Incostituzionale non attribuire anche al convivente di fatto i diritti nascenti da un’impresa familiare
La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 230-bis, co. 3 c.c., nella parte in cui non prevede come familiare – ai fini dei diritti a lui riconosciuti nell’ambito di un’impresa familiare – anche il convivente di fatto e come impresa familiare quella cui collabora anche il convivente di fatto; per l’effetto, è stata dichiarata, in via consequenziale, l’illegittimità costituzionale dell’art. 230-ter c.c.
Tali norme violavano il diritto fondamentale al lavoro (artt. 4 e 35 Cost.) e alla giusta retribuzione (art. 36, co. 1 Cost.), in un contesto di formazione sociale, quale è la famiglia di fatto (art. 2 Cost.). Anche l’art. 3 Cost. risultava violato, per la contraddittorietà logica dell’esclusione del convivente dalla previsione di una norma posta a tutela del diritto al lavoro che va riconosciuto quale strumento di realizzazione della dignità di ogni persona, sia come singolo che quale componente della comunità, a partire da quella familiare (ancora, art. 2 Cost.).
Post di Alberto Antico – avvocato
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