Note sulla decadenza del permesso di costruire

17 Set 2012
17 Settembre 2012

L’art. 15 del D.P.R. 06 giugno 2001 n. 380 (c.d. T.U. sull’edilizia) recita: “1. Nel permesso di costruire sono indicati i termini di inizio e di ultimazione dei lavori.

2. Il termine per l’inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo; quello di ultimazione, entro il quale l’opera deve essere completata non può superare i tre anni dall’inizio dei lavori. Entrambi i termini possono essere prorogati, con provvedimento motivato, per fatti sopravvenuti estranei alla volontà del titolare del permesso. Decorsi tali termini il permesso decade di diritto per la parte non eseguita, tranne che, anteriormente alla scadenza venga richiesta una proroga. La proroga può essere accordata, con provvedimento motivato, esclusivamente in considerazione della mole dell'opera da realizzare o delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive, ovvero quando si tratti di opere pubbliche il cui finanziamento sia previsto in più esercizi finanziari.

3. La realizzazione della parte dell'intervento non ultimata nel termine stabilito è subordinata al rilascio di nuovo permesso per le opere ancora da eseguire, salvo che le stesse non rientrino tra quelle realizzabili mediante denuncia di inizio attività ai sensi dell’articolo 22. Si procede altresì, ove necessario, al ricalcolo del contributo di costruzione.

4. Il permesso decade con l’entrata in vigore di contrastanti previsioni urbanistiche, salvo che i lavori siano già iniziati e vengano completati entro il termine di tre anni dalla data di inizio”.

In passato era dibattuta la natura della decadenza del titolo edilizio correlata all’inattività dell’interessato: operava automaticamente o era necessario un provvedimento amministrativo espresso?

Parte della giurisprudenza riteneva che “La decadenza della concessione edilizia per mancato inizio ed ultimazione dei lavori non è automatica e, pertanto, tale decadenza deve essere necessariamente dichiarata, ai sensi dell'art. 31, l. n. 1150 del 1942, con apposito provvedimento, nei cui riguardi il privato non vanta che una posizione giuridica di interesse legittimo, sicché non è configurabile nella specie un giudizio d'accertamento” (T.A.R. Abruzzo, Pescara, 28.06.2002, n. 595) e che “affinché la concessione edilizia perda, per decadenza, la propria efficacia ex art. 31 l. n. 1150 del 1942, occorre un atto formale dell'amministrazione che renda operanti gli effetti della decadenza accertata” (Cons. Stato, sez. V, 26.06.2000, n. 3612), con la conseguenza che “è necessaria l'adozione di un atto dell'amministrazione che, accertata la sussistenza dei presupposti della decadenza, renda operativa la perdita di efficacia della concessione edilizia” (Cons. Stato, sez. V, 15.06.1998, n. 834).

L’orientamento maggioritario riteneva invece che: “La decadenza della concessione edilizia per mancata osservanza del termine di inizio dei lavori opera di diritto, con la conseguenza che il provvedimento, ove adottato, ha carattere meramente dichiarativo di un effetto verificatosi "ex se" con l'inutile decorso del termine. Segue da ciò che: a) l'eventuale provvedimento di decadenza è sufficientemente motivato con richiamo al termine ultimo previsto per l'inizio dei lavori, senza che sia necessaria una comparazione tra l'interesse del privato e quello pubblico, essendo quest'ultimo "ope legis" prevalente sul primo; b) non è necessaria la comunicazione di avvio del procedimento, essendo la decadenza un effetto "ipso iure" del mancato inizio dei lavori e non residuando all'amministrazione alcun margine per valutazioni di ordine discrezionale” (T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 28.06.2005, n. 5370).

Attualmente la prevalente giurisprudenza ritiene che la decadenza del premesso di costruire operi ipso jure, cioè in assenza di un provvedimento espresso in quanto “la decadenza della concessione edilizia per mancata osservanza del termine di inizio dei lavori operava di diritto e che il provvedimento pronunciante la decadenza, ove adottato, aveva carattere meramente dichiarativo di un effetto “ex se”, in via diretta, con l’infruttuoso decorso del termine prefissato” (Cons. Stato, sez. IV, 18.05.2012, n. 2915). Anche il T.A.R. Marche, Ancona, 28.12.2009, n. 1475 afferma lo stesso principio: “, contrariamente a quanto dedotto dalla difesa della società concessionaria, la decadenza deve essere dichiarata mediante un provvedimento formale, avendo la stessa natura dichiarativa”.

In realtà non mancano alcune pronunce di segno contrario: il Consiglio di Stato, sez. V, 12.05.2011, n. 2821 reputa che “la perdita di efficacia della concessione edilizia per mancato inizio o ultimazione dei lavori nei termini prescritti deve essere accertata e dichiarata con formale provvedimento dell'Amministrazione, anche ai fini del necessario contraddittorio con il privato circa l'esistenza dei presupposti di fatto e di diritto che legittimano la declaratoria di decadenza”.

Recentemente il T.A.R. Veneto ha affermato la decadenza automatica del permesso di costruire per mancato inizio dei lavori entro l’anno in assenza di proroga anche con riferimento all’ampliamento previsto dall’art. 9, comma 6, della L. R. 08 luglio 2009 n. 14 (c.d. Piano Casa) sancendo la “decadenza del permesso di costruire, dichiarata per mancato inizio dei lavori entro l’anno” (T.A.R. Veneto, Venezia, 01.03.2011, n. 361).

Il Consiglio di Stato ritiene che la pronuncia di “decadenza del permesso di costruire è per certo  espressione di un potere strettamente vincolato; ha una natura ricognitiva, perché accerta il venir meno degli effetti del titolo edilizio in conseguenza dell'inerzia del titolare, ovvero della sopravvenienza di una nuova e diversa strumentazione edilizia e assume pertanto decorrenza ex tunc; inoltre il termine di durata del titolo edilizio non può mai intendersi automaticamente sospeso, essendo al contrario sempre necessaria, a tal fine, la presentazione di una formale istanza di proroga, cui deve comunque seguire un provvedimento da parte della stessa Amministrazione che ha rilasciato il titolo edilizio e che accerti l'impossibilità del rispetto del termine ab origine fissato, e solamente nei casi in cui possa ritenersi sopravvenuto un factum principis, ovvero l'insorgenza di una causa di forza maggiore” (Cons. Stato, sez. IV, 18.05.2012, n. 2915).

Con riferimento alla proroga il T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 22.05.2012, n. 874 chiarisce che: “il superamento del termine massimo previsto per l'ultimazione dei lavori è giustificato in presenza di un «factum principiss» o di forza maggiore, ossia di atti d'autorità provenienti (anche) dalla stessa Amministrazione che ha rilasciato il titolo o di fatti sopravvenuti non imputabili al concessionario; per essere ritenuti ammissibili, le ipotesi di sospensione o proroga connesse a «factum principiss» o a forza maggiore debbono, tuttavia, risultare non riferibili alla condotta del titolare della concessione o comunque della situazione di vantaggio. L'evento interruttivo è, infatti, imputabile al titolare del diritto nelle ipotesi in cui non si è di fronte a fatti che sfuggono con carattere di non eludibilità al suo controllo”.

Corollario di ciò è che se il soggetto richiedente il permesso di costruire presenta una istanza di proroga conforme ai requisiti previsti dall’art. 15 del T.U. dell’edilizia, l’Amministrazione deve adottare un provvedimento ad hoc in cui accerti la presenza dei requisiti legali richiesti: tale provvedimento quindi non ha natura dichiarativa ma costitutiva.

Alla luce di quanto detto si può affermare che se il soggetto richiedente il permesso di costruire - decorso il termine di ultimazione dei lavori ed in assenza di istanza di proroga - sia rimasto inerte l’Amministrazione non ha l’onere di notificare all’interessato un provvedimento che dichiari la sua decadenza; al contrario in caso di istanza di proroga l’Amministrazione ha l’obbligo di adottare un provvedimento espresso che accerti (o non accerti) la presenza dei requisiti richiesti.

dott. Matteo Acquasaliente

T.A.R. Veneto. Venezia, 01.03.2011, n. 361

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