Disposizioni attuative e operative per lo svolgimento dell’attività di fattoria didattica

16 Set 2014
16 Settembre 2014

Si segnala che sul  Burv n. 89  del 12/09/2014 è stato pubblicato il seguente provvedimento:

Deliberazione della Giunta Regionale n. 1582 del 26 agosto 2014

Disciplina delle attività turistiche connesse al settore primario. Disposizioni attuative e operative per lo svolgimento dell'attività di fattoria didattica. Deliberazione della Giunta Regionale n. 70/2003, n. 71/2003 e n. 1205/2012. Legge regionale 10 agosto 2012, n. 28 e legge regionale 24 dicembre 2013, n. 35. 

Indicazioni sulle modalità applicative della disciplina in materia di Autorizzazioni integrate ambientali

15 Set 2014
15 Settembre 2014

Si segnala che sul  Burv n. 89  del 12/09/2014 è stato pubblicato il seguente provvedimento:

Deliberazione della Giunta Regionale n. 1633 del 09 settembre 2014

D.lgs. 04 marzo 2014, n. 46 - Attuazione della direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento).

Indicazioni sulle modalità applicative della disciplina in materia di Autorizzazioni integrate ambientali recata dal Titolo III-bis, alla Parte II, del D.lgs. n. 152/2006 a seguito delle modifiche introdotte dal D.lgs. 04.03.2014, n. 46, nelle more dell'adozione di una circolare ministeriale.

Non è dovuto il contributo di costruzione per i parcheggi obbligatori

15 Set 2014
15 Settembre 2014

Il T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, nella sentenza del 04 settembre 2014 n. 1399 conferma che i c.d. parcheggi obbligatori ad uso privato sono esenti dal pagamento degli oneri di urbanizzazione e che il vincolo da cui derivano deve essere adeguatamente trascritto nelle forme previste dalla legge: “Premesso che la società ricorrente contesta la determinazione assunta dal comune di Vibo Valentia, di liquidare gli oneri concessori afferenti ad un intervento edilizio da realizzarsi, computando pure i volumi destinati a parcheggi obbligatori;

Ritenuto che i volumi destinati a parcheggi obbligatori ad uso privato di cui all’art. 41 sexies L. 17 agosto 1942 n. 1150, legati all’immobile principale da un nesso di inscindibilità in forza del quale di essi non possa disporsi separatamente, non sono assoggettabili al contributo commisurato al costo di costruzione (cfr. Cons. Stato, 28 novembre 2012 n. 6033);

Considerato che il rapporto tra superficie delle aree destinate a parcheggio e volumetria del fabbricato, così come richiesto dal citato art. 41 sexies, è verificato dalla P.A. e costituisce condizione essenziale per il rilascio del titolo edilizio, di modo che la rimozione del vincolo pertinenziale non può avvenire a piacimento del proprietario, ma soltanto attraverso una concessione in variante che lo trasferisca su altre zone riconosciute idonee (cfr. Cass. civ., Sez. II, 14 novembre 2000 n. 14731);

Precisato, tuttavia, che il vincolo così costituito dev’essere poi effettivamente trascritto nelle forme dovute (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 2 dicembre 2002 n. 11019);

Ritenuto, pertanto, alla stregua di quanto sopra, che le aree gravate da vincolo di destinazione a parcheggio ai sensi dell’art. 41 sexies L. 17 agosto 1942 n. 1150 sulla base del titolo edificatorio non sono assoggettabili al contributo commisurato al costo di costruzione e che, comunque, la P.A. ha titolo per pretendere, in relazione ad esse, la trascrizione del vincolo nelle forme di legge, anche in danno del privato resosi inadempiente”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Catanzaro n. 1399 del 2014

L’occupazione d’urgenza non necessità della comunicazione di avvio del procedimento

15 Set 2014
15 Settembre 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. I, nella sentenza del 11 settembre 2014 n. 1199 conferma che il provvedimento di occupazione d’urgenza non necessita della comunicazione di avvio del procedimento in quanto: “Palesemente infondata appare, inoltre, l’affermazione in base alla quale il decreto d’occupazione sarebbe dovuto essere proceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, considerato che detta comunicazione è stata inoltrata alla ricorrente con nota in data 1.02.2002, alla quale hanno fatto seguito le comunicazioni aventi ad oggetto le successive fasi del procedimento, tra cui la nota in data 20.10.2002 con la quale veniva notificato il decreto d’occupazione d’urgenza n. 347.

Né può porsi un problema di garanzie procedimentali proprie del decreto d’occupazione d’urgenza, avendo la giurisprudenza definitivamente chiarito che tale provvedimento è “atto di mera attuazione del provvedimento dichiarativo della pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei lavori, con la conseguenza che le garanzie procedimentali relative alla partecipazione sono proprie solo di quest’ultimo” (cfr., ex multis, Cons. St., sez. V, 26.09.2013, n. 4766)”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 1199 del 2014

L’offerta prossima allo zero va esclusa

15 Set 2014
15 Settembre 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. I, nella sentenza del 11 settembre 2014 n. 1200 conferma che un’offerta simile allo zero deve essere esclusa perché: “Orbene, con riferimento al servizio di accettazione amministrativa l’odierna controinteressata ha proposto un prezzo pari ad € 0.01, ossia un prezzo meramente simbolico che non consente nella sua valenza quasi infinitesimale, se non addirittura inesistente, di attribuire ad esso un punteggio (nel caso di specie quello massimo di 12 punti) che possa essere ragionevolmente rapportato al valore concretamente indicato.

In altri termini, l’indicazione di un prezzo prossimo allo zero in relazione ad uno dei servizi oggetto di gara, oltre a vanificare completamente la valenza delle altre offerte formulate, che in relazione a tale servizio non hanno potuto far altro che conseguire, in via del tutto anomala, un punteggio quasi inesistente, si traduce in un’offerta completamente viziata sotto il profilo strutturale, ossia in un’offerta inammissibile per mancanza di uno dei suoi elementi essenziali come riportati nella lex specialis di gara, indipendentemente dal peso ponderale che ad essi viene attribuito in sede di valutazione dell’offerta economica”.

Dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 1200 del 2014

Convegno : La “microassicurazione” realtà e prospettive regolatorie

15 Set 2014
15 Settembre 2014

Segnaliamo il convegno sulla “microassicurazione”: realtà e prospettive regolatorie, che si terrà a Verona il 24 ottobre 2014, come da avviso allegato

MANIFESTO VERONA 24 ottobre 2014

 

Lo spunto del sabato: chi salverà l’uomo dalla Legalità?

13 Set 2014
13 Settembre 2014

Nello spunto del sabato della settimana scorsa citavo l'esegeta biblico  padre Alberto Maggi dei Servi di Maria.

Questa settimana ritengo interessante proporre alcuni passi tratti dalla registrazione di una sua conferenza, relativa al commento del Vangelo di Matteo, 20, 17-28, rilevando che la mentalità legalista e farisaica è una caratteristica di coloro che  detengono il potere (i "padroni della Legalità"), che si perpetua nel corso dei secoli, sempre con le stesse caratteristiche essenziali :

"Ma ecco la finale di questo versetto: dando la sua vita in riscatto per molti. Gesù si rifà al termine riscatto che era una pratica conosciuta nel mondo giudaico. Cosa si intendeva per riscatto? Quando una persona veniva ridotta in schiavitù. Come? Si poteva essere ridotti in schiavitù in caso di debiti, si veniva ridotti in schiavitù in caso di guerre quando si veniva presi prigionieri. Ebbene il parente più stretto aveva l’obbligo di pagare la somma per liberare la persona resa schiava. Quindi per riscatto si intende la cifra da pagare per liberare una persona dalla schiavitù. Allora dice Gesù che lui non è venuto per essere servito. Quindi servire il Signore è inutile perché il Signore non vuole essere servito. Noi non siamo i servi di Dio, ma siamo i figli di Dio. Ci serviremo noi gli uni gli altri liberamente, ma non il servizio verso Dio. Ma per servire, dando la sua vita... Gesù tutta la sua esistenza la dà in riscatto per molti. Cioè Gesù paga una cifra per liberare una moltitudine. Ma da che cos’è che Gesù dà la sua vita in riscatto? Qual’è questo riscatto che qui non sembra venire espresso chiaramente? Ebbene il riscatto di Gesù è finalizzato a liberare gli uomini dalla schiavitù più tremenda, la schiavitù in nome di Dio. Da una persona ti puoi liberare, ma da Dio non ti liberi. La schiavitù in nome di Dio si chiamava: legge. Gesù è venuto a liberare gli uomini dalla schiavitù della legge, da un rapporto con Dio basato sull’obbedienza della legge che impediva gran parte delle persone di sperimentare l’amore di Dio, perché quando c’è la legge molte persone sentono di non poterla osservare, molte persone non la vogliono osservare, perché se osservano questa legge ne va della loro felicità. Allora gran parte dell’umanità è esclusa dall’amore di Dio, l’amore di Dio è riservato per un gruppo di eletti, per quelli che possono osservare tutte le osservanze della legge. Ma quelli che non possono e quelli che non vogliono, sono una massa dannata. Allora Gesù è venuto a liberare gli uomini da un rapporto con Dio basato sull’obbedienza della legge. Ecco perché nel vocabolario di Gesù il verbo obbedire non appare mai. Mai Gesù chiede di obbedire a Dio, mai Gesù chiede di obbedire a sé stesso, figuratevi se chiede di obbedire a qualcuno! Il termine obbedire c’è 5 volte nei vangeli, ma sempre rivolto a elementi e potenze ostili all’uomo: il mare in tempesta, il vento ostile, il gelso che deve obbedire per essere sradicato.... Gesù non invita all’obbedienza. L’obbedienza mantiene le persone in uno stadio infantile e Gesù non ha bisogno di persone infantili, Gesù ha bisogno di persone mature. L’obbedienzaderesponsabilizza la persona. Ricordiamoci sempre che i crimini più grandi della storia dell’umanità sono stati compiuti da chi? Da persone che hanno obbedito, non dai disobbedienti, perché quando una persona obbedisce non mette in circolo la propria coscienza, diventa un semplice esecutore degli ordini e le persone che obbediscono sono pericolose, perché? Perché sono capaci di qualunque atrocità. Allora Gesù non invita ad obbedire a Dio, non invita ad obbedire alla legge, ma invita ad assomigliare a Dio. Mentre la religione con l’obbedienza ti mantiene in una condizione infantile, la somiglianza della pratica dell’amore, ti fa crescere, ti matura e ti fa vivere pienamente. Quindi il riscatto di Gesù è finalizzato a liberare gli uomini dalla schiavitù dalla legge che rende impossibile la comunione con Dio. Ed è S. Paolo che nella lettera ai Galati formula in maniera straordinaria questa profonda verità teologica. Cristo ci ha riscattati dalla (è tremendo quello che dice Paolo) maledizione della legge. La legge che era ritenuta la volontà di Dio, la legge che era ritenuta la parola di Dio, Paolo dice: la maledizione della legge! La legge non esprimeva la volontà di Dio era una  invenzione della casta sacerdotale per dominare il popolo, per i propri interessi. Già il profeta Geremia 8,8 l’aveva denunciato: quale legge? Quale legge? Quella scritta dalla penna menzognera degli scribi! Era la casta sacerdotale al potere che per estendere il proprio dominio sulle persone aveva deturpato, deformato e prostituito l’immagine di Dio. Perché questo? Vedete, come fa un uomo a farsi obbedire? Un re ha il suo esercito e mette paura, un potente ha le sue guardie, ma un sacerdote come fa a farsi obbedire, tra l’altro imponendo delle dottrine che non hanno alcuna parvenza di logica? Qual’è il potere che ha il sacerdote? È il potere di Dio, perché obbedire al sacerdote significa obbedire a Dio. Allora questo Dio deve mettere paura, questo Dio deve terrorizzare, deve essere un Dio che è capace, come c’è scritto nella legge, di castigare la colpa dei padri nei figli fino alla terza, quarta generazione. Una vendetta spietata! Quindi Dio, la legge, veniva imposta attraverso il terrorismo religioso e ne vedremo domani degli esempi. Gesù Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge diventando lui stesso maledizione per noi. Gesù è due volte maledetto. E’ maledetto perché non ha osservato la legge di Dio ed è maledetto perché ha fatto la fine dei maledetti da Dio. Gesù non ha soltanto insegnato un nuovo rapporto con Dio, lo ha praticato e nella pratica Gesù ha ignorato la legge. Come ha fatto? Violando sistematicamente un comandamento la cui osservanza equivaleva l’osservanza di tutti i comandamenti. Qual’è il comandamento? Il sabato. I rabbini che amavano le statistiche si chiedevano: qual’è il comandamento che anche Dio osserva? Il comandamento che anche Dio osserva è il riposo del sabato. Allora il comandamento del sabato equivaleva al rispetto di tutta la legge, la trasgressione del sabato equivaleva alla trasgressione di tutta la legge e per questo era prevista la pena di  morte. Ebbene Gesù sistematicamente viola il sabato (e non c’era bisogno certe volte di farlo, avrebbe potuto attendere benissimo il giorno dopo) per dimostrare la falsità di una legge contrabbandata come volontà di Dio, quando invece non era espressione di Dio, ma erano invenzioni degli uomini come sentiremo domani nel brano che poi faremo. Gesù libera le persone dalla legge violandola, trasgredendola. Quindi ci ha riscattati dalla maledizione della legge diventando lui stesso maledizione per noi come sta scritto: maledetto chi è appeso al legno. Questo riscatto ad opera di Gesù, permette qualcosa di straordinario, permette finalmente agli uomini di scoprire l’immensa dignità alla quale il creatore li aveva destinati. Infatti, continua Paolo, quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo figlio nato da donna e nato sotto la legge (sono due termini negativi) per riscattare, liberare, quelli che erano sotto la legge, perché? Perché ricevessimo l’adozione a figli. Ecco qual’è il progetto di Dio sull’umanità e che la legge invece impediva di conoscere: l’adozione a figli. Perché l’evangelista e Paolo parlano di adozione? L’adozione alla quale si riferisce, essendo l’adozione di un potente di Dio, non è il senso comune dell’adozione, cioè l’accoglienza di un bambino nel seno della famiglia. Per adozione si intendeva quella pratica comune nell’antichità con la quale l’imperatore o il re, quando si sentiva ormai al termine della sua esistenza, non lasciava mai il suo regno, il suo l’impero a uno dei figli, ma sceglieva tra i generali e tra gli ufficiali quello che vedeva più capace di portare avanti, prolungando il suo impero, il suo regno e questa persona veniva adottata a figlio suo. Essere adottati quindi significa essere talmente stimati da essere creduti di essere capaci di portare avanti la stessa azione di colui che adotta. Allora Paolo e Gesù stanno dicendo qualcosa di straordinario. Il Dio della religione è sempre il Dio nauseato delle persone, è sempre il Dio disgustato, il Dio pronto a minacciare castighi. Il Padre di Gesù invece è un Padre talmente innamorato degli uomini, un Padre che stima talmente le persone che dice, io vi chiamo cosa?: ad essere miei figli adottivi, perchè? Vi vedo capaci di prolungare la mia azione creatrice. Dio è il creatore e ha bisogno della nostra collaborazione per continuare a creare (lo vedremo domenica mattina quando esamineremo il cap. 5 del vangelo di Giovanni). Questo è quello a cui ci chiama Gesù. Allora per questa sera possiamo concludere qui con questa immagine di liberazione di Gesù dal mondo della legge. Con la legge Gesù libera dal peccato, non nel senso che non commettiamo più peccati, ma dal peccato come era stato inventato dalla religione, cioè come trasgressione della legge. Una persona che ragiona con il buon senso e che non sia stata rincretinita dalla religione, non arriverebbe mai a credere che determinati comportamenti siano peccato, comportamenti normali che fanno parte della vita quotidiana. Nessuna persona penserebbe che sono peccati! Perché è peccato? Perché c’è scritto nella bibbia, perché c’è scritto così, perché è la legge di Dio. Allora Gesù libera dal peccato inteso come trasgressione della legge. E vedremo domani mattina quale sarà il vero senso del peccato. Cosa si intende che Gesù libera dal peccato inteso come trasgressione della legge? Prendiamo solo un es. dal libro dei numeri scrive l’autore al cap. 15 v. 32: mentre i figli d’Israele erano nel deserto trovarono un uomo che raccoglieva legna in giorno di sabato. Raccoglie legna in giorno di sabato, non la ruba al vicino, la raccoglie per cucinare, per riscaldarsi...Quelli che lo avevano trovato a raccogliere legna lo portarono da Mosè, da Aronne etc. Il Signore disse a Mosè: quest’uomo deve essere messo a morte, tutta la comunità lo lapiderà fuori del campo. Tutta la comunità lo condusse fuori del campo e lo lapidò e quello morì secondo l’ordine che il Signore aveva dato a Mosè. Si può ammazzare una persona perché raccoglie della legna? Nessuna persona che ragioni col proprio cervello dice di sì! Non si può ammazzare una persona perché ha raccolto la legna. Ma quel giorno era sabato! Beh, allora se era sabato, si può ammazzare! Vedete, la legge è contro natura, è contro il buon senso, viola, stupra l’intelligenza delle persone e allora deve essere imposta con il terrore, con la paura. Vedremo in questi giorni molti di questi esempi. Allora la gente vivendo questo atteggiamento per cui tutto era peccato, bastava un niente che già ti trovavi nella categoria del peccato che nel mondo ebraico era quella dell’impurità. E allora gli uomini non riuscivano mai a sentire la pienezza dell’amore di Dio, perché per quanto cercassero di comportarsi bene, anche le normali attività fisiologiche, la stessa vita sessuale ti rendeva impuro agli occhi del Signore. Gesù ci ha liberati da tutto questo. Il peccato con Gesù non riguarda la trasgressione di una legge, perché la legge non rappresenta in alcun modo la volontà di Dio. Il peccato, è il male che volontariamente si fa nei confronti degli altri. Nell’elenco delle 12 azioni che Gesù definisce peccato nessuna riguarda Dio, nessuna riguarda l’atteggiamento del culto, nessuna riguarda l’atteggiamento spirituale. Il peccato è il male che si fa agli altri, e questo sì che può essere evitato".

Dedicato a chi, anche senza rendersene conto, attribuisce alle leggi un valore "divino", più importante della vita di un uomo.

Dedicato anche alla memoria di Davide Bifolco, di anni 17, ucciso per avere violato una legge.

Dario Meneguzzo

Spetta al Ministero aggiornare le tariffe di ormeggio nei porti

12 Set 2014
12 Settembre 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. I, nella sentenza del 10 settembre 2014 n. 1194 si occupa dell’aggiornamento delle tariffe di ormeggio nel porto di Venezia statuendo la competenza esclusiva del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Capitaneria di Porto di Venezia, a scapito dell’Autorità portuale veneziana: “6.1. L’art. 14, comma 1-bis, della legge n. 84/94 – introdotto dall’art. 2, D.L. 21 ottobre 1996, n. 535 e successivamente modificato (con l’aggiunta dei primi tre periodi) dall’art. 1 della legge 30 giugno 2000 n. 186 (Modifiche alla L. 28 gennaio 1994, n. 84, in materia di operazioni portuali e di fornitura del lavoro portuale temporaneo) –, nel disciplinare le competenze dell’autorità marittima, stabilisce la natura di servizi di interesse generale dei «servizi tecnico-nautici di pilotaggio, rimorchio, ormeggio e battellaggio» in quanto «atti a garantire nei porti, ove essi sono istituiti, la sicurezza della navigazione e dell’approdo», specificando che, per i servizi diversi da quello di pilotaggio, per il quale «l’obbligatorietà è stabilita con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione» (oggi Ministro dei trasporti e delle Infrastrutture), «l’autorità marittima può renderne obbligatorio l’impiego tenuto conto della localizzazione e delle strutture impiegate».

6.2. La medesima disposizione prosegue disciplinando «i criteri e i meccanismi di formazione delle tariffe dei servizi di pilotaggio, rimorchio, ormeggio e battellaggio», i quali «sono stabiliti dal Ministero dei trasporti e della navigazione sulla base di un’istruttoria condotta congiuntamente dal comando generale del Corpo delle capitanerie di porto e dalle rappresentanze unitarie delle Autorità portuali, dei soggetti erogatori dei servizi e dell’utenza portuale».

6.3. Il successivo comma 1-ter (anch’esso aggiunto dall’art. 2, D.L. 21 ottobre 1996, n. 535) contiene, poi, una previsione speciale per i «porti sede di Autorità portuale», nei quali «la disciplina e l’organizzazione dei servizi di cui al comma 1-bis sono stabilite dall’Autorità marittima di intesa con l’Autorità portuale. In difetto di intesa provvede il Ministro dei trasporti e della navigazione».

6.4. L’art. 212 del regolamento del codice navale marittimo individua il soggetto deputato ad adottare il provvedimento di concreta applicazione dei criteri suddetti, prevedendo che: «Le tariffe e le altre norme per le operazioni di ormeggio e di disormeggio sono, per ciascun porto, stabilite dal capo del compartimento».

6.5. Alla luce del quadro normativo sopra riportato, l’art. 14, comma 1-ter, ha mantenuto l’allocazione della funzione amministrativa concernente la fissazione dei criteri di formazione delle tariffe, ossia della c.d. “formula tariffaria”, a livello centrale (c.f.r. in senso conforme: Cons. di Stato, Sez. VI, 22 novembre 2011, n. 6526).

6.6. L’art. 212 reg. nav. mar. individua invece il soggetto competente a provvedere, a livello locale, all’applicazione puntuale dei criteri tariffari fissati a livello generale, assegnando il relativo potere all’Autorità marittima (c.f.r. in questo stesso senso: TAR Veneto, Sez. I, 21 giugno 2013, n. 870), quale Autorità deputata ad assicurare la tutela della sicurezza del porto.

6.7. Il potere di disciplinare e organizzare gli aspetti operativi e amministrativi del servizio tecnico-nautico in questione è assegnato, per i porti sede di Autorità portuale, ad un procedimento co-decisionale fra Autorità marittima e portuale, da effettuarsi a livello locale (art. 14, comma 1-ter, ultima parte).

7. Così ricostruito il quadro normativo, non vi è alcun rapporto di antinomia fra l’art. 212 del regolamento del codice navale marittimo e l’art. 14, comma 1-ter, poiché le disposizioni in esame si riferiscono ad ambiti applicativi distinti.

7.1. La disciplina del procedimento di formazione delle tariffe si articola infatti in due fasi distinte: la prima, di livello statale, che attiene alla elaborazione dei criteri generali di formazione delle tariffe, condotta sulla base di una istruttoria cui partecipano i rappresentanti di tutte la categorie, ivi comprese le rappresentanze unitarie delle Autorità portuali, dei soggetti erogatori dei servizi e dell’utenza portuale. La seconda, di determinazione puntuale e/o di aggiornamento della misura della tariffa per ciascun singolo porto, volta ad accertare i costi del servizio sulla base dei suoi elementi organizzativi e di disciplina, che spetta all’Autorità marittima, quale autorità preposta al mantenimento della sicurezza del porto.

7.2. L’organizzazione e la disciplina del servizio di ormeggio, stabilite d’intesa a livello locale fra l’Autorità marittima e portuale, costituiscono dunque il logico presupposto che precede la stessa applicazione puntuale della formula tariffaria, ma gli aspetti organizzativi e di disciplina del servizio non si estendono sino a ricomprendere anche i profili economici concernenti la determinazione puntuale delle tariffe.

7.3. Infine, sulla base dell’organizzazione concordata del servizio, la tariffa viene aggiornata di regola ogni biennio in applicazione delle “formula” generale elaborata dal Ministero per le Infrastrutture e i Trasporti per tutto il territorio nazionale dal proprio organo periferico, rappresentato dalla Capitaneria di Porto (così TAR Veneto, sent. n. 870 del 2013, cit.).

7.4. In altri termini, il potere di determinazione puntuale della misura della tariffa per ciascun porto, nel caso di porto sede di Autorità portuale, è vincolato al rispetto, oltre che dei criteri generali stabiliti a livello centrale, anche degli elementi organizzativi e di disciplina del servizio stabiliti mediante l’intesa in questione, potendosi quindi astrattamente ipotizzare, se del caso, un’eventuale impugnazione di esso per mancato rispetto di quanto co-deciso in sede di disciplina e di organizzazione del servizio.

7.5. Non è invece contemplata un’ulteriore intesa fra Autorità marittima e portuale nell’ambito del procedimento di determinazione puntuale della tariffa.

7.6. Tale assetto normativo non si pone invero in contrasto con i principi costituzionali di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza in quanto la scelta del legislatore in ordine alla specifica conformazione del procedimento di determinazione delle tariffe nei termini sopra esaminati è giustificata dalla natura di “interesse generale” del servizio tecnico-nautico in questione e dalle preponderanti esigenze pubblicistiche ad esso sottese di mantenimento di standards di sicurezza costanti ed omogenei a livello nazionale.

7.7. Pertanto, a prescindere dal fatto che con il ricorso in esame non è stato dimostrato che un’eventuale intesa anche nella fase di determinazione delle tariffe determinerebbe in concreto un reale aumento di competitività del servizio, deve ritenersi coerente, oltre che con i citati principi costituzionali, anche con quelli comunitari, la scelta di non consentire un collegamento diretto fra “procedimento di determinazione delle tariffe” e “domanda del mercato” locale di riferimento in cui il servizio è destinato ad operare”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 1194 del 2014

La cauzione provvisoria ha natura differente da quella definitiva

12 Set 2014
12 Settembre 2014

Il T.A.R. Veneto, nella stessa sentenza n. 1195/2014, si sofferma sulla diversa natura della cauzione provvisoria e  definitiva, statuendo che: “8.7. La citata formulazione di impegno è coerente con il dato normativo secondo cui le cauzioni prestate ex artt. 75 e 113 del codice dei contratti pubblici costituiscono negozi autonomi e distinti, fra loro non sovrapponibili, poiché volti a coprire rischi relativi a fasi diverse della medesima procedura: la cauzione provvisoria è infatti diretta a garantire l’affidabilità dell’offerta; quella definitiva, invece, l’adempimento di tutte le obbligazioni che l’aggiudicatario si assume con la sottoscrizione del contratto. Sicché l’efficacia della cauzione provvisoria cessa automaticamente al momento della sottoscrizione del contratto di appalto.

8.8. Conseguentemente, la verifica dei poteri del garante che ha prestato la cauzione provvisoria impegnandosi a rendere quella definitiva subordinatamente all’avverarsi della condizione dell’aggiudicazione non può fondarsi sulla base del “cumulo” dei relativi importi, ma deve essere condotta in ragione della somma, di volta in volta considerata, oggetto di garanzia”.

dott. Matteo Acquasaliente

Project financing e requisiti tecnici

12 Set 2014
12 Settembre 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. I, nella sentenza del 10 settembre 2014 n. 1195 si occupa della procedura del project financing (c.d. finanza di progetto), chiarendo la portata degli artt. 253, c. 2 e 263, c. 2 del D.P.R. n. 207/2010.

La ricorrente sostiene che: “la carenza dei requisiti tecnici minimi in capo ai progettisti indicati dal raggruppamento controinteressato deriverebbe dal fatto che in entrambe le procedure di project financing ci si troverebbe di fronte a servizi di progettazione mai approvati né tanto meno dichiarati di pubblico interesse e, pertanto, di fronte a servizi non “fatti propri” dalle stazioni appaltanti, così come invece richiesto dall’art. 263 del d.P.R. 207 del 2010.

9.2. La tesi della ricorrente troverebbe supporto in quanto affermato con la sentenza del T.A.R. del Lazio, sez. II-quater, n. 2180 del 2013, confermata dal Consiglio di Stato (Cons. St., Sez. VI, n. 3663 del 2014).

9.3. In particolare, secondo la citata pronuncia del T.A.R. del Lazio, l’art. 263, comma 2, seconda parte, sarebbe finalizzato «ad equiparare le prestazioni rese a favore di soggetti pubblici a quelle rese a favore di soggetti privati, purché vi sia prova della realizzazione dei relativi lavori o almeno della loro concreta realizzabilità. Nel caso dell’impresa che usa il progetto solo per partecipare ad una gara pubblica, invece, tale omogeneità di situazioni non si ravvisa in quanto la progettazione ha in questo caso come vero destinatario il committente pubblico. In questo quadro è chiaro che qualunque attestazione di buona e regolare esecuzione da parte dell’impresa che ha dato l’incarico di progettazione ma che non è il vero destinatario di essa non può avere alcun rilievo, ai fini della comprova della validità e realizzabilità del progetto» (così TAR Lazio, Sez. II-quater, n. 2180 del 2013).

9.4. Il Consiglio di Stato ha confermato la citata pronuncia di primo grado suddetta, pervenendo tuttavia a conclusioni parzialmente difformi da quelle del giudice di primo grado, poiché ha ritenuto che, ai fini della loro valutabilità, i servizi di progettazione svolti a favore di un committente privato siano solo quelli in cui i lavori ad essi connessi siano stati anche “eseguiti” (non essendo quindi sufficiente la mera “concreta realizzabilità” di essi).

9.5. In particolare, il Consiglio di Stato ha affermato che l’art. 263 del d.P.R. 207 del 2010 «contiene due diversi precetti. Il primo precetto riguarda i servizi di progettazione che, inseriti nell’ambito di una procedura amministrativa, siano stati formalmente “approvati” dal committente pubblico che, ad esempio, si è determinato nel senso di aggiudicare la gara al soggetto cui quei servizi si riferiscono. In questo caso non rileva che successivamente all’approvazione i lavori relativi alla progettazione non siano stati realizzati. Il secondo precetto riguarda i servizi di progettazione svolti per conto di un committente privato. In questo caso i lavori connessi alla progettazione devono essere stati eseguiti. La differenza di trattamento normativo rinviene la sua giustificazione nella diversità soggettiva dei destinatari dei servizi di progettazione: da una parte, la pubblica amministrazione che, in qualità di committente pubblico, offre garanzie di certificazione anche in mancanza della concreta attuazione del progetto; dall’altra parte, il committente privato che assicura un livello analogo di garanzie soltanto nel caso in cui il progetto abbia ricevuto concreto svolgimento mediante l’esecuzione dei lavori. In definitiva, la stazione appaltante, al fine di accertare il possesso della capacità tecnica dell’operatore economico che partecipa alla gara, può valutare i servizi di progettazione “approvati” da un’altra stazione appaltante ovvero i servizi di progettazione “eseguiti” per conto di un committente privato» (così Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 3663 del 2014)”.

Il Collegio, però, ritiene di non seguire tale ragionamento perché: “La disciplina della “valutabilità” del requisito in esame è contenuta nell’art. 263, comma 2, del d.P.R. 207 del 2010, che così prescrive: «I servizi di cui all’ articolo 252 valutabili sono quelli iniziati, ultimati e approvati nel decennio o nel quinquennio antecedente la data di pubblicazione del bando, ovvero la parte di essi ultimata e approvata nello stesso periodo per il caso di servizi iniziati in epoca precedente. Non rileva al riguardo la mancata realizzazione dei lavori ad essa relativi. Ai fini del presente comma, l'approvazione dei servizi di direzione lavori e di collaudo si intende riferita alla data della deliberazione di cui all’articolo 234, comma 2. Sono valutabili anche i servizi svolti per committenti privati documentati attraverso certificati di buona e regolare esecuzione rilasciati dai committenti privati o dichiarati dall'operatore economico che fornisce, su richiesta della stazione appaltante, prova dell'avvenuta esecuzione attraverso gli atti autorizzativi o concessori, ovvero il certificato di collaudo, inerenti il lavoro per il quale è stata svolta la prestazione, ovvero tramite copia del contratto e delle fatture relative alla prestazione medesima».

12.2. La prima parte della disposizione in esame fa espresso riferimento ai servizi di cui all’art. 252 del d.P.R. 207 del 2010, in cui il committente è direttamente la stazione appaltante: ossia alle progettazioni rese nei confronti di stazioni appaltanti o pubbliche amministrazioni (cfr. in senso conforme TAR del Lazio n. 2180 del 2013).

Per tali ipotesi è espressamente esclusa la rilevanza della mancata realizzazione dei lavori cui i servizi stessi si riferiscono.

12.3. L’applicabilità della prima parte della disposizione in esame ai soli servizi di progettazione resi a favore di un committente pubblico si ricava inequivocabilmente dal riferimento in essa contento ai servizi ultimati e approvati nell’arco del decennio (o quinquennio) precedente alla data di pubblicazione del bando: l’uso dell’espressione “approvati” ha infatti carattere tecnico e indica che il progetto deve essere accettato dalla stazione appaltante, conformemente a quanto previsto dall’art. 252 del d.P.R. 207 del 2010, disciplinante l’affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria da parte delle stazioni appaltanti.

12.4. La seconda parte della medesima disposizione stabilisce invece le condizioni alle quali sono valutabili anche i servizi svolti per un committente privato.

12.4.1. In particolare, secondo tale disciplina, i servizi di progettazione resi a favore di soggetti privati possono essere documentati mediante:

a) “certificati di buona e regolare esecuzione rilasciati dai committenti privati”;

b) dichiarazione dell'operatore economico che fornisca prova dell’esecuzione del servizio alternativamente attraverso: 1) “gli atti autorizzativi o concessori”, inerenti il lavoro per il quale la prestazione è stata svolta; ovvero 2) “il certificato di collaudo” inerente il medesimo lavoro;

ovvero ancora 3) “copia del contratto e delle fatture relative alla prestazione medesima”.

12.5. Le suddette modalità di prova dell’esecuzione del servizio svolto a favore di soggetti privati sono fra loro alternative.

12.6. Inoltre, secondo la lettera della disposizione da ultimo citata, anche nel caso di “committente privato”, la concreta realizzazione dei lavori oggetto di progettazione non assume rilievo indefettibile, poiché essa viene in considerazione solo nel caso in cui si produca a comprova il “certificato di collaudo” (attestante senz’altro l’esecuzione dei lavori per i quali vi è stata la progettazione), essendo evidente che quando la disposizione ammette la prova della prestazione svolta mediante “copia del contratto e delle fatture” si riferisce unicamente al contratto di progettazione e alla corrispondente prestazione progettuale resa, prescindendo dalla realizzazione/esecuzione così come dalla concreta realizzabilità del progetto stesso.

12.7. Infine, l’esistenza dell’autorizzazione o della concessione, pur riguardando senz’altro i lavori cui la progettazione si riferisce, non implica affatto che essi siano stati anche realizzati, richiedendo soltanto la loro concreta “realizzabilità”.

12.8. Applicando al caso in esame la disciplina suddetta, il fatto che la procedura di project financing alla quale ha partecipato l’ATI CCC e Gemmo Impianti s.p.a. (committente privato del servizio di progettazione reso da Veneto Progetto) non abbia avuto alcun concreto seguito, nemmeno in termini di “dichiarazione di pubblico interesse” della proposta, non incide sull’esistenza e sulla validità del rapporto contrattuale per la progettazione delle opere medesime intercorso esclusivamente fra il progettista e il committente privato e documentate in gara mediante la dichiarazione di quest’ultimo e le fatture concernenti le prestazioni dei servizi effettivamente resi.

12.9. Né può ritenersi che, ove il progetto commissionato dal privato sia utilizzato per partecipare ad una procedura pubblica, il reale “committente” sia la stazione appaltante, anziché il privato.

13. La natura del soggetto committente non può invero dipendere dalla destinazione “finale” del progetto, dovendosi ricavare la natura pubblica o privata di tale soggetto in base ai principi generali in materia di rapporti giuridici e dunque esclusivamente con riguardo a colui che in concreto ha commissionato il progetto di progettazione, stipulando il relativo contratto e retribuendo la specifica prestazione.

13.1. Ciò è ancora più evidente nelle operazioni di progetto di finanza in esame, in cui il progettista non è entrato mai in rapporto con l’ente pubblico e l’ “offerta” in concreto presentata all’amministrazione è frutto di valutazioni in ordine alla capacità di una determinata iniziativa economica, cui il progetto si riferisce, di generare flussi di cassa sufficienti per garantire la remunerazione del capitale investito e del rischio assunto sulla base dell’elaborazione di uno specifico piano economico-finanziario, che sono all’evidenza riferibili esclusivamente al soggetto proponente e del tutto estranee alla causa del contratto di progettazione.

13.2. Peraltro, oltre ad essere in contrasto con la lettera della disposizione, la premessa su cui poggia la pretesa indefettibilità della realizzazione dei lavori nel caso di committenza privata non appare convincente neanche sotto il profilo logico-sistematico.

13.3. In particolare l’affermazione secondo cui «il committente privato (…) – a differenza di quello pubblico che procede alla scelta del miglior progetto attraverso una gara – di norma non ha competenze tecniche che gli permettano di verificare la validità di un progetto se non dopo aver effettuato i relativi lavori» (così TAR Lazio n. 2180 del 2013, cit.) appare controvertibile sotto entrambi i profili.

13.4. Da un lato, infatti, deve osservarsi che l’eventuale aggiudicazione di una determinata commessa pubblica mediante il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa non seleziona necessariamente il “miglior progetto” sul piano tecnico, poiché la scelta dipende da un confronto concorrenziale che è la risultante di valutazioni integrate delle componenti tecniche ed economiche delle offerte complessivamente considerate, sicché i progetti non selezionati non sono necessariamente qualitativamente inferiori a quello risultato vittorioso, ben potendo darsi l’ipotesi contraria.

13.5. Né può astrattamente escludersi che il progetto in concreto selezionato dal soggetto pubblico mediante l’aggiudicazione sia suscettibile di varianti in corso d’opera per «il manifestarsi di errori o di omissioni del progetto esecutivo che pregiudicano, in tutto o in parte, la realizzazione dell'opera ovvero la sua utilizzazione» (art. 132 del d.lgs. n. 163 del 2006).

13.6. Dall’altro lato, è ipotizzabile che la mancata realizzazione dei lavori da parte del privato di un determinato progetto a suo tempo commissionato non dipenda da valutazione negative attinenti al profilo tecnico di quest’ultimo, ma da valutazioni relative alla concreta fattibilità/convenienza dell’iniziativa complessivamente considerata.

13.7. Così ad esempio la mancata realizzazione di un importante progetto di opere di urbanizzazione primaria (di valore inferiore alla soglia comunitaria di cui all’art. 16, comma 2-bis, del d.P.R. 380 del 2011) potrebbe dipendere dalla rinuncia del privato di richiedere il permesso di costruire in quanto troppo oneroso e, dunque, da ragioni che esulano totalmente dalla prestazione intellettuale resa.

14. Pertanto, alla stregua del dato normativo vigente, non può ritenersi che, ai fini della loro valutabilità in termini di requisiti tecnici per la partecipazione a gare pubbliche, i servizi di progettazione resi al committente privato debbano necessariamente riferirsi a progetti in cui il lavoro cui stato anche “realizzato” o comunque “approvato” dalla pubblica amministrazione poiché una siffatta interpretazione introdurrebbe condizioni in contrasto con la lettera dell’art. 253, comma 2, del d.P.R. n. 207 del 2010, in quanto tali non comprese nelle possibilità ermeneutiche della norma.

15. Conseguentemente, il lamentato difetto della documentazione prodotta per la prova del possesso dei requisiti tecnici minimi di partecipazione alla gara de qua, da parte della controinteressata, deve ritenersi insussistente”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 1195 del 2014

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