Quando un rudere può essere soggetto a ristrutturazione?

03 Ott 2014
3 Ottobre 2014

La Cassazione penale ritiene che, salva la speciale disciplina per gli immobili siti in zona vincolata, un rudere può essere oggetto di ristrutturazione, e dunque realizzato tramite S.C.I.A, solo se è dotato di elementi strutturali che ne indicano la struttura preesistente.

Lo dice la sez. III, con la sentenza del 30 settembre 2014 n. 4034).  In caso contrario l’intervento edilizio sarà considerato una nuova costruzione e soggetto a Permesso di Costruire: “4. Va allora ricordato che, per quanto qui interessa, il c.d. "decreto del fare" ha novellato la lett. d), dell'art. 3 e la lett. c) dell'art. 10 T.U., ricomprendendo tra gli interventi di ristrutturazione c.d. "leggera" (soggetti perciò a Scia) non solo quelli "consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria (non più anche con la stessa "sagoma" n.d.r.) di quello preesistente..." ma anche quelli "... volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza", rimanendo fermo che "con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell'edificio preesistente".

È di tutta evidenza come il legislatore sia intervenuto su due tipologie di interventi ossia, da un lato, sugli interventi di (contestuale) demolizione e ricostruzione di edifici (già contemplata dall'art. 3 T.U.E.), per i quali non è più richiesto, sempre che l'intervento non ricada in zona vincolata, il rispetto della sagoma e, dall'altro, sugli interventi di ripristino di edifici (già) eventualmente crollati o demoliti (c.d. ruderi), i quali parimenti rientrano ora nella categoria della ristrutturazione edilizia, senza perciò la necessità che l'intervento richieda il rilascio del permesso di costruire, a condizione però che sia possibile accertarne la preesistente consistenza, accertamento necessario per la determinazione della volumetria (che il fabbricato ripristinato dovrà comunque rispettare), e all'ulteriore condizione, qualora l'intervento di ristrutturazione edilizia ricada in zona vincolata, che sia rispettata la medesima sagoma dell'edificio preesistente.

Nel caso di specie, l'intervento edilizio, pur qualificandolo come intervento di ristrutturazione, era tenuto, ricadendo in zona vincolata, al rispetto della sagoma e soprattutto, a prescindere dall'esistenza del vincolo, si sarebbe dovuta accertare la preesistente consistenza di esso, circostanza esclusa, con congrua motivazione nel giudizio di merito, perché, anche in assenza di mappe catastali e di rilievi aereo fotogrammetrici (e da ciò la Corte territoriale ha tratto il logico convincimento che si trattasse di una nuova costruzione e neppure di una ristrutturazione), non è stata rilevata la preesistenza di un fabbricato (o parte di esso) da ristrutturare, inteso quale organismo edilizio dotato delle mura perimetrali, delle strutture orizzontali e della copertura, dovendo la consistenza, ai fini della disposizione in esame, essere rappresentata dalla presenza dei connotati essenziali di un edificio (pareti, solai e tetto), in modo che possa esserne determinata la volumetria, ovvero che essa possa essere oggettivamente desunta da apposita documentazione storica o attraverso una verifica dimensionale in sito, con la conseguenza che, in caso contrario, non è applicabile l'art. 3 comma 1 lett. d) d.P.R. 380 del 2001, come novellato dalla legge n. 98 del 2013.

Ne deriva che l'art. 30 del d.l. 21 giugno 2013, n. 69 (c.d. "decreto del fare"), convertito con legge 9 agosto 2013, n. 98 ha mantenuto fermo il principio che costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati al permesso di costruire gli interventi di ristrutturazione edilizia che comportino un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, un aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, dei prospetti e delle superfici ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino un mutamento della destinazione d'uso ed ha consentito, ricomprendendoli nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia soggetti perciò a Scia, sia le opere consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria (non più anche con la stessa sagoma) del manufatto preesistente e sia gli interventi di ristrutturazione volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione ma non ha sottratto, in tale caso, al regime del permesso di costruire le opere delle quali non sia possibile accertare la preesistente consistenza, fermo restando che se l'intervento è eseguito in zona vincolata deve, in ogni caso, essere anche rispettata la medesima sagoma dell'edificio preesistente tanto per gli interventi di demolizione e ricostruzione quanto per quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione”.

dott. Matteo Acquasaliente

Corte di Cassazione n. 40342 del 2014

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