La differenza tra SCIA priva di requisiti e opere eseguite previa SCIA nel caso, però, in cui servisse un diverso titolo abilitativo

11 Ago 2025
11 Agosto 2025

Il Consiglio di Stato ha affermato che laddove il controllo sul titolo edilizio, lato sensu inteso, si risolva nell’accertamento di uno “sconfinamento” dal perimetro definitorio dello stesso, l’opera/attività non può che esserne considerata priva: si pensi agli interventi non destinati a soddisfare esigenze temporanee e contingenti, realizzati presentando una semplice CIL ex art. 6, co. 1, lett. e-bis d.P.R. 380/2001, ovvero all’utilizzo di una CILA ex art. 6-bis d.P.R. cit. per interventi che risultino invece riconducibili a SCIA.

Per quanto la distinzione non sia affatto agevole, al fine di non trasformare il richiamo all’art. 27 d.P.R. cit. nel grimaldello attraverso il quale consentire l’effettuazione dei controlli sui titoli sine die, in sostanziale dispregio finanche delle più recenti previsioni nel senso della inefficacia degli atti adottati tardivamente (cfr. art. 2, co. 8-bis l. 241/1990), occorre valutare caso per caso se la P.A. ha effettuato una diversa operazione ermeneutica, ad esempio del regime urbanistico di zona, ovvero, appunto, ha ritenuto travalicato radicalmente il perimetro definitorio dell’intervento riconducibile ad un determinato titolo di legittimazione, sì da rendere quest’ultimo tamquam non esset.

Solo in questi casi, la P.A. potrà agire direttamente “in vigilanza”. Negli altri, la mancanza dei presupposti o delle condizioni di utilizzo della SCIA deve essere verificata entro 60 o 30 giorni, con obbligo di intervento di tipo sospensivo o inibitorio; ovvero, allo spirare di tale ristretto termine, negli ulteriori 12 mesi, ma purché sussistano i presupposti di cui all’art. 21-novies l. 241/1990.

L’inesauribile potere/dovere di vigilanza sul territorio attribuito ai comuni dall’art. 27 d.P.R. 380/2001 consente dunque di verificare in ogni momento la correttezza dei titoli, ma non di caducarli al di fuori dei presupposti di cui al già ricordato art. 21-novies l. 241/1990. Il tutto, evidentemente, ferme le responsabilità connesse all’adozione o, in caso di SCIA, alla mancata effettuazione dei controlli nel termine ordinario di 30 o 60 giorni e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo (cfr. art. 21-nonies, co. 1, ultimo periodo l. 241/1990).

Post di Alberto Antico – avvocato

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2 replies
  1. Fiorenza Dal Zotto says:

    Sentenza interessante anche in relazione ai criteri di misurazione dell’altezza “urbanistica” dell’edificio da riferirsi al piano campagna ante intevento e alle differenze tra “concetto di altezza del fabbricato nel suo complesso, necessariamente comprensiva di tutti i piani, e concetto di altezza rilevante ai fini urbanistici, che va parametrata alla sporgenza rispetto al piano di campagna e per tale ragione non coincide mai con la prima quando il terreno, come nella specie, non è piano.”

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  2. Anonimo says:

    Non è chiaro il titolo del post e il suo contenuto: il post sembra dire: Se la SCIA è stata usata per un intervento che richiedeva un titolo diverso, allora non siamo più nel campo di una SCIA “irregolare”, ma proprio di un intervento realizzato senza titolo valido. Nel contenuto non si parla di questo

    Esempio pratico:
    Tu presenti una SCIA per costruire una veranda chiusa in muratura su un terrazzo.

    Ma quel tipo di intervento non è ammesso con SCIA, perché è un’opera edilizia maggiore, che modifica il volume dell’edificio.

    Quindi ci voleva un permesso di costruire (che è un titolo edilizio più “forte”).

    Risultato: la SCIA non basta, e l’intervento è considerato abusivo.

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