (che richiede la doppia conformità), dal momento che la totale difformità è espressamente tipizzata solo all’art. 32, comma 3, del TU, mentre l’art. 31, comma 1, elenca diverse ipotesi di totale difformità in maniera piuttosto vaga.
Il rischio concreto è che venga presentata una pratica al Comune ritenuta come “variazione essenziale”, ma venga invece qualificata come “totale difformità”.
Durante il seminario, l’Avvocato presente ha sostenuto che l’art. 36-bis, essendo norma speciale e approvata successivamente, prevale sul disposto dell’art. 32, comma 3, e che comunque si tratta di un aspetto sanzionatorio, pertanto tale comma non troverebbe applicazione.
Tuttavia, nel corso della discussione, una dipendente comunale ha riportato di aver ricevuto una nota da parte della Soprintendenza, con la quale si richiede una dichiarazione che attesti che le difformità non rientrino nella categoria delle variazioni essenziali (dunque, che si tratti di una parziale difformità).
Tale richiesta sembra fondata: è giusto che la Soprintendenza abbia chiarezza da parte del Comune sulla natura delle difformità. Tuttavia, è evidente che per la Soprintendenza continui ad applicarsi l’art. 32, comma 3, del DPR 380/2001.
Da ciò si evince che sarebbe quasi scontato, che per agevolare l’attività istruttoria degli uffici comunali, ci si dovrebbe limitare all’esame delle sole parziali difformità, come già elencate all’art. 32 del DPR 380/2001 e, in ambito regionale, anche all’art. 92 della L.R. 61/85.
La questione centrale è quindi la seguente:
Se perviene al Comune una pratica in cui non è chiaro se l’intervento ricada nella parziale difformità oppure configuri una variazione essenziale, va respinta?
Ovvero, le opere che presentano difformità eccedenti i limiti della parzialità devono essere oggetto di demolizione, affinché possa essere rilasciata la sanatoria condizionata?
Consiglio di Stato, sentenza n. 2771 del 2 aprile 2025
Il Consiglio di Stato ha ribadito che il superamento della soglia del 2% non comporta automaticamente una variazione essenziale, ma richiede motivazione caso per caso;
Vuol dire che :
Il Consiglio di Stato sembra dare per scontato che una variazione superiore al 2% sia già da considerarsi una difformità sostanziale. Tuttavia, questa interpretazione non tiene conto delle differenze regionali, dove in alcune regioni la parziale difformità può arrivare fino al 20%. Quindi, l’approccio generale potrebbe risultare troppo rigido, ignorando le specifiche norme sulle difformità che sono ammesse dalle regioni.
Anche ammesso che l’art. 36bis, prevalga sull’art. 32, c. 3 del Dpr n. 380/2001.
La questione centrale è quindi la seguente:
Se perviene al Comune una pratica in cui non è chiaro se l’intervento ricada nella parziale difformità oppure configuri una variazione essenziale, come si può inviarla alla Soprintendenza dichiarando che rientra nella variazione essenziale, se la norma non fornisce parametri oggettivi per farlo?
Anche volendo assumersi la responsabilità di tale dichiarazione, la difficoltà risiede proprio nell’assenza di criteri chiari.
Ad esempio, in Veneto, una difformità fino al 20% della superficie coperta è considerata parziale; dal 21% in poi si entra nella variazione essenziale.
Ma fino a quale percentuale si può restare all’interno di questa categoria, prima di sfociare nella totale difformità?
Non essendoci soglie precise, il confine tra variazione essenziale e totale difformità è incerto, e questo espone l’intervento al rischio di essere riclassificato dalla Soprintendenza o da altri enti come totalmente difforme, con tutte le conseguenze del caso.
In conclusione, se non vi è una definizione chiara e condivisa di “variazione essenziale”, e mancano riferimenti quantitativi certi, risulta praticamente impossibile per i Comuni trasmettere alla Soprintendenza pratiche che contengano variazioni di questo tipo, senza esporsi a un potenziale rigetto o a contestazioni formali.
Edilizia 4.0: permessi in automatico tramite Intelligenza Artificiale
Firmato il nuovo D.P.C.M. che introduce il sistema “EdilIA” per l’automazione delle autorizzazioni edilizie. Accesso tramite SPID e risposta garantita in 180 secondi.
Una rivoluzione tecnologica senza precedenti nel settore dell’edilizia pubblica e privata. È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 75 del 31 marzo 2025 il D.P.C.M. 29 marzo 2025, n. 42, recante “Disposizioni per la digitalizzazione integrale dei procedimenti edilizi mediante sistemi di intelligenza artificiale”, meglio conosciuto come “Decreto Edilizia 4.0”.
L’obiettivo dichiarato dal legislatore è semplice quanto ambizioso: azzerare i tempi istruttori delle pratiche edilizie, superando l’attuale frammentazione delle competenze tra gli sportelli unici comunali, le sovrintendenze e gli enti preposti ai pareri. Come? Attraverso l’utilizzo di una piattaforma nazionale governata da intelligenza artificiale, denominata EdilIA.
Dipendenti- tutti a casa
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Il Quaderno-56_salva_casa-ANCI, è stato fatto davvero molto bene. Un grande grazie per il loro lavoro!
Buongiorno,
Durante il seminario del 28 marzo scorso, organizzato dalla Federazione dei Comuni del Camposampierese, è stato presentato un caso concreto che illustra come l’articolo 36bis, relativo alle variazioni essenziali, possa essere applicato. In tale occasione, è stato sottolineato che il caso in esame non superava i limiti delle variazioni essenziali.
Tuttavia, sorgono alcune problematiche che meritano di essere approfondite:
1. Definizione di “variazione essenziale” e “totale difformità”:
Come si stabilisce se una modifica non eccede i limiti delle variazioni essenziali, evitando così che si trasformi in una totale difformità? Quest’ultima, infatti, è definita specificamente nell’articolo 32, comma 3, del Testo Unico, mentre nell’articolo 31, comma 1, vengono elencate in modo non chiaro una serie di difformità che sono considerate “totali”. Il rischio è che venga presentata una pratica edilizia presso il Comune e venga contestata una “totale difformità”, anziché riconoscere la modifica come una “variazione essenziale”.
2. Conseguenze legate alla “totale difformità”:
Quando si tratta di una “totale difformità”, come definita dall’articolo 32, comma 3, del Testo Unico (non modificato), la sanzione applicabile diventa più grave. In tal caso, la difformità non può essere sanata tramite l’articolo 36bis, ma richiede altre misure, più severe.
3. Applicazione dell’articolo 36bis e verifica della conformità urbanistica:
Nell’applicazione dell’articolo 36bis, è necessario verificare se esista una “doppia conformità asincrona” (cioè che la costruzione rispetti le normative edilizia al momento della sua realizzazione e quella urbanistica al momento della richiesta di sanatoria). Inoltre, nella fase di applicazione della sanzione, bisogna verificare se l’edificio fosse conforme alle normative urbanistiche in vigore al momento in cui è stato commesso l’abuso, in modo da determinare se sia possibile o meno applicare l’aumento del 20% della sanzione prevista.
Commento finale:
In sintesi, l’applicazione dell’articolo 36bis richiede un’attenta analisi delle modifiche edilizie proposte, al fine di evitare confusione tra variazioni essenziali e situazioni di totale difformità. La distinzione tra questi due concetti è cruciale per evitare sanzioni non corrette e per garantire una gestione adeguata dei procedimenti amministrativi. Inoltre, la corretta applicazione della “doppia conformità” e la verifica della situazione urbanistica al momento dell’abuso sono elementi fondamentali per determinare l’entità delle sanzioni. È quindi importante che i professionisti del settore e le amministrazioni comunali siano ben consapevoli di queste differenze e delle implicazioni legali, al fine di evitare problematiche e contenziosi in fase di presentazione delle pratiche edilizie.
Un’urgenza… a scoppio ritardato
Nel testo del decreto legge – pubblicato in Gazzetta Ufficiale a maggio 2024 e convertito in legge a fine luglio dello stesso anno – si è fatto leva sulla straordinaria necessità e urgenza di intervenire in tempi rapidi su un blocco del mercato immobiliare imputabile all’eccessiva rigidità della normativa urbanistica.
Ma se davvero la ratio era quella di rimettere in moto le compravendite, perché subordinare l’effettiva operatività delle nuove disposizioni all’aggiornamento della modulistica unificata e standardizzata, con una tempistica che si estenderà fino al 23 maggio 2025?
Sì, perché leggendo attentamente il recente Accordo trovato in Conferenza Unificata, emerge un dato tanto chiaro quanto paradossale:
entro il 9 maggio 2025, le Regioni dovranno adeguare la modulistica unificata e standardizzata;
entro il 23 maggio 2025, i Comuni dovranno pubblicare sui propri siti istituzionali i moduli aggiornati.
Fino ad allora, salvo rare eccezioni, sarà praticamente impossibile accedere ai nuovi strumenti previsti dal Salva Casa, proprio a causa del mancato adeguamento dei modelli.
Con buona pace dell’urgenza.
Con la presente, desidero evidenziare quanto sottolineato dall’Avv. Calegari nella parte finale del suo intervento. La Soprintendenza comunica che l’istituto della Conferenza dei Servizi è considerato irrituale, e ritenuto dalla stessa inappropriato, e quindi irricevibile come procedura. (si parla del 36bis)
Commento all’art. 34ter legge n. 105/2024, in parallelo al condono edilizio.
La volumetria aggiuntiva condonata non rappresenta un diritto quesito o un “vantaggio” che il proprietario può fare rivalere in caso di indici edificatori minori.
Il condono edilizio non rappresenta un “diritto quesito” e quindi immutabile, di vedersi riconosciuta sine die la volumetria aggiuntiva dell’immobile sanato.
Questo perché il condono è un istituto di natura eccezionale e derogatoria che non può assolutamente dare vita a diritti quesiti per chi ne abbia usufruito.
Il Comune, con la nuova pianificazione, deve in quell’area predisporre un piano attuativo, finalizzato all’eliminazione degli elementi detrattori per l’ambiente e per il contesto urbanistico e all’individuazione delle aree a standard.
Premesso tutto ciò,
Cosa prevede l’art. 34ter della Legge n. 105/2024? Mi sembra che offra un vantaggio da far valere, riconoscendo una volumetria aggiuntiva. Questa norma ha una natura eccezionale e derogatoria, e non sembra indicare la necessità di individuare aree a standard.
Il sole24ore del 03-03-2025
Salva casa, partenza a due velocità per le pratiche di sanatorie: Flusso di richieste intenso nelle città, scarso nei centri minori.
I dubbi (non risolti dal ministero) si scaricano su tecnici e professionisti. In arrivo la revisione dei modelli
Nel commento, che fornisce una guida con sei esempi, si afferma anche che i dubbi vengono scaricati sui tecnici comunali, considerati l’anello debole del sistema.
Molto ma molto utile, a parte la fretta finale di chiudere.
Buongiorno,
vorrei sottolineare un paio di punti che mi sembrano rilevanti, emersi durante il seminario:
Sulla data o epoca di realizzazione dell’abuso: non è chiara la difficoltà nel determinare almeno l’epoca in cui si è verificato l’abuso, considerando che si tratta di una variante su titoli edilizi già rilasciati. È stato poi accennato che tra “data” ed “epoca” potrebbe entrare in gioco il fatto che, nel frattempo, le normative potrebbero essere cambiate. Tuttavia, va ricordato che, durante il periodo di validità del titolo edilizio, la conformità edilizia rimane invariata.
Sul recupero dei sottotetti: è stato richiamato il principio di deroga alle normative igienico-sanitarie, facendo riferimento alla sentenza della Corte Costituzionale che ammette tale deroga in caso di recupero di parte dell’unità immobiliare. Tuttavia, si è anche accennato che la legge statale, rispetto a quella regionale, permette di creare nuove unità abitative, applicando comunque il principio di deroga alle norme igienico-sanitarie. A mio avviso, si dovrebbe chiarire se si possa applicare questa ipotesi.
Salvo che la norma faccia riferimento per quanto riguarda l’obbligo del tecnico di dichiarare la data o l’epoca, che tale obbligo si applica nei casi in assenza di SCIA; infatti, quest’ultima sembra essere l’unica opzione percorribile.
Durante il seminario del 14 marzo scorso, organizzato dalla Federazione dei Comuni del Camposampierese sul recupero dei sottotetti, l’Avvocato presente (che tra l’altro era anche relatore di questo seminario) si è dissociato dalle affermazioni di un altro Avvocato, sottolineando che, secondo lui, non è possibile creare nuove unità abitative in tali contesti.
Art. 3. Norme finali e di coordinamento. Legge n. 105/2024
4. La presentazione della richiesta di permesso di costruire o della segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria ai sensi dell’articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, non dà diritto alla restituzione delle somme versate a titolo di oblazione o per il pagamento di sanzioni già irrogate dall’amministrazione comunale o da altra amministrazione sulla base della normativa vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
Non so se già le FAQ hanno chiarito questo comma, ma in quali casi si applica?
La risposta del Consiglio di Stato con la sentenza n. 1394 del 19 febbraio 2025:
2) la conferma del principio “tempus regit actum”: il Consiglio di Stato ha richiamato il comma 4, art. 3 del D.L. n. 69/2024, il quale esclude espressamente che la sanatoria possa fondare un diritto del privato alla ripetizione delle somme già versate per oblazione o sanzioni. Ciò dimostra la volontà del legislatore di mantenere gli effetti giuridici delle norme precedenti e di non rendere retroattiva la nuova disciplina;
Il primo punto dice che: nella norma non è presente alcuna disposizione che consenta l’applicazione della nuova disciplina alle istanze pendenti.
Il pagamento delle sanzioni previste dagli articoli 33, 34, 37, commi 1, 3, 5 e 6 (cd. fiscalizzazioni) e le dichiarazioni sulle tolleranze di cui all’articolo 34-bis “concorrono” alla dimostrazione dello stato legittimo.
Il significato generale di Stato Legittimo viene eccessivamente confuso oltre il concetto di stato di diritto ad esistere
In mancanza di disposizioni transitorie previste nel testo del D.L. n. 69/2024, convertito con modificazioni nella L. n. 105/2024, le fiscalizzazioni passate, rimangono tali.
La corretta valutazione del tipo di difformità e del contesto normativo applicabile è fondamentale. Cosa comporta, infatti, presentare una domanda di sanatoria ai sensi dell’art. 36-bis per un abuso qualificabile come ‘totale difformità’?
Le fasi del pagamento delle oblazioni
La sezione D3.5.6.2 delle Linee guida MIT chiarisce quando devono essere pagate le sanzioni, prevedendo due momenti distinti:
1) Anticipo obbligatorio: al momento della presentazione della richiesta di sanatoria
2) Conguaglio finale: alla definizione dell’importo complessivo dovuto
Se non viene effettuato il pagamento dell’anticipo obbligatorio al momento della presentazione della richiesta di sanatoria (punto 1), la richiesta potrebbe essere considerata incompleta o irricevibile, impedendo l’accesso alla procedura di sanatoria e, di conseguenza, l’eventuale regolarizzazione della violazione?
Le indicazioni sui cambi di destinazione d’uso (Art. 23 ter) chiariscono l’ambito di applicazione, distinguendo tra singole unità immobiliari e interi edifici, e specificano che le semplificazioni introdotte non possono essere desunte implicitamente dagli strumenti urbanistici comunali, ma devono essere definite dagli enti territoriali dopo l’entrata in vigore del DL Salva-Casa.
In Sicilia l’applicazione è diretta, mentre la Campania ha dettagliato i titoli edilizi richiesti per ciascun tipo di cambio d’uso.
Il Comune di Roma ha chiarito che restano comunque fatte salve anche le disposizioni delle norme della pianificazione urbanistica comunale in merito alle destinazioni d’uso e ai mutamenti di destinazioni d’uso ammissibili; la non assoggettabilità all’obbligo di reperimento di ulteriori aree per servizi di interesse generale, non è applicabile in quanto può operare solo in carenza di specifiche disposizioni della pianificazione urbanistica invece presenti nelle N.T.A. del P.R.G. vigente ed infine nulla risulta variato rispetto a quanto dovuto per il Contributo di Costruzione e per l’eventuale Contributo Straordinario.
Al 31 gennaio 2025, otto Regioni (Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Umbria, Veneto e Sicilia) hanno fornito indicazioni sull’applicazione del DL Salva-Casa, con differenze interpretative che potrebbero creare incertezze per cittadini e imprese.
L’ANCE, nel suo dossier aggiornato, ha sottolineato che le Regioni devono garantire un’applicazione coerente e uniforme della normativa, evitando interpretazioni divergenti che potrebbero ostacolare gli obiettivi di semplificazione del decreto.
Ha qualcuno risulta che la regione Veneto ha fornito indicazioni?
la Regione Veneto (Delibera Giunta Regionale 28 novembre 2024, n. 0605513) ha dettato indicazioni tecniche e operative relativamente alla materia sismica.
Sempre cosa dice ANCE: è da non credere-
Va rilevato, però, che molte di alcune delle indicazioni già fornite dagli enti territoriali sono divergenti con quanto previsto dalle linee di indirizzo diramate dal MIT. Sarà per questo necessario valutare attentamente e “attendere successive integrazioni” al fine di poter arrivare all’obiettivo auspicato dal Ministero di promuovere prassi interpretative e attuative coordinate rispetto alle scelte operate dal legislatore statale nell’esercizio delle competenze al medesimo costituzionalmente attribuite.
Per cui si deve rendere necessario un riadeguamento delle delibere locali per mantenere coerenza con le indicazioni centrali (che si ricorda sono delle FAQ). Complimenti
SEMPRE ANCE:
Viene inoltre sottolineato che le linee di indirizzo contenute nel documento sono fornite a titolo informativo e non hanno valore vincolante, in quanto forniscono orientamenti applicativi che possono essere soggetti a integrazioni o aggiornamenti.
Da una prima lettura delle linee di indirizzo del MIT, tra le questioni di maggiore interesse, si segnala, CON RIFERIMENTO ai Cambi d’uso (Art. 23 ter): tra le altre cose si legge…” Al riguardo, al contrario rispetto a quanto sostenuto da alcune realtà territoriali, viene evidenziato che l’esonero del reperimento delle aree opera non solo in carenza, ma anche in presenza di specifiche disposizioni della pianificazione urbanistica dettate, per esempio, nell’ambito delle norme tecniche di attuazione (N.T.A.) dei P.R.G. vigenti, rispetto alle quali la disposizione del comma 1-ter prevale.”
Nonostante le FAQ siano presentate come un’informazione a scopo puramente informativo, qui sembrano avere un tono più vincolante, quasi coercitivo (impone un obbligo, una pressione quasi vincolante, influente).
Per cortesia, Architetto, potrebbe focalizzarsi / dare attenzione al tema dei cambi d’uso? Attualmente non è molto chiaro, o meglio, è difficile comprendere come vengano applicati nella pratica.
Abusi edilizi: a chi spetta verificare la sanabilità delle opere?
Prima di ingiungere la demolizione di opere abusive l’Amministrazione deve verificare se possono ottenere il titolo in sanatoria? Ecco la risposta del TAR
Sanatoria edilizia: l’accertamento di conformità va richiesto dall’interessato
Sulla piena legittimità dell’ordine di demolizione, senza necessità da parte dell’Amministrazione di verificarne prima la sanabilità, è tornato a parlare il TAR Campania, con la sentenza del 5 febbraio 2025, n. 230, respingendo il ricorso proposto dal proprietario delle opere abusive.
Secondo il ricorrente, non solo il provvedimento non gli era stato notificato, ma in più le opere sarebbero state sanabili, motivo per cui l’ingiunzione sarebbe stata illegittima.
Per quanto riguarda la sanabilità delle opere, ricorda il TAR che in presenza di abusi edilizi, la vigente normativa urbanistica non pone alcun obbligo in capo all’Autorità comunale, prima di emanare l’ordinanza di demolizione, di verificarne la sanabilità ai sensi dell’art. 36, d.P.R. n. 380/2001.
Ciò si evince chiaramente dagli artt. 27 e 31 del Testo Unico Edilizia che obbligano il responsabile del competente ufficio comunale a reprimere l’abuso, senza alcuna valutazione di sanabilità, oltre che dallo stesso art. 36, che rimette all’esclusiva iniziativa della parte interessata l’attivazione del procedimento di accertamento di conformità urbanistica.
E’ cambiato qualcosa con l’art. 36bis?
Il responsabile/proprietario delle opere abusive può pretendere dall’Amminsitrazione la valutazione della sanabilità delle opere? nel caso di art. 36bis
Potrebbe essere di ausilio-
Prima sentenza che affronta il possibile valore legittimante delle pratiche edilizie contenenti difformità costruttive
Il TAR Lombardia con sentenza n. 227/2025 prende in esame tra i vari punti la nuova controversa sfumatura dello Stato Legittimo, nella definizione riformata dalla legge n. 105/2024 “Salva Casa”, ovvero nella prima parte riguardante lo Stato Legittimo “parzializzato” dall’ultimo titolo abilitativo globale (e con implicazioni sull’eventuale valore sanante di quanto pregresso):
Che valore hanno queste sentenze a seguito delle FAQ?
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