Ristrutturazione edilizia tra T.U. edilizia e Codice della Strada
La giurisprudenza amministrativa è sempre stata unanime nell’affermare che le definizioni edilizie contente nel d.P.R. n. 380/2001 (T.U. edilizia) non si sovrappongono perfettamente a quelle del d.lgs. n. 285/1992 (Codice della strada) e del d.P.R. 495/1992 (Regolamento attuativo del Codice della strada). Nello specifico, come noto, l’art. 26, c. 2 del d.P.R. n. 495/1992 prevede che, in caso di demolizione integrale e ricostruzione di un fabbricato ricadente in fascia di rispetto stradale fuori dal centro abitato, occorre rispettare alcune distanze minime dal confine stradale, salvo le ipotesi eccezionali previste dal comma 5, trattandosi di una “nuova costruzione”. Al contrario, l’art. 2 bis, c. 1 ter del d.P.R. n. 380/2001, al pari dell’art. 3, c. 1, lett. d) del d.P.R. n. 380/2001, sussumono nel genus della “ristrutturazione” la demolizione e ricostruzione “nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti” anche con modifica dei parametri stereometrici, salvo i limiti imposti dalla legge.
Ciò posto il Consiglio di Stato, riformando una sentenza del T.A.R. Marche, giunge a sancire un principio diametralmente opposto, ovvero che la definizione di ristrutturazione edilizia prevista dal T.U. edilizia prevale e, quindi, si impone, su quelle del Codice della strada: l’obiettivo è di ricondurre ad omogeneità ed unità la definizione giuridica di ristrutturazione con demo-ricostruzione che, finora, è stata assoggettata ad interpretazioni ed applicazioni alquanto differenti a seconda della normativa (edilizia o stradale) di riferimento.
Che sia l’inizio di un cambio di rotta della giurisprudenza amministrativa?
Post di Matteo Acquasaliente - avvocato
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