Il decalogo dell’Adunanza Plenaria in materie di opere edilizie parzialmente eseguite in virtù di un titolo edilizio poi decaduto e mai completate

01 Ago 2024
1 Agosto 2024

La Seconda Sezione del Consiglio di Stato aveva domandato quale sia la disciplina giuridica applicabile alle opere parzialmente eseguite in virtù di un titolo edilizio decaduto e che non siano state oggetto di intervento di completamento in virtù di un nuovo titolo edilizio.

L’Adunanza Plenaria ha risposto che, in caso di realizzazione, prima della decadenza del permesso di costruire (PdC), di opere non completate, occorre distinguere a seconda se le opere incomplete siano autonome e funzionali oppure no:

- nel caso di costruzioni prive dei suddetti requisiti di autonomia e funzionalità, il Comune deve disporne la demolizione e la riduzione in pristino ai sensi dell’art. 31 d.P.R. 380/2001, in quanto eseguite in totale difformità rispetto al PdC;

- qualora il PdC abbia previsto la realizzazione di una pluralità di costruzioni funzionalmente autonome (ad esempio, villette) che siano rispondenti al PdC considerando il titolo edificatorio in modo frazionato, gli immobili edificati – ferma restando l’esigenza di verificare se siano state realizzate le opere di urbanizzazione e ferma restando la necessità che esse siano comunque realizzate - devono intendersi supportati da un titolo idoneo, anche se i manufatti realizzati non siano totalmente completati, ma – in quanto caratterizzati da tutti gli elementi costitutivi ed essenziali - necessitino solo di opere minori che non richiedono il rilascio di un nuovo PdC;

- qualora invece, le opere incomplete, ma funzionalmente autonome, presentino difformità non qualificabili come gravi, l’Amministrazione potrà adottare la sanzione recata dall’art. 34 T.U. edilizia.

È fatta salva la possibilità per la parte interessata, ove ne sussistano tutti i presupposti, di ottenere un titolo che consenta di conservare l’esistente e di chiedere l’accertamento di conformità ex art. 36 T.U. edilizia nel caso di opere “minori” (quanto a perimetro, volumi, altezze) rispetto a quelle assentite, in modo da dotare il manufatto – di per sé funzionale e fruibile - di un titolo idoneo, quanto alla sua regolarità urbanistica.

Si segnala che la sentenza non cita mai la riforma del cd. decreto Salva Casa, in quanto discussa e decisa il giorno 15.05.2024.

Post di Alberto Antico – avvocato

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3 replies
  1. Anonimo says:

    In altri termini, rileva un principio di simmetria, per il quale, così come l’Amministrazione non può di certo rilasciare un permesso per realizzare uno ‘scheletro’ o parte di esso (titolo che di certo non è consentito dalla legislazione vigente) o una struttura di per sé non abitabile per assenza di solai o tamponature, scale o tetto o di elementi portanti, corrispondentemente l’Amministrazione deve ordinare la rimozione dello ‘scheletro’, che risulti esistente in conseguenza della decadenza del permesso di costruire.

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  2. Anonimo says:

    Come sempre certi Tar hanno una marcia in più – mi pare che la questione fosse stata sollevata dal Tar Salerno-

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  3. Anonimo says:

    La totale difformità non è inserita nel salva casa. Rimane sempre dentro l’art. 36 del dPR n. 380/2001. almeno quello si “salva”.

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