Riforma urbanistica del Piemonte: la Consulta non accetta deroghe e incentivi che si spingano oltre il d.m. 1444/1968, il PdC in deroga e le tolleranze di cantiere

05 Lug 2024
5 Luglio 2024

La Corte costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità di plurime norme di una legge piemontese in materia urbanistica, ponendo utili principi in materia. Nello specifico, sono state considerate illegittime le seguenti previsioni legislative del Piemonte.

  1. a) Il diritto di realizzare gli interventi previsti dal cd. secondo Piano Casa del Piemonte anche su immobili oggetto di condono. La Corte porta avanti così l’orientamento – non univoco e, bisogna dirlo, penalizzante per il privato – secondo cui gli immobili condonati restano figli di un dio minore, senza potersi dire pienamente legittimati.
  2. b) Il diritto a che alcuni interventi di aumento delle volumetrie possano superare i parametri edilizi e urbanistici previsti dagli strumenti urbanistici e possano comportare l’incremento o il decremento del numero di unità immobiliari sottoposte a ristrutturazione edilizia; superare le densità fondiarie stabilite dall’art. 7 d.m. 1444/1968; superare l’altezza massima consentita dagli strumenti urbanistici fino alla quantità necessaria per sopraelevare il fabbricato di un piano. La Corte ha riscontrato la violazione dei principi fondamentali nella materia del governo del territorio previsti dall’art. 41-quinquies 1150/1942, dal d.m. 1444/1968 e dall’art. 14, co. 1-bis d.P.R. 380/2001 (in materia di PdC in deroga).
  3. c) Il diritto, per gli edifici realizzati dopo l’entrata in vigore della legge regionale, di recuperare il sottotetto, decorsi tre anni dalla realizzazione o ad avvenuto perfezionamento delle pratiche di legittimazione. La disposizione in esame, aumentando in maniera esponenziale il numero degli interventi assentibili e coinvolgendo edifici di nuova costruzione, determina uno sviamento dalle specifiche finalità di contenimento del consumo di suolo e di impulso alla realizzazione di interventi tecnologici per la riduzione dei consumi energetici perseguite attraverso il recupero dei sottotetti.
  4. d) Il diritto di recuperare i sottotetti esistenti indipendentemente dagli indici o dai parametri urbanistici ed edilizi previsti dai PRG e dagli strumenti attuativi vigenti o adottati. Dall’art. 14 T.U. edilizia, avente a oggetto il PdC in deroga agli strumenti urbanistici, si desume il carattere eccezionale di tale permesso, che può essere rilasciato solo all’esito di un procedimento peculiare e sulla base di una valutazione concreta caso per caso degli interessi rilevanti nello specifico contesto.
  5. e) La ricomprensione, ai sensi dell’art. 32 T.U. edilizia, tra le variazioni essenziali al progetto approvato delle seguenti condizioni: mutamento della destinazione d’uso che implica incremento degli standard previsti dal d.m. 1444/1968 (anziché variazione degli standard); aumento in misura superiore al 30% della cubatura o della superficie di solaio (anziché aumento consistente); modifiche superiori al 20% dei parametri urbanistico-edilizi relativi all’altezza e alla superficie coperta del progetto approvato (anziché modifiche sostanziali).
  6. f) Il diritto, al fine di favorire l’utilizzo delle “zone comuni” negli edifici a destinazione residenziale, di realizzare sale per il fitness, aule ricreative, spazi per il tele-lavoro, nonché di sfruttare locali seminterrati per il ricovero di cicli, motocicli o mezzi di trasporto per disabili; nonché il diritto di recuperare a scopo abitativo i cosiddetti piani pilotis: soluzioni architettoniche con pilastri a vista, che sorreggono l’edificio e creano uno spazio coperto, libero da pareti. Tutto ciò, sia per scopi di rigenerazione di fabbricati già esistenti, sia per incentivare la realizzazione di tali spazi in edifici di nuova costruzione. Ancora una volta, la possibilità di effettuare gli interventi surriferiti in deroga ai piani regolatori non è rispettosa dei principi fondamentali di cui all’art. 41-quinquies 1150/1942, al d.m. 1444/1968 e all’art. 14 d.P.R. 380/2001.

Si segnala che, secondo la Consulta, l’art. 23-ter, co. 1 bis-quater d.P.R. 380/2001 (norme introdotte dal d.l. 69/2024, cd. decreto Salva Casa, non ancora convertito in legge), è volto ad ampliare condizioni e fattispecie per il mutamento della destinazione d’uso, senza modificare direttamente i presupposti della nozione di variazione essenziale. Tali previsioni, infatti, sono rispettivamente rivolte a consentire: il mutamento della destinazione d’uso della singola unità immobiliare senza opere all’interno della stessa categoria funzionale, il mutamento di destinazione d’uso senza opere tra determinate categorie funzionali di una singola unità immobiliare ubicata in edifici ricompresi in specifiche zone di cui all’art. 2 d.m. 1444/1968, il mutamento di destinazione d’uso per singole unità immobiliari finalizzato a determinate forme di utilizzo.

La Corte ha altresì affermato che la disciplina sulle tolleranze costruttive delineata dall’art. 34-bis T.U. edilizia (disposizione anch’essa da ultimo significativamente novellata dal d.l. 69/2024) definisce il profilo delle difformità rilevanti, in una prospettiva che non può non essere omogenea sull’intero territorio nazionale, anche con riguardo ai limiti individuati dal d.P.R. 380/2001 come punto di equilibrio.

Si ringraziano sentitamente Daniele Iselle e l’ing. Mauro Federici per la segnalazione.

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1 reply
  1. Anonimo says:

    sul punto 1)a- nemmeno il Dl 69/2024, parla che lo stato legittimo(art. 9-bis) sia pure il condono, a dirla tutta.

    Rispondi

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