Il processo amministrativo col “Rito pandemico”

30 Ott 2020
30 Ottobre 2020

Pubblichiamo una nota dell'avv. Alessandra Piola sul processo amministrativo in tempo di emergenza sanitaria, come disciplinato dal decreto legge n. 137 del 2020.

In pratica l'udienza con la presenza fisica dell'avvocato in tribunale non si può più celebrare: a mio giudizio, a questo punto sarebbe davvero giunto il momento di cambiare radicalmente il processo amministrativo.

Magari sarò noioso a ripetere concetti già detti, ma il processo amministrativo si è ridotto a un rito semisegreto nel quale l'avvocato  presenta alcuni atti scritti a un collegio, perlopiù non ha la più pallida idea di cosa pensi quel collegio e poi spera in Dio che gli vada bene.

A mio giudizio sarebbe fondamentale, per garantire un vero contradittorio (peraltro prescritto dall'articolo 111 della Costituzione), che il collegio dicesse esplicitamente agli avvocati cosa ha pensato leggendo le carte e come è orientato a decidere, in modo che essi possano proporre osservazioni e argomentazioni sulle questioni rilevanti in concreto, alla luce dell'orientamento del collegio (e non a caso), e il collegio possa arrivare a una decisione finale maggiormente ponderata.

A quel punto il collegio potrebbe confermare la prima soluzione oppure anche cambiare idea.

Ovviamente, se è necessario (come in questo periodo di emergenza sanitaria), tutto questo si potrebbe fare anche per iscritto, ma perlomeno l'avvocato saprebbe di quale questioni ha senso scrivere qualcosa e non brancolerebbe nel buio processuale.

Finora, invece, ha dominato l'idea che il contraddittorio sia un affare che riguarda il ricorrente e il resistente: si svolge sì davanti al giudice, ma a un giudice muto, come una Sfinge che tutto vede, ma non si sa cosa pensi.

Ma non è scritto nelle stelle che questo sia e debba essere per l'eternità il vero contraddittorio: a me sembra che sarebbe molto più proficuo un contraddittorio che coinvolga il soggetto che poi decide.

Attualmente, infatti, il contradditorio è una sorta di rappresentazione teatrale abbastanza strana, nella quale gli avvocati parlano di vari argomenti casuali, sperando di indovinarne uno che interessi al giudice, con particolare attenzione alle smorfie del volto del giudice per trarne spunti dialettici, come gli aruspici dell'antica Roma facevano con i loro oggetti per trarne presagi.    

E, nonostante l'evidente inefficienza del sistema, alla maggior parte degli operatori del diritto sembra che sia "normale" così: credo che si tratti del consueto fenomeno del rassegnato ossequio alle tradizioni, anche quando non sono buone tradizioni.

E' utile ricordare cosa dice l'art. 111 della Costituzione:

"La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge.
Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata.
Nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel più breve tempo possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell’accusa a suo carico; disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa; abbia la facoltà, davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l’interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell’accusa e l’acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore; sia assistita da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo.
Il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova. La colpevolezza dell’imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all’interrogatorio da parte dell’imputato o del suo difensore.
La legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell’imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita.
Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati.
Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge. Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei tribunali militari in tempo di guerra.
Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso in Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione".

Quello che ho proposto sopra sarebbe sicuramente un giusto processo nel contraddittorio delle parti.

I riti che si usano attualmente a mio parere rappresentano, invece, una concezione arcaica e molto poco pratica e funzionale della giustizia amministrativa.

Post di Dario Meneguzzo - avvocato

Il processo amministrativo col decreto legge 137 del 2020

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