Caso Milano: il Consiglio di Stato restringe il concetto di ristrutturazione edilizia
Il Caso Milano si arricchisce di una nuova puntata: il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4582 del 2025, fornisce una interpretazione restrittiva del concetto di ristrutturazione edilizia, per distinguerla dalla nuova costruzione.
Fino a quale punto può cambiare l'edificio ricostruito rispetto a quello demolito perché si rimanga nell'ambito della ristrutturazione e non si passi a quello della nuova costruzione?
Il Consiglio di Stato afferma che, alla luce del testo vigente dell’art. 3 del t.u. dell’edilizia, nella “demoricostruzione” non può pretendersi una “continuità ” tra il nuovo edificio e quello precedente se non nella misura in cui per essa s’intenda il doveroso rispetto dei requisiti dell’unicità dell’immobile interessato dall’intervento, della contestualità tra demolizione e ricostruzione, del mero utilizzo della volumetria preesistente senza ulteriori trasformazioni della morfologia del territorio.
In questo "se non nella misura in cui" c'è un intero mondo da considerare.
Pubblicheremo ulteriori post sulle varie questioni esaminate dalla sentenza.
Post di Dario Meneguzzo - avvocato
Segnaliamo altresì il link a una nota di Daniele Iselle:

Era un cortile con un immobile( oggetto di intervento) di modeste dimensioni, ed è diventata una palazzina.
Contestualità temporale tra demolizione e ricostruzione. E neutralità dal punto di vista urbanistico: non può esserci, cioè, una maggiore volumetria. Sono i due paletti che, secondo il Consiglio di Stato, qualificano un intervento edile come semplice ristrutturazione, e per il quale è sufficiente una Scia per dare avvio ai lavori. Negli altri casi invece si deve parlare di costruzione vera e propria, per cui è necessario un permesso a costruire o un piano attuativo per valutare i bisogni del quartiere.
I due elementi – la contestualitĂ temporale e la neutralitĂ di volumetria -, secondo la sentenza n. 8542/2025 del Consiglio di Stato, non si sono verificati nel progetto di Milano di via Fauchè, uno dei tanti coinvolti nella maxi inchiesta sull’urbanistica milanese.
Le ristrutturazioni di capannoni non potevano essere fatte tramite una Scia ma avevano bisogno di un piano attuativo e di un permesso a costruire, in linea con quanto sostenuto dalla Procura.
Fonte – il sole24ore- norme e tributi – di GL e SM
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