Lo stato legittimo, prima e dopo la cd. riforma Salva casa

29 Set 2025
29 Settembre 2025

Il TAR Milano ha affermato che, ai sensi dell’art. 9-bis, co. 1-bis d.P.R. 380/2001 nel testo antecedente alla riforma Salva casa (d.l. 69/2024, come convertito dalla l. 105/2024), per dimostrare lo stato legittimo di un immobile, non era sufficiente produrre l’ultimo titolo edilizio che l’ha interessato, ma era necessario anche l’esame di quello che ne ha previsto la costruzione (decisivo era l’utilizzo della congiunzione “e” contenuta a suo tempo nella norma).

Ne consegue che la dichiarazione del progettista, concernente lo stato di fatto, contenuta nella pratica afferente all’ultimo titolo non era di per sé sufficiente a dimostrare lo stato legittimo del bene, dovendo tale dichiarazione trovare riscontro nel titolo precedente: se il progettista, nella pratica afferente all’ultimo titolo edilizio, aveva dichiarato che lo stato di fatto era legittimo, ma in realtà non lo era, in quanto l’edificio era stato in precedenza abusivamente modificato o non era comunque conforme al titolo che ne aveva assentito la costruzione, l’abuso rimaneva e poteva essere sempre sanzionato dalla P.A., nonostante l’erronea dichiarazione abbia appunto consentito il rilascio di un nuovo titolo.

Solo con la riforma Salva casa, il legislatore ha deciso di tutelare l’affidamento del privato consentendo, a determinate condizioni, di dare rilevanza esclusiva alle risultanze dell’ultimo titolo, comprese quindi le dichiarazioni rese dal progettista nella relativa pratica e concernenti lo stato di fatto. La norma novellata, utilizzando la congiunzione “o” in luogo di “e”, consente ora di dare rilevanza esclusiva all’ultimo titolo riguardante un intervento che ha interessato l’immobile nella sua interezza, impedendo così alla P.A. di contestare, successivamente al suo rilascio, precedenti abusi non riscontrati in quella sede.

La norma subordina però questo favorevole effetto alla condizione che la P.A., in sede di rilascio dell’ultimo titolo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi. Ne consegue che, per dimostrare lo stato legittimo, l’interessato può sì limitarsi a produrre l’ultimo titolo edilizio, ma deve trattarsi di un titolo che (oltre a riguardare un intervento che interessi l’immobile nella sua interezza) dia conto dell’accertamento effettuato dalla P.A. circa la sussistenza e la regolarità dei titoli edilizi precedenti che legittimano lo stato di fatto in esso dichiarato.

L’attestazione della P.A. circa la regolarità dei titoli pregressi deve essere esplicita: in mancanza, la rappresentazione dello stato di fatto compiuta dal progettista non è di per sé sufficiente, poiché la circostanza che un’opera non legittima sia rappresentata nelle pratiche edilizie non può comportarne la regolarizzazione postuma.

L’affidamento del privato può avere rilievo solo laddove ricorrano le condizioni previste dal novellato art. 9-bis, co. 1-bis cit.

Post di Alberto Antico – avvocato

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1 reply
  1. Anonimo says:

    Vanno sottolineate questi due aspetti che il post non dice.
    Una verifica implicita o presunta non è in alcun modo sufficiente:
    le sole dichiarazioni del progettista non hanno alcun valore sanante.

    1) Tutto nasce da un elemento fondamentale:
    la falsa rappresentazione dello stato legittimo dell’immobile, annulla qualsiasi legittimo affidamento da parte del privato.

    È questo il nodo centrale della questione:
    l’errata interpretazione dell’art. 9-bis del Testo Unico Edilizia, che viene spesso utilizzata per giustificare condotte in contrasto con la normativa.

    2) Tale interpretazione, infatti, è in evidente conflitto con quanto previsto dalle Linee Guida “Salva Casa” del Ministero delle Infrastrutture e con la modulistica unificata, secondo le quali sarebbe sufficiente un semplice richiamo ai titoli edilizi pregressi contenuto nell’ultimo atto, per presumere che la verifica sia stata svolta.

    Ma questa prassi è giuridicamente infondata:
    il richiamo automatico a titoli pregressi non equivale a una verifica effettiva e documentata dello stato legittimo dell’immobile.
    Anzi, in presenza di una rappresentazione non veritiera, si configura un’ipotesi di falsa attestazione, con tutte le conseguenze del caso.

    Diciamo che il TAR smentisce (di nuovo) le linee guida MIT

    Rispondi

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