Le considerfazione dell’ing. Stoppa io pensavo di tradurle in questi termini:
1) il Volume totale delle definizioni uniformi va verificato rispetto un indice complessivo
2) l’indice complessivo è formato dalla somma di 3 indici: quello oggi esisente (per il fuori terra); quello relativo ai locali interrati (in % sull’indice fuori terra) e quello relativo ai “Bonus” ( rispario energetico, rischio idraulico, portici, logge, anche questo in percentuale sull’indice fuori terra)
In questo modo non modifico il parametro con cui è stato calcolato il dimensionamento del PAT ma introduco altri due indici per calcolare i volumi prima non conteggiati.
Buon giorno, la questione in realtà è stata affrontata durante i vari convegni che sono stati organizzati a ridosso dell’approvazione della dgrv 669 dello scorso anno. La conclusione a cui ero arrivata è la seguente: il problema della invarianza è un falso problema per queste ragioni: 1. il legislartore nazionale (e anche quello regionale) aveva come obiettivo quello di tradurre gli indici usati in tutti i comuni dell’italia utilizzando parametri uniformi; questo per un semplice obiettivo, voleva stabilire un unico parametro che rendesse comparabili edifici in tutta italia e che quindi consentisse di stabilire che un edificio a Palermo e uno a Trento di 1000 mq di superficie complessiva avessero la stessa superficie. Tutto qui, si tratta di un semplice traduttore, come un vocabolario, nulla di più. Il problema dell’invarianza quindi veniva giustamente ricordato sia nella norma statale che in quella regionale, perchè la traduzione da una lingua a un’altra non prevede il cambiamento dei contentui ma solo l’uso di diversi vocaboli. Così quindi doveva accadere per la “traduzione” dei parametri in uso nei vari comuni a quelli uniformi indicati. Quindi ogni comune dal 22 maggio dello scorso anno avrebbe dovuto tradurre i parametri di misurazione utilizzando i nuovi parametri, tutto qui. Certo poi con il tempo, sarà utile e importante buttare a mare i vecchi parametri e utilizzare quelli nuovi e quindi individuare un coefficiente di adeguamento che consenta di trasformare i vecchi parametri con i nuovi cercando appunto di mantenere il più possibile invariato il carico urbanistico. Questo non si si resce però mai ad ottenere perchè comunque si andrà necessariamente per approssimazione. Utile sarà usare un apporoccio empirico e quindi esaminare varie costruzioni con tipologie e destinazioni diverse, calcolare la loro incidenza secondo i parametri in uso nel comune e quelli indicati nelle definizioni uniformi e individuare il coefficiente di conversione. Più casi verranno verificati, più preciso sarà il coefficiente di conversione da un parametro all’altro. Segnalo che è importante fare queste verifiche sia esaminando tipologie edilizie diverse (case a schiera, condomini, case isolate, con e senza interrato, ecc.) e destinazioni d’uso diverse perchè l’incidenza delle superfici accessorie variano notevolmente nel caso di destinazioni residenziali o commercialio artigianali, ecc.. In ogni caso, il coefficiente di adeguamento ccomporta comunque delle approssimazioni e non può nè mai potrà garagtire l”invarianza proprio perchè matemativa è un principio che non potrà essere garantito. Per questa ragione, in ogni caso, la modifica e l’eliminazione del vecchio sistema di misurazione e la sua sostituzione con quello nuovo, comporteranno sempre e comunque la necessità di accompagnare l’approvazione del nuovo regolamento edilizio con la correlata variante urbanistica che comporta l’edeguamento e l’utilizzo dei nuovi paraemtri uniformi.
Ciò detto, altre considerazioni potrebbero essere fatte sull’utilità di tutta questa operazione, in generale. L’obiettivo infatti è più che meritorio, ma lo si è fatto in modo inappropriato. Le definizioni date infatti, per poter essere concretamente utlizzate, necessitano di ulteriori specificazioni e ogni comune quindi , nella prassi, andrà a discilinare in modo più dettagliato molte delle definizioni. Così tra qualcheanno ci si ritroverà di nuovo con parametri dinuovo differenziati …. Spero di sbagliarmi!
penso che alla fine si approvino, semplicemente, le nuove definizioni uniformi, senza operare alcuna modifica agli indici di edificabilità delle varie zone del PI. In questo modo verrebbero eliminate tutte le tipologie di locali accessori non computate nei Regolamenti Edilizi vigenti, ma la quota di volumi utili rimarrebbe inalterata e, con essa, sostanzialmente anche il carico urbanistico effettivo
IN ALTERNATIVA PROROGA DELLA REGIONE
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Le considerfazione dell’ing. Stoppa io pensavo di tradurle in questi termini:
1) il Volume totale delle definizioni uniformi va verificato rispetto un indice complessivo
2) l’indice complessivo è formato dalla somma di 3 indici: quello oggi esisente (per il fuori terra); quello relativo ai locali interrati (in % sull’indice fuori terra) e quello relativo ai “Bonus” ( rispario energetico, rischio idraulico, portici, logge, anche questo in percentuale sull’indice fuori terra)
In questo modo non modifico il parametro con cui è stato calcolato il dimensionamento del PAT ma introduco altri due indici per calcolare i volumi prima non conteggiati.
Buon giorno, la questione in realtà è stata affrontata durante i vari convegni che sono stati organizzati a ridosso dell’approvazione della dgrv 669 dello scorso anno. La conclusione a cui ero arrivata è la seguente: il problema della invarianza è un falso problema per queste ragioni: 1. il legislartore nazionale (e anche quello regionale) aveva come obiettivo quello di tradurre gli indici usati in tutti i comuni dell’italia utilizzando parametri uniformi; questo per un semplice obiettivo, voleva stabilire un unico parametro che rendesse comparabili edifici in tutta italia e che quindi consentisse di stabilire che un edificio a Palermo e uno a Trento di 1000 mq di superficie complessiva avessero la stessa superficie. Tutto qui, si tratta di un semplice traduttore, come un vocabolario, nulla di più. Il problema dell’invarianza quindi veniva giustamente ricordato sia nella norma statale che in quella regionale, perchè la traduzione da una lingua a un’altra non prevede il cambiamento dei contentui ma solo l’uso di diversi vocaboli. Così quindi doveva accadere per la “traduzione” dei parametri in uso nei vari comuni a quelli uniformi indicati. Quindi ogni comune dal 22 maggio dello scorso anno avrebbe dovuto tradurre i parametri di misurazione utilizzando i nuovi parametri, tutto qui. Certo poi con il tempo, sarà utile e importante buttare a mare i vecchi parametri e utilizzare quelli nuovi e quindi individuare un coefficiente di adeguamento che consenta di trasformare i vecchi parametri con i nuovi cercando appunto di mantenere il più possibile invariato il carico urbanistico. Questo non si si resce però mai ad ottenere perchè comunque si andrà necessariamente per approssimazione. Utile sarà usare un apporoccio empirico e quindi esaminare varie costruzioni con tipologie e destinazioni diverse, calcolare la loro incidenza secondo i parametri in uso nel comune e quelli indicati nelle definizioni uniformi e individuare il coefficiente di conversione. Più casi verranno verificati, più preciso sarà il coefficiente di conversione da un parametro all’altro. Segnalo che è importante fare queste verifiche sia esaminando tipologie edilizie diverse (case a schiera, condomini, case isolate, con e senza interrato, ecc.) e destinazioni d’uso diverse perchè l’incidenza delle superfici accessorie variano notevolmente nel caso di destinazioni residenziali o commercialio artigianali, ecc.. In ogni caso, il coefficiente di adeguamento ccomporta comunque delle approssimazioni e non può nè mai potrà garagtire l”invarianza proprio perchè matemativa è un principio che non potrà essere garantito. Per questa ragione, in ogni caso, la modifica e l’eliminazione del vecchio sistema di misurazione e la sua sostituzione con quello nuovo, comporteranno sempre e comunque la necessità di accompagnare l’approvazione del nuovo regolamento edilizio con la correlata variante urbanistica che comporta l’edeguamento e l’utilizzo dei nuovi paraemtri uniformi.
Ciò detto, altre considerazioni potrebbero essere fatte sull’utilità di tutta questa operazione, in generale. L’obiettivo infatti è più che meritorio, ma lo si è fatto in modo inappropriato. Le definizioni date infatti, per poter essere concretamente utlizzate, necessitano di ulteriori specificazioni e ogni comune quindi , nella prassi, andrà a discilinare in modo più dettagliato molte delle definizioni. Così tra qualcheanno ci si ritroverà di nuovo con parametri dinuovo differenziati …. Spero di sbagliarmi!
penso che alla fine si approvino, semplicemente, le nuove definizioni uniformi, senza operare alcuna modifica agli indici di edificabilità delle varie zone del PI. In questo modo verrebbero eliminate tutte le tipologie di locali accessori non computate nei Regolamenti Edilizi vigenti, ma la quota di volumi utili rimarrebbe inalterata e, con essa, sostanzialmente anche il carico urbanistico effettivo
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