La Cassazione penale erge l’obbligo di PUA ai sensi dell’art. 41-quinquies, co. 6 l. 1150/1942 a principio generale del governo del territorio, esprimendo dubbi sulla non necessità di PUA financo nel caso di lotto intercluso

24 Lug 2025
24 Luglio 2025

La Corte di cassazione penale (nel contesto dell’inchiesta sull’edificazione di Milano) ha affermato che l’art. 41-quinquies, co. 6 l. 1150/1942 (“Nei Comuni dotati di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione, nelle zone in cui siano consentite costruzioni per volumi superiori a tre metri cubi per metro quadrato di area edificabile, ovvero siano consentite altezze superiori a metri 25, non possono essere realizzati edifici con volumi ed altezze superiori a detti limiti, se non previa approvazione di apposito piano particolareggiato o lottizzazione convenzionata estesi alla intera zona e contenenti la disposizione planivolumetrica degli edifici previsti nella zona stessa”) appare inequivoco, molto chiaro, nello stabilire, senza alcun termine o condizione avente portata anche cronologica conclusiva, la necessità del previo piano particolareggiato o lottizzazione planivolumetrica, per i Comuni dotati degli strumenti urbanistici ivi citati e per le zone in cui siano consentite costruzioni dalle caratteristiche ivi descritte.

Vi è una chiara correlazione con l’art. 13 l. cit., secondo il quale il PRG è attuato a mezzo di piani particolareggiati di esecuzione i cui contenuti sono ivi stabiliti. La regola per l’attuazione del PRG del Comune è dunque la formazione di piani particolareggiati di esecuzione, e non l’attuazione in via diretta, ossia mediante rilascio del permesso di costruire (o presentazione di SCIA, ove consentito).

Il portato, sul piano penale, di tale prospettiva normativa, si esprime nella lottizzazione abusiva ex art. 44, co. 1, lett. c d.P.R. 380/2001, che mira ad un duplice scopo di tutela: 1) impedire che venga compromessa la potestà, attribuita agli Enti locali, di effettuare razionali ed armoniche scelte urbanistiche mediante gli specifici strumenti di pianificazione previsti dalla legge; 2) impedire che un processo di urbanizzazione incontrollata comporti la nascita di agglomerati edilizi privi delle infrastrutture primarie e secondarie necessarie per la loro integrazione urbanistica, con conseguente imposizione alla P.A. competente di ingenti spese per dotazioni infrastrutturali.

Le opere di urbanizzazione sono interventi che trascendono le dimensioni del singolo lotto edificabile, per cui la loro pianificazione è effettuabile soltanto con uno strumento urbanistico attuativo (PUA). Persino in presenza di porzioni di territorio completamente edificate ed urbanizzate, il Comune legittimamente respinge la richiesta di rilascio della concessione in assenza di previa adozione di PUA per un intervento edilizio di consistenza e complessità tali da realizzare una notevole trasformazione del territorio, inammissibile in assenza di un piano per la realizzazione degli interventi infrastrutturali idonei a sostenere il modificato assetto territoriale.

Alla luce delle considerazioni sopra esposte, la tesi giurisprudenziale secondo cui non sarebbe necessario il PUA nel caso del cd. lotto intercluso appare quantomeno di difficile soluzione concreta nonché poco giustificabile, a fronte dell’art. 41-quinquies, co. 6 cit. che non introduce eccezioni e che, piuttosto, sembra fissare comunque, anche in caso di apparente piena e precedente urbanizzazione, la sede di elaborazione del PUA come luogo di accertamento della situazione urbanistica ed edilizia concreta, in funzione, alfine, della legittima realizzazione dell’intervento. Del resto, lo stesso Giudice amministrativo in taluni casi ha affermato che la predetta fattispecie del lotto intercluso (o similare) non può essere applicata anche nelle aree completamente e/o totalmente urbanizzate, dove, però, la pianificazione esecutiva e/o attuativa possa ancora svolgere l’utile funzione di evitare “guasti urbanistici”.

Post del Dott. Ing. Mauro Federici

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15 replies
  1. Vittorio says:

    Segnalo che il T.A.R. Milano con sentenza n. 02747/2025 del 22 luglio scorso ha ribadito il consolidato indirizzo giurisprudenziale che esclude la necessità della pianificazione attuativa in presenza di una zona già completamente urbanizzata, quando la situazione di fatto evidenzi una completa edificazione dell’area, tale da renderla incompatibile con un piano attuativo.
    Nel caso esaminato l’area oggetto di edificazione risulta di limitate dimensioni ed è incontestato che la stessa si colloca in una zona interamente compromessa sotto il profilo urbanistico, integralmente interessata da costruzioni e dotata di tutte le opere di urbanizzazione e il Comune ha amplissimo margine di discrezionalità nella valutazione della congruità del grado di urbanizzazione.
    Di conseguenza, il Collegio ha ritenuto legittima la scelta comunale di assentire l’intervento in esame mediante titolo edilizio diretto, nonostante il superamento dei 25 mt di altezza del fabbricato.
    Va precisato che l’area in questione è classificata dal P.G.T. , sostanzialmente, come zona B di completamento e che l’intervento avveniva in applicazione degli indici stereometrici di zona.
    Grande è la confusione sotto il cielo. La situazione, quindi, è eccellente.

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  2. Anonimo says:

    Così parlava: «Demolire e ricostruire in modo totalmente differente? È più di 10 anni che facciamo così, è una cosa sistematica.»

    L’allora assessore all’Urbanistica del Comune di Milano in una intervista di 5 mesi fa «Perché non abbiamo fatto i piani attuativi? Sarebbe stato lungo e complesso. E se ristrutturo un’area già edificata, non servono altro verde o altre scuole»

    Domanda: I Comuni fanno i piani regolatori, o Pgt, in cui individuano la soglia oltre alla quale serve il piano attuativo».

    Soglia che a Milano è di ben 20.000 mq.; ma perché non avete fatto i piani attuativi? Nel vostro interesse. Sarebbero passati in Consiglio o in Giunta, includendo i servizi per la città, e chi era in disaccordo avrebbe potuto esprimersi.
    «Ma il piano attuativo è lungo e complesso. Infatti una legge del 1990 introduce la semplificazione, per non appesantire i procedimenti ed evitare danni agli operatori e all’amministrazione che per riqualificare un’ex zona industriale contaminata invece di un anno ne impiegherebbe 5, con un danno alla collettività. La semplificazione è un principio importantissimo. E i piani attuativi e le convenzioni approvate dalla Giunta non aggiungono nulla, e se anche li avessimo fatti il risultato sarebbe stato identico».

    Fonte: corriere della sera

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  3. Anonimo says:

    Sul conflitto di interessi, dice un indagato: ” ci sarebbe stato un errore da parte di qualcuno in Comune perchè quella firmata dai commissari della Commissione paesaggio non era la dichiarazione corretta sulle situazioni di conflitti di interesse, ma non sono state fornite indicazioni altre su come individuare i casi di astensione”.

    Ricorda molto quanto accaduto con l’approvazione della variante al PGT nel Comune di Pavia. In quella circostanza, tutti i consiglieri comunali, compreso il Sindaco, avevano votato a favore della variante, ritenendo si trattasse di un atto di indirizzo generale. Solo in seguito si resero conto che quasi tutti si trovavano in situazioni di conflitto di interessi, poiché diversi consiglieri avevano parenti che avevano presentato richieste di variante.

    A quel punto, l’amministrazione richiese un parere legale per sanare la situazione e convocò nuovamente il Consiglio Comunale. Le varianti vennero quindi votate singolarmente, con l’astensione dei consiglieri coinvolti in potenziali conflitti, e infine si procedette alla votazione complessiva della variante generale, con l’approvazione unanime.

    Questo episodio, però, ebbe un forte impatto politico: l’amministrazione perse le successive elezioni.

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  4. Anonimo says:

    Milano ha sempre corso.Exspo 1906, vanno a fuoco i padiglioni di Italia e Ungheria..In un mese venne “Ricostruito” tutto… Nulla sarà più come prima.

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  5. Anonimo says:

    Sarebbe da leggere un articolo fatto davvero molto bene, su -Il Foglio-

    “Un equivoco sul concetto di ristrutturazione edilizia”. Cosa non torna nell’inchiesta di Milano.

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    • Anonimo says:

      -In diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali-
      significa tre cose fondamentali:
      1. Urbanizzazione già esistente o programmata
      • L’intervento deve poter avvenire senza necessità di un piano attuativo, perché:
      ◦ le opere di urbanizzazione sono già esistenti, oppure
      ◦ lo strumento urbanistico prevede l’intervento direttamente su un lotto già urbanisticamente strutturato.
      Non serve urbanizzare, non serve compartare, non serve cedere aree:
      sei in un contesto già pronto per l’intervento edilizio.

      2. Intervento diretto
      • Il progetto edilizio non necessita di mediazioni urbanistiche (come comparti, perequazioni, pianificazioni complesse).
      • L’edificio rispetta parametri già dettati dal PGT, quindi puoi progettare e partire (con SCIA).
      Sei in un’area dove il Pgt ti dice già:
      “Qui puoi costruire fino a tot m³, con questi confini, con quest’altezza.”

      3. Non servono piani attuativi
      • Se sei in zona in cui il Comune ha già individuato le modalità di intervento diretto, allora puoi procedere senza PUA.

      • Ma se il PGT prevede una trasformazione d’insieme (con viabilità, standard, lottizzazione), allora non sei più in “diretta esecuzione”.

      Rispondi
  6. Anonimo says:

    24 Luglio 2025

    Inchiesta urbanistica Milano, la Cassazione: “Non possono essere realizzati edifici con volumi ed altezze superiori senza piano particolareggiato”

    È il principio stabilito nelle motivazioni delle sentenza con cui i giudici hanno dichiarato “inammissibile” il ricorso contro il sequestro, confermato lo scorso settembre dal Tribunale del Riesame di Milano, del cantiere delle Residenze Lac nell’area del Parco delle Cave

    “È la consistenza dell’intervento edificatorio, con il suo impatto sul territorio, a spiegare la necessità di una pianificazione nei termini scelti insindacabilmente dal legislatore”, che determinano “la innegabile circostanza per cui interventi edificatori consistenti sono come tali dotati di una inevitabile incidenza anche sul piano della rielaborazione e rimodulazione delle opere di urbanizzazione, comunque da affidarsi alla programmazione pubblica” scrivono gli ermellini nella sentenza 26620 del 21 luglio 2025.

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    • Anonimo says:

      art. 10, c. 2 lr n. 14/2019- veneto 2050

      2. Gli interventi di cui al comma 1, qualora comportino una ricomposizione planivolumetrica che determini una modifica sostanziale con la ricostruzione del nuovo edificio su un’area di sedime completamente diversa, sono assentiti mediante permesso di costruire.

      Salvo quanto previsto all’art. 11, prima in questi casi era previsto il PUA-

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  7. Massimo Grisanti says:

    Il concetto di abitati INSEDIABILI non si esaurisce nel numero delle persone che possono essere ospitate in edifici di nuova costruzione secondo il paramentro 1 abitante ogni 80 metri cubi stabilito dall’art. 3 d.m. 1444/1968 (salvo diverso indice da dimostrare in sede di pianificazione generale).
    Degli edifici ESISTENTI il Comune è TENUTO – sempre dall’art. 3 d.m. 1444/1968 – a conoscere il volume urbanistico in modo che possa determinare il numero degli abitanti insediabili. Ad esempio: se un edificio esistente ha un volume urbanistico di 1.600 metri cubi esprime una poetenzialità insediativa di n. 20 abitanti. Se è occupato solo da n. 10 abitanti può esprimere una capacità residua di abitanti INSEDIABILI di n. 10 persone.
    Le politiche di limitazione al consumo di suolo NON POSSONO prescindere dall’anagrafe edilizia e dal suo costante aggiornamento.
    Quindi, concludendo e poi mi taccio, E’ AUSPICABILE che la Procura della Repubblica meneghina metta sotto i riflettori il QUADRO CONOSCITIVO del Piano Regolatore Generale (o PGT come lo vuoi chiamare) in guisa che venga accertato se effettivamenmte sia rispondente ai principi fondamentali espressi e desumibili dalle norme del d.m. 1444/1968 tra cui l’uso responsabile del suolo (quale risorsa naturale scarsa) e il livello essenziale della qualità urbana (espressa dagli artt. 3 e 4 d.m. 1444/1968 in termini di superficie minima per standard ad abitante, diversificata sia in termini qualitativi, ad esempio scuole, verde pubblico, parcheggi ecc., sia in termini dislocativi all’interno del tessuto urbano in modo che in ogni zona omogenea siano esistenti tali standard sia come limiti dimensionali sia come qualità di opere di urbanizzazione primaria e secondaria).
    Non bastasse, è auspicabile che la PROCURA DELLA REPUBBLICA meneghina si interrighi circa la rispondenza a tali principi fondamentali dell’istituto della monetizzazione degli standard per così come disciplinato nella legge regionale e nel PGT. Infatti, in tanto la monetizzazione è legittima in quanto sia funzionale al reperimento dei denari sostitutivi degli oneri ex art. 28 L. 1150/1942 necessari per acquistare le aree destinate ad opere di urbanizzazione dal PGT. In parole semplici, la monetizzazione è finalizzata all’attuazione della Legge Urbanistica 1150/1942 e del d.m. 1444/1968 e i denari che vengono chiesti e ottenuti devono fare ingresso in un capitolo di spesa del bilancio comunale del tutto vincolato a tale scopo.
    Pertanto, vengo a spronare la PROCURA DELLA REPUBBLICA meneghina a fare un salto di qualità nelle indagini e così arrivare al cuore della “corruzione amministrativa” che è sintetizzabile nella violazione delle regole di pianificazione in sede di formazione del Piano Regolatore Generale (o PGT come lo vogliate chiamare).

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    • Anonimo says:

      Mi pare che in veneto sia diverso il parametro:
      9. Lo standard per abitante teorico è quantificato in 150 mc. di volume residenziale lordo. Il PAT può rideterminare tale parametro in relazione alle diverse connotazioni del tessuto urbano e degli interventi previsti.

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  8. Anonimo says:

    Il Tar dà ragione al Comune sul palazzo da 10mila euro/mq: area già urbanizzata, non serve il piano
    Il caso di Urban jungle in zona Repubblica a Milano. Il Tar sceglie una linea diversa da quella della procura

    Linea diversa dalla procura
    La sentenza fa notizia perché i giudici amministrativi hanno interpretato la vicenda in modo opposto alla linea che la procura di Milano mantiene da anni sul tema dell’urbanistica. Come riporta il Corriere, il Tar ricorda e cita l’articolo della legge urbanistica che prevede l’obbligo di piani attuativi in caso di edifici superiori ai 25 metri di altezza, ma poi aggiunge che, secondo una consolidata giurisprudenza, quest’obbligo sussiste solo quando si interviene per la prima volta in un’area non urbanizzata o per raccordare l’edificazione al tessuto esistente.

    In questi casi, sarebbe infatti necessario realizzare o potenziare servizi collettivi e opere di urbanizzazione. Ma non sarebbe il caso di via Razza, situata in una zona già pienamente urbanizzata e dotata di tutti i servizi necessari per accogliere i nuovi abitanti, che non saranno tantissimi: il palazzo infatti consisterà in 5 trilocali (uno per piano, dal primo al quinto) e un ulteriore sesto appartamento multipiano, dal sesto all’ottavo.

    © MilanoToday 23 luglio 2025

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  9. Anonimo says:

    Non ho ben capito tutta questa parte: “Le opere di urbanizzazione sono interventi che trascendono le dimensioni del singolo lotto edificabile, per cui la loro pianificazione è effettuabile soltanto con uno strumento urbanistico attuativo (PUA). Persino in presenza di porzioni di territorio completamente edificate ed urbanizzate, il Comune legittimamente respinge la richiesta di rilascio della concessione in assenza di previa adozione di PUA per un intervento edilizio di consistenza e complessità tali da realizzare una notevole trasformazione del territorio, inammissibile in assenza di un piano per la realizzazione degli interventi infrastrutturali idonei a sostenere il modificato assetto territoriale.”

    Va precisato che il Repertorio normativo, redatto dal Comune e articolato per ciascun ATO e per le singole zone, stabilisce le modalità di intervento, diretto, tramite PUA, ecc., e può prevedere, anche per parti del territorio classificate come zona B (ad esempio B.1), l’obbligo di pianificazione attuativa.
    Dunque, quando il Comune respinge una richiesta di permesso in assenza di PUA, non si tratta di una scelta discrezionale contingente, ma dell’applicazione di una normativa che esso stesso ha definito e approvato in sede di pianificazione urbanistica. In tutto questo ragionamento che fa la cassazione, non si tiene conto dell’ Art. 28-bis. Permesso di costruire convenzionato-

    Rispondi
  10. Massimo Grisanti says:

    Più precisamente, la Suprema Corte ricava (non erige) dalle disposizioni dell’art. 41 quinquies L. 1150/1942 la riprova che il principio della pianificazione del territorio già contenuto nell’art. 4 è un principio fondamentale della materia del governo del territorio. Il quale non conosce eccezioni in via normativa, bensì solo in via giurisprudenziale amministrativa.
    Il vulnus di fondo nell’AFFARE MILANO, ma lo stesso dicasi per la quasi totalità di tutti i comuni, è che gli strumenti urbanistici sono manchevoli dell’indefettibile anagrafe edilizia, la quale è il presupposto per l’applicazione delle disposizioni del d.m. 1444/1968 in tema di rapporti urbanistici. Infatti, quest’ultime impongono che in sede di pianificazione urbanistica siano assicurati i cosiddetti standard non solo per gli abitanti da insediare, ma anche per quelli INSEDIATI. Ergo, se non conosci, quindi se non formi l’anagrafe edilizia, non puoi formare e validamente approvare un piano regolatore generale in conformità alle norme della legge urbanistica e aderente ai principi fondamentali dalla stessa desumibili. Siccome la Suprema Corte penale quando valuta il titolo abilitativo edilizio effettua la verifica del rispetto della disciplina urbanistico-edilizia appare ovvio che estenda il suo esame non solo al titolo in sé, ma anche allo strumento urbanistico senza che ciò possa intendersi come indebita intrusione nelle politiche urbanistiche.
    Quindi, coloro i quali vorrebbero che la Magistratura non entrasse in tali valutazioni di rispetto della disciplina è come se volessero avere le MANI LIBERE. Un concetto diverso dall’avere le MANI PULITE.

    Rispondi
    • Anonimo says:

      art. 31 lr. 11/2004 – ora Pdl 244 -art. 38

      8. Il PAT dimensiona le aree per servizi per i singoli ATO individuati dal piano medesimo in rapporto alle caratteristiche del tessuto insediativo. Il dimensionamento residenziale è effettuato sommando ai residenti insediati gli abitanti stabili non residenti nonché gli abitanti teorici ipotizzati dovuti a nuove espansioni, trasformazioni o cambi di destinazione d’uso.

      10. Il PAT determina il fabbisogno di DT relativamente al settore produttivo, commerciale, direzionale e turistico anche in funzione dei cambi di destinazione d’uso e delle trasformazioni consentite.

      Art. 18 – Contenuti del Piano di assetto del territorio (PAT). (LR n. 11/2004, art. 13 e 36 comma 1)
      i) determina, per ambiti territoriali omogenei (ATO), individuati per specifici contesti territoriali sulla base di valutazioni di carattere geografico, storico, paesaggistico e insediativo, i parametri teorici di dimensionamento, le dotazioni di servizi, i limiti e le condizioni per lo sviluppo degli insediamenti, per i mutamenti di destinazione d’uso e per gli interventi di rigenerazione urbana sostenibile, perseguendo l’integrazione delle funzioni e degli usi compatibili, il pieno utilizzo delle potenzialità insediative dei tessuti urbani esistenti e il contenimento del consumo di suolo;
      l) indica i criteri quantitativi, localizzativi e prestazionali per la determinazione delle dotazioni territoriali, in rapporto al dimensionamento teorico effettuato, assicurando il rispetto delle dotazioni minime complessive dei servizi ai sensi dell’articolo 38; dimensiona le aree per servizi per i singoli ATO in rapporto alle caratteristiche del tessuto insediativo; determina il fabbisogno di dotazioni territoriali per i settori produttivo, commerciale, direzionale e turistico anche in funzione dei cambi di destinazione d’uso e delle trasformazioni consentite; può aggregare e ridefinire le quantità delle dotazioni territoriali, stabilendo anche i limiti e i criteri generali per l’eventuale monetizzazione, secondo quanto stabilito dall’articolo 38, comma 7;

      Rispondi
      • Anonimo says:

        Quindi per capire, l’attuale PAT (art. 31) in Veneto, che considera solo i residenti insediati e gli abitanti teorici previsti per le nuove espansioni, risulta recessivo? Nel senso che non tiene conto degli abitanti insediabili, cioè del numero di persone che potrebbero essere effettivamente ospitate negli edifici già esistenti?

        Rispondi

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