Il titolo edilizio in deroga può derogare al D.M. 1444 del 1968

11 Set 2014
11 Settembre 2014

Lo afferma la sentenza del Consiglio di Stato n. 4518 del 2014: "7.1.3. Quanto poi alla pretesa illegittimità della concessione edilizia in deroga per la violazione dell’art. 8, comma 1, punto 1, del D.M. 2 aprile 1968, va rilevato che la giurisprudenza (Cons. St., sez. V, 5 novembre 1999, n. 1841) ha affermato che, ferma restando l'inderogabilità, da parte della concessione edilizia, delle norme della l. 17 agosto 1942, n. 1150, l'art. 1 del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, esclude espressamente che le disposizioni contenute nei successivi articoli si applichino direttamente e con immediata forza precettiva in assenza della necessaria mediazione rappresentata dal loro recepimento in uno strumento urbanistico o in un regolamento edilizio, cosa che implica la novazione della fonte regolatrice dei rapporti esterni tra pubblica amministrazione e privati o tra privati, che s'identifica nelle specifiche norme d'attuazione del piano regolatore, con la conseguenza che queste ultime, per la tipica natura di dettaglio (tale, cioè, da non involgere i criteri generali e le linee direttrici su cui il piano regolatore si basa), rientrano pacificamente tra le previsioni derogabili, ai sensi dell'art. 41 quater, l. n. 1150 del 1942 e dell'art. 3 l. 21 dicembre 1955, n. 1357, dalla pubblica amministrazione per assentire un intervento edilizio destinato al preminente soddisfacimento di un interesse pubblico o generale".

Dario Meneguzzo - avvocato

sentenza CDS 4518 del 2014

Il TAR ribadisce che la misura minima del costo di costruzione è il 5%

10 Set 2014
10 Settembre 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. II, nella sentenza del 16 luglio 2014 n. 1035 conferma quanto già sostenuto dal Collegio nelle sentenze n.n. 181 e 189 del 2011, ovvero che l’art. 16, c. 9 del D.P.R. n. 380/2001, in assenza di un intervento della Regione Veneto, deve essere interpretato nel senso di fissare la misura minima del costo di costruzione al 5%.

Alla luce di ciò “il Collegio ritiene di poter condividere e confermare quanto già ritenuto in occasione delle pronunce citate negli atti dell’amministrazione e che sono state poste alla base della stessa delibera di Giunta che ha ritenuto di dover adeguare la percentuale per il costo di costruzione, portandola al 5%.

Tale interpretazione della norma di cui all’art. 16, comma 9, trova infatti la sua giustificazione nella necessità di assicurare l’uniformità di trattamento, a prescindere dall’avvenuto intervento regionale, onde omogeneizzare in ambito nazionale i parametri in base ai quali computare le somme dovute per il costo di costruzione, per cui legittimamente il Comune è intervenuto in autotutela, senza necessità di una previa comunicazione, trattandosi di atto dovuto e trovando quindi applicazione il disposto di cui all’art. 21-octies della legge 241/90;

Non risulta neppure invocabile il principio dell’affidamento, tenuto conto del fatto che in materia vige il termine prescrizionale di dieci anni, che vale non soltanto a favore del titolare del permesso di costruire – come termine entro cui le pretese dell’amministrazione devono essere fatte valere – ma anche a favore dell’amministrazione – come termine per agire anche in autotutela, onde porre rimedio ad eventuali errori, come quello riscontrato nel caso di specie”.

Dott. Matteo Acquasaliente

TAR_Veneto_II_1035-2014

Come non si progetta una strada

10 Set 2014
10 Settembre 2014

Segnaliamo la sentenza del TAR Veneto n. 1124 del 2014: "3. Ciò premesso è possibile accogliere proprio il motivo di cui al sub “B”di cui ai primi e secondi motivi aggiunti, ritenendo fondate le relative censure.

3.1 Dall’esame della documentazione in atti risulta evidente il difetto di istruttoria in cui è incorsa l’Amministrazione costituita e, ciò, laddove si consideri che con la delibera del 2012 l’Amministrazione comunale ha addirittura ridotto le misure della carreggiata in origine previste e, ciò, malgrado le osservazioni poste in essere che avevano rilevato come il tracciato incidesse sui fondi dei ricorrenti e a distanza di pochi centimetri dall’abitazione di questi ultimi, circostanze queste ultime peraltro facilmente evincibili dal materiale fotografico allegato al ricorso.

3.2 Non solo è del tutto evidente l’inutilizzabilità di una strada larga 4,70 metri quale circonvallazione, o come alternativa al traffico turistico e, in ultimo come supporto alla viabilità ordinaria, ma va rilevato come la stessa destinazione prevista dall’Amministrazione comunale, così come modificata di volta in volta negli atti allegati al ricorso, conferma l’esistenza di un vizio di istruttoria e di motivazione delle delibere impugnate.

3.3 Ma anche a prescindere da detti rilievi risulta dirimente constatare la violazione delle disposizioni contenute nel DM del 05/11/2001 “norme funzionali e geometriche per la costruzione delle strade”e, ciò, laddove si consideri che la strada in questione presenta una larghezza pari a 4,00 più il cordolo, per una larghezza minima prevista dalle disposizioni sopra citati pari a ml. 6,50 di sola piattaforma e per un totale di 9,50 metri. 

3.4 Si è, inoltre, dimostrato come la larghezza della strada non sia sufficiente neppure per un senso unico, perché per questo tipo di modalità la normativa richiede una larghezza di almeno ml. 5,50, circostanza quest’ultima anch’essa insussistente.

3.5 Nemmeno può risultare applicabile l’art. 13 del D. Lgs. n. 285 del 1992 e, ciò considerando come detta disposizione subordina la derogabilità delle disposizioni sopra previste a casi eccezionali e previa l’adozione di un’idonea motivazione del tutto insussistente nel caso di specie.

3.6 Risultano altresì, violate le disposizioni di cui al DM del 19/04/2006 “norme funzionali e geometriche per la costruzione delle intersezioni”
e, ciò, considerando come l’art. 2 prevede che “1. le norme approvate con il presente decreto si applicano alla costruzione di nuove intersezioni sulle strade ad uso pubblico, fatta salva la deroga di cui all'art. 13, comma 2 del decreto legislativo n. 285/1992. 2. La deroga di cui al comma 1, supportata da specifiche analisi di sicurezza, è ammessa previo parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, per le intersezioni che interessano le autostrade, le strade extraurbane principali e le strade urbane di scorrimento, …”.

3.7 Nel caso di specie la perizia di parte ha evidenziato, non solo la violazione delle disposizioni sopra citate circa nella parte in cui non risulta presente una valutazione della sicurezza del tracciato, ma come nel contempo l’incrocio, tra la strada di progetto e via Calvi, risulti difficilmente praticabile per mezzi di grosse dimensioni e, nel contempo, ponga pericoli alla sicurezza stradale".

Dario Meneguzzo - avvocato

TAR Veneto 1124 del 2014

 

La natura ibrida del centro abitato

09 Set 2014
9 Settembre 2014

Il Consiglio di Stato, sez. IV, nella sentenza del 03 settembre 2014 n. 4469 chiarisce che il concetto di centro abitato delineato dal Codice della Strada non rileva affatto ai fini edilizio-urbanistici: “Sul versante della nozione di centro abitato emergente dal codice della strada, fermo restando che la sua perimetrazione avviene mediante lo specifico procedimento indicato dal codice della strada, il Collegio ritiene che la mancata osservanza di tale indicazione normativa non prelude che, ai differenti fini urbanistici, la definizione in questione possa essere individuata sulla base delle norme del PRG; ciò anche considerato che, come ricorda la stessa decisione impugnata, la perimetrazione del centro abitato ai sensi dell'art. 4 del Codice della strada (che si realizza attraverso uno specifico procedimento amministrativo) avviene, per espressa previsione della medesima disposizione, “ai fini dell'attuazione della disciplina della circolazione stradale”, fornendosi inoltre (art. 3, n. 8 del D.lgs n. 285/1982) una nozione di centro abitato affatto diversa da quella prevista dall'art. 4 della legge reg. n. 17/1982 e dell’art. 18 della legge n. 865/1971.

Sul punto, dell’esame della giurisprudenza in materia , dopo un iniziale e datato orientamento generale per cui la perimetrazione del centro abitato può risultare anche dallo strumento urbanistico (Cons. di Stato n. 167/1973), emerge la tesi (peraltro citata dalla stessa decisione gravata) per cui “la delimitazione del centro abitato eventualmente disposta ai fini del codice della strada o del piano del traffico è del tutto irrilevante ai fini urbanistici (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 5 aprile 2005, n. 1560; idem, Sez. V, 7.3.1997, n. 211)” ; in particolare secondo l’orientamento sopra citato (v. anche Cons. di Stato n.1560/2005) “non sussiste la necessità di un apposito atto di perimetrazione allorchè l’insistenza dell’immobile in centro abitato emerge “ictu oculi” dalla semplice postazione dello stato dei luoghi”. Anche recentissimamente è stato osservato (Cons. di Stato, sez.IV, n.1118/2014) che: “ l'art. 1 del D.M. n. 1404 del 1968 afferma che le disposizioni contenute in tale testo normativo "relative alle distanze minime a protezione del nastro stradale, vanno osservate nella edificazione fuori del perimetro dei centri abitati e degli insediamenti previsti dai piani regolatori generali e dai programmi di fabbricazione", e che l'art. 9 della L. n. 729 del 1961, a sua volta, dispone al suo primo comma, ……….. che "lungo i tracciati delle autostrade e relativi accessi, previsti sulla base dei progetti regolarmente approvati, è vietato costruire, ricostruire o ampliare edifici o manufatti di qualsiasi specie a distanza inferiore a metri 25 dal limite della zona di occupazione dell'autostrada stessa";

In sintesi, ai fini della normativa edilizia sul condono edilizio, ad avviso del Collegio va confermato che la previsione da parte dello strumento urbanistico di una zona residenziale di completamento e la sua realizzazione mediante i relativi insediamenti abitativi, costituiscono elementi sufficienti ad integrare il concetto di centro abitato (differente da quello accolto dal codice della strada) e pertanto a rendere inapplicabili i limiti di distanza di rispetto autostradale previsti dal DM del 1968, perchè questi operano espressamente al di fuori del centro abitato. Di conseguenza, la fattispecie di sanatoria in esame non poteva trovare ostacolo nella disciplina di cui all’art. 33 della legge n. 47/1985, essendo costituita da un abuso realizzato in vigenza dell’art.9 della legge n.729/1961, in zona urbanizzata ai sensi del PRG e situato a distanza superiore ai 25 metri dalla proprietà autostradale”.

dott. Matteo Acquasaliente

 CdS n. 4469 del 2014

Quale normativa disciplina la larghezza delle strade?

09 Set 2014
9 Settembre 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. II, nella sentenza del 04 agosto 2014 n. 1124 ricorda la normativa che regolamenta - ed in alcuni casi permette di derogare - la larghezza delle strade: “3.3 Ma anche a prescindere da detti rilievi risulta dirimente constatare la violazione delle disposizioni contenute nel DM del 05/11/2001 “norme funzionali e geometriche per la costruzione delle strade”e, ciò, laddove si consideri che la strada in questione presenta una larghezza pari a 4,00 più il cordolo, per una larghezza minima prevista dalle disposizioni sopra citati pari a ml. 6,50 di sola piattaforma e per un totale di 9,50 metri.

3.4 Si è, inoltre, dimostrato come la larghezza della strada non sia sufficiente neppure per un senso unico, perché per questo tipo di modalità la normativa richiede una larghezza di almeno ml. 5,50, circostanza quest’ultima anch’essa insussistente.

3.5 Nemmeno può risultare applicabile l’art. 13 del D. Lgs. n. 285 del 1992 e, ciò considerando come detta disposizione subordina la derogabilità delle disposizioni sopra previste a casi eccezionali e previa l’adozione di un’idonea motivazione del tutto insussistente nel caso di specie.

3.6 Risultano altresì, violate le disposizioni di cui al DM del 19/04/2006 “norme funzionali e geometriche per la costruzione delle intersezioni” e, ciò, considerando come l’art. 2 prevede che “1. le norme approvate con il presente decreto si applicano alla costruzione di nuove intersezioni sulle strade ad uso pubblico, fatta salva la deroga di cui all'art. 13, comma 2 del decreto legislativo n. 285/1992. 2. La deroga di cui al comma 1, supportata da specifiche analisi di sicurezza, è ammessa previo parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, per le intersezioni che interessano le autostrade, le strade extraurbane principali e le strade urbane di scorrimento, …”.

3.7 Nel caso di specie la perizia di parte ha evidenziato, non solo la violazione delle disposizioni sopra citate circa nella parte in cui non risulta presente una valutazione della sicurezza del tracciato, ma come nel contempo l’incrocio, tra la strada di progetto e via Calvi, risulti difficilmente praticabile per mezzi di grosse dimensioni e, nel contempo, ponga pericoli alla sicurezza stradale”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto 1124 del 2014

Il “cumulo degli impatti” delle strade presistenti e di quella nuova ai fini della VIA

09 Set 2014
9 Settembre 2014

Ai fini della VIA relativa a una nuova strada, bisogna tenere conto anche delle altre strade preesistenti?

Segnaliamo sulla questione la sentenza del TAR Veneto n.  1132 del 2014, che accoglie il ricorso e annulla la deliberazione che approva il progetto di completamento di una tangenziale, per la mancata  valutazione del cumulo degli impatti.

Si legge nella sentenza: "per quanto concerne il merito del ricorso come sia possibile accoglierlo, ritenendo fondato il primo motivo con conseguente annullamento, in parte qua, degli atti impugnati.

3.1 Con la prima doglianza si eccepisce la violazione dell’art. 20 del D.Lgs. 152/2006 in quanto all’opera di cui si tratta non sarebbe stata applicato il criterio del “cumulo degli impatti” dell’intervento e, ciò, con riferimento ad altri tracciati stradali connessi e collocati nel medesimo contesto programmatorio, disciplina quest’ultima prevista dall’art. 20 del D. Lgs. 152/2006.

3.2 A fronte di detta eccezione le Amministrazioni resistenti hanno osservato che il criterio del “cumulo degli impatti” si applicherebbe solo in presenza di opere allo stato della progettazione e, ancora, con riferimento ad interventi tutti circoscritti ad un medesimo arco temporale.

3.3 Detta ultima ricostruzione non può essere condivisa. L’esame della giurisprudenza consente di evincere l’esistenza di un orientamento pressocchè consolidato (Consiglio di Stato n. 36/2014 e n. 3849/2009) diretto a rilevare che l’” autonoma realizzabilità” e la “discontinuità temporale” nella realizzazione di un intervento scindibile non può autorizzare la mancata presa in considerazione dell’effetto cumulativo dei progetti collegati.

3.4 Si è affermato, infatti, che "per valutare se occorra o meno la VIA è necessario avere riguardo non solo alle dimensioni del progettato ampliamento di un opera già esistente, bensì alle dimensioni dell'opera finale, risultante dalla somma di quella esistente con quella nuova, perché è l'opera finale nel suo complesso che, incidendo sull'ambiente, deve essere sottoposta a valutazione" (Cons. Stato, Sez. VI, 15 giugno 2004, n. 4163; Sez. IV, 2 ottobre 2006, n. 5760).

3.5 E’, infatti, noto che la valutazione di impatto ambientale (VIA) è preordinata alla salvaguardia dell’habitat nel quale insiste una determinata comunità, salvaguardia che assurge a valore primario ed assoluto, in quanto espressivo della personalità umana (Cons. St., sez. VI, 18 marzo 2008, n. 1109), “attribuendo ad ogni singolo un autentico diritto fondamentale, di derivazione comunitaria…..diritto che obbliga l’amministrazione a prendere in considerazione e a valutare l’impatto sul territorio dell’opera nel suo insieme, comprensivo di ogni profilo del territorio, e, quindi, con riferimento a quelle opere che pur realizzate in una fase immediatamente precedente vanno a completare la struttura nel suo complesso, avente una finalità unitaria, pur nella realizzazione frazionata delle singole opere..”.

3.6 Nel caso di specie il parere della Commissione provinciale VIA, allegato al decreto provinciale n. 7/2012 di esclusione del progetto in questione dall’assoggettamento alla procedura di VIA, ha riguardato solo alcuni “impatti”, conseguenti all’intervento di completamento della tangenziale Nord di Mogliano e, ciò, pur convenendo con le Amministrazioni costituite che la VIA ha comunque presente il contesto ambientale nell’ambito del quale si inserisce l’opera di cui si tratta.

3.7 Costituisce un dato, altresì, oggettivo come le opere siano strettamente correlate le une alle altre e si inseriscono in un “analogo” contesto temporale, circostanza quest’ultima che evidentemente ne rafforza il carattere unitario.

3.8 Sono le stesse parti resistenti che ad evidenziare come la Variante Ovest all’abitato di Mogliano era stata completata il 24/06/2009; che la variante alla S.P. 65 era stata consegnata in data 21/12/2005 e, che ancora, lo svincolo alla S.P. 64 era stato ultimato in data 29/05/2012.

3.9 Risulta, altresì, dirimente constatare che la delibera di Giunta Provinciale n. 141 del 16/04/2012 recante approvazione del progetto preliminare, unitamente agli atti progettuali, prevedono espressamente che …”il progetto in esame fa parte di un insieme di opere già eseguite o in fase di esecuzione più ad Ovest e più ad est dello stesso che hanno il compito di sgravare il centro di Mogliano Veneto dal traffico di attraversamento nonché migliorare i collegamenti alle infrastrutture di trasporto..; tali opere sono costituite dalla Variante Ovest dell’abitato di Mogliano Veneto, dalla Variante alla S.P. 65 per la soppressione del P.L.al Km. 11+485 della linea ferroviaria Mestre-Treviso e dallo svincolo sulla S.P.64 e il tratto liberalizzato dell’autostrada A27, opere riportate nell’elaborato progetto preliminare “Corografa”…”.

4. Si consideri, ancora, come l’opera di cui si tratta è espressamente qualificata negli atti progettuali come “complementare al passante di Mestre” e denominata “circonvallazione Nord di Mogliano Veneto”.

4.1 E’ allora evidente come si sia in presenza di un complesso unitario che avrebbe richiesto una verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale ex art. 20 del D.Lgs. 152/2006 (c.d. screening) sulla base degli elementi di cui all’allegato V del presente decreto il quale al punto 1 prevede che “le caratteristiche dei progetti devono essere considerate tenendo conto in particolare del cumulo con altri progetti”.

4.2 La Valutazione di impatto ambientale avrebbe dovuto non solo aver a riferimento la situazione ambientale esistente, ma porre quest’ultima ad oggetto della stessa valutazione, facendo riferimento ad opere che, seppur realizzate, risultavano necessariamente funzionali e strumentali alla viabilità dell’area e al perseguimento delle finalità dell’opera da realizzare".

Dario Meneguzzo - avvocato

sentenza TAR Veneto 1132 del 2014

Il Comune non può imporre al c.d. proprietario incolpevole la rimozione dei rifiuti

08 Set 2014
8 Settembre 2014

In attesa della pronuncia (forse) chiarificatoria della Corte di Giustizia dell’Unione Europea sulla responsabilità del c.d. proprietario incolpevole, alcuni T.A.R. hanno recentemente statuito che il Comune non può affatto, per comodità e/o per mera superficialità e/o negligenza, imporre al c.d. proprietario incolpevole la rimozione integrale dei rifiuti. L’ente, infatti, ha innanzitutto l’obbligo di individuare il reale responsabile dell’inquinamento tramite una seria ed approfondita istruttoria. Se tale indagine non dia esito positivo, il Comune, lungi dall’imporre al c.d proprietario incolpevole l’obbligo di bonifica, deve attivarsi in prima persona per far fronte all’inquinamento ex art. 250, I periodo del D. Lgs. n. 152/2006 (c.d. Codice dell’Ambiente) secondo cui: “Qualora i soggetti responsabili della contaminazione non provvedano direttamente agli adempimenti disposti dal presente titolo ovvero non siano individuabili e non provvedano né il proprietario del sito né altri soggetti interessati, le procedure e gli interventi di cui all'articolo 242 sono realizzati d'ufficio dal comune territorialmente competente e, ove questo non provveda, dalla regione, secondo l'ordine di priorità fissati dal piano regionale per la bonifica delle aree inquinate, avvalendosi anche di altri soggetti pubblici o privati, individuati ad esito di apposite procedure ad evidenza pubblica”. Il Comune, però, nell’effettuare questa attività è assistito da particolari garanzie, come si desume dall’art. 253, c. 1 e 2 del D. Lgs. n. 152/2006: “1. Gli interventi di cui al presente titolo costituiscono onere reale sui siti contaminati qualora effettuati d'ufficio dall'autorità competente ai sensi dell'articolo 250. L'onere reale viene iscritto a seguito della approvazione del progetto di bonifica e deve essere indicato nel certificato di destinazione urbanistica. 2. Le spese sostenute per gli interventi di cui al comma 1 sono assistite da privilegio speciale immobiliare sulle aree medesime, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2748, secondo comma, del codice civile. Detto privilegio si può esercitare anche in pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi sull'immobile”. In ragione di quanto esposto, dunque, la responsabilità del c.d. proprietario incolpevole è soltanto residuale e sussidiaria e, comunque, deve essere adeguatamente giustificata e motivata dall’ente. Se il responsabile dell’inquinamento non venga identificato (ab origine e/o successivamente) ovvero non si accerti è una responsabilità (o corresponsabilità) del proprietario c.d. colpevole, l’ente può rivalersi sul c.d. proprietario incolpevole solamente nei limiti del valore dell’area come sancito dall’art. 253, c. 3 e 4, I periodo del D. Lgs. n. 152/2006: “3. Il privilegio e la ripetizione delle spese possono essere esercitati, nei confronti del proprietario del sito incolpevole dell'inquinamento o del pericolo di inquinamento, solo a seguito di provvedimento motivato dell'autorità competente che giustifichi, tra l'altro, l'impossibilità di accertare l'identità del soggetto responsabile ovvero che giustifichi l'impossibilità di esercitare azioni di rivalsa nei confronti del medesimo soggetto ovvero la loro infruttuosità. 4. In ogni caso, il proprietario non responsabile dell'inquinamento può essere tenuto a rimborsare, sulla base di provvedimento motivato e con l'osservanza delle disposizioni di cui alla legge 7 agosto, n. 241, le spese degli interventi adottati dall'autorità competente soltanto nei limiti del valore di mercato del sito determinato a seguito dell'esecuzione degli interventi medesimi”.

Da ciò si desume che il c.d. proprietario incolpevole non ha mai l’obbligo - ma soltanto la facoltà - di attivarsi spontaneamente per rimuovere l’inquinamento e bonificare l’area. Egli, al contrario, ha semmai l’obbligo di porre in essere esclusivamente le misure di prevenzioni urgenti ed indifferibili, fermo restando il diritto di rivalsa nei confronti del responsabile ex art. 253, c. 4, II periodo del D. Lgs. n. 152/2006 secondo cui: “Nel caso in cui il proprietario non responsabile dell'inquinamento abbia spontaneamente provveduto alla bonifica del sito inquinato, ha diritto di rivalersi nei confronti del responsabile dell'inquinamento per le spese sostenute e per l'eventuale maggior danno subito”.

Ecco le sentenze da cui si evince quanto esposto.

Il T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. IV, nella sentenza del 11.07.2014, n. 1835 ha statuito che: “A carico del proprietario dell'area inquinata non responsabile della contaminazione, invero, non grava alcun obbligo di porre in essere gli interventi ambientali in argomento, ma solo la facoltà di eseguirli al fine di evitare l'espropriazione del terreno interessato gravato da onere reale, al pari delle spese sostenute per gli interventi di recupero ambientale, assistite anche da privilegio speciale immobiliare (art. 253 d.lgs. n. 152/2006).

La normativa citata prevede, infatti, che, in caso di mancata esecuzione degli interventi in argomento da parte del responsabile dell'inquinamento ovvero in caso di mancata individuazione del predetto, le opere di recupero ambientale vanno eseguite dall'amministrazione competente la quale potrà rivalersi sul soggetto responsabile, nei limiti del valore dell'area bonificata, anche esercitando, nel caso in cui la rivalsa non vada a buon fine, le garanzie gravanti sul terreno oggetto dei suddetti interventi (T.A.R. Lombardia, Brescia, 16 marzo 2006, n. 291; T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 10 luglio 2007, n. 5355)”.

Deve, inoltre, darsi atto del recente intervento, sul punto, del Consiglio di Stato in adunanza plenaria (n. 21/13), che ha interpretato la normativa nazionale nel senso che: “L’Amministrazione non può imporre al proprietario di un’area inquinata, che non sia anche l’autore dell’inquinamento, l’obbligo di porre in essere le misure di messa in sicurezza di emergenza e bonifica, di cui all’art. 240, comma 1, lett. m) e p), d.lgs. n. 152/2006, in quanto gli effetti a carico del proprietario incolpevole restano limitati a quanto espressamente previsto dall’art. 253, stesso d.lgs., in tema di oneri reali e privilegio speciale immobiliare. Le disposizioni contenute nel Titolo V della Parte IV, del d.lgs. n. 152/2006 (artt. da 239 a 253) operano, infatti, una chiara e netta distinzione tra la figura del responsabile dell’inquinamento e quella del proprietario del sito, che non abbia causato o concorso a causare la contaminazione” (cfr., nello stesso senso, Cons. Stato, A.P., 13 novembre 2013, n. 25)”. Ma si vedano in senso conforme anche le sentenze del T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. IV, nn. 1373 e 1768 del 2014.

Analogamente il T.A.R. Sardegna, Cagliari, sez. I, nella sentenza del 14 aprile 2014 n. 275 ha stabilito che: “La giurisprudenza ritiene che “l'obbligo di bonifica è posto in capo al responsabile dell' inquinamento, che le Autorità amministrative hanno l'onere di ricercare ed individuare (artt. 242 e 244 D.Lgs. n. 152/2006), mentre il <proprietario non responsabile> dell'inquinamento o altri soggetti interessati hanno una MERA "FACOLTÀ" di effettuare interventi di bonifica (art. 245 D.Lgs. n. 152/2006); nel caso di mancata individuazione del responsabile o di assenza di interventi volontari, le opere di bonifica saranno realizzate dalle Amministrazioni competenti (art. 250 D.Lgs. n. 152/2006), salvo, a fronte delle spese da esse sostenute, l'esistenza di un privilegio speciale immobiliare sul fondo, a tutela del credito per la bonifica e la qualificazione degli interventi relativi come onere reale sul fondo stesso, onere destinato pertanto a trasmettersi unitamente alla proprietà del terreno (art. 253 D.Lgs. n. 152/2006) –così CS Sez. VI, n. 2376 del 18-04-2011, che conferma T.a.r. Lombardia - Milano, sez. IV, n. 1118/2009-.

L’art. 245 del TU 152/2006, rubricato “OBBLIGHI di intervento e di notifica da parte dei SOGGETTI NON RESPONSABILI della potenziale contaminazione” dispone:

1. Le procedure per gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale disciplinate dal presente titolo POSSONO essere comunque attivate su iniziativa degli INTERESSATI NON RESPONSABILI.

2. Fatti salvi gli obblighi del responsabile della potenziale contaminazione di cui all'articolo 242, il PROPRIETARIO o il gestore dell'area che rilevi il superamento o il pericolo concreto e attuale del superamento della concentrazione soglia di contaminazione (CSC) DEVE DARNE COMUNICAZIONE alla regione, alla provincia ed al comune territorialmente competenti E ATTUARE LE MISURE DI PREVENZIONE SECONDO LA PROCEDURA DI CUI ALL'ARTICOLO 242. La provincia, una volta ricevute le comunicazioni di cui sopra, si attiva, sentito il comune, per L'IDENTIFICAZIONE DEL SOGGETTO RESPONSABILE AL FINE DI DAR CORSO AGLI INTERVENTI DI BONIFICA. È comunque riconosciuta al proprietario o ad altro soggetto interessato la FACOLTÀ di intervenire in qualunque momento volontariamente per la realizzazione degli interventi di bonifica necessari nell'ambito del sito in proprietà o disponibilità.”

Il Collegio ritiene, in base all’ orientamento giurisprudenziale che si ritiene di condividere, che a carico dell’ <incolpevole proprietario> di un'area inquinata non incomba alcun “obbligo” di porre in essere interventi di messa in sicurezza ed emergenza, ma solo la “facoltà” di eseguirli per mantenere l'area interessata libera da pesi.

Dal combinato disposto degli artt. 244, 245, 250 e 253 D.L.vo 3 aprile 2006 n. 152 si ricava che, nell'ipotesi di mancata esecuzione degli interventi ambientali in esame da parte del responsabile dell'inquinamento, ovvero di mancata individuazione dello stesso -e sempreché non provvedano volontariamente né il proprietario del sito, né altri soggetti interessati- le opere di recupero ambientale devono essere eseguite dalla pubblica amministrazione competente, che può rivalersi sul proprietario non responsabile nei limiti del valore dell'area bonificata, anche esercitando, ove la rivalsa non vada a buon fine, le garanzie gravanti sul terreno oggetto dei medesimi interventi (cfr TAR Sardegna, I, 16.12.2011 n. 1239; T.A.R. Toscana, II sez., 3/3/2010, n. 594; Cons. Stato, V Sez., 16/6/2009 n. 3885).

Nel caso di specie non è stata compiuta alcuna verifica diretta ad individuare il “responsabile dell’inquinamento””.

Dello stesso tenore è anche la pronuncia del T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 24 gennaio 2014 n. 228 ove si legge che: “Pertanto, allo stato deve ritenersi che la nostra legislazione ha recepito il principio “chi inquina paga”, per il quale è il responsabile dell’inquinamento il soggetto sul quale gravano, ai sensi dell’art. 242 decreto legislativo n. 152 del 2006, gli obblighi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale a seguito della constatazione di uno stato di contaminazione.

Il proprietario non responsabile è gravato di una specifica obbligazione di facere che riguarda, però, soltanto l’adozione delle misure di prevenzione di cui all’art. 242, (che, all’ultimo periodo del comma 1, ne specifica l’applicabilità anche alle contaminazioni storiche che possono ancora comportare rischi di aggravamento della situazione di contaminazione).

A carico del proprietario dell’area inquinata, che non sia altresì qualificabile come responsabile dell’inquinamento, non incombe alcun ulteriore obbligo di facere; in particolare, egli non è tenuto a porre in essere gli interventi di messa in sicurezza d’emergenza e di bonifica, ma ha solo la facoltà di eseguirli per mantenere l’area libera da pesi (art. 245). Nell’ipotesi di mancata individuazione del responsabile, o di mancata esecuzione degli interventi in esame da parte dello stesso – e sempreché non provvedano spontaneamente il proprietario del sito o altri soggetti interessati – le opere di recupero ambientale sono eseguite dall’Amministrazione competente (art. 250), che potrà rivalersi sul proprietario del sito, nei limiti del valore dell’area bonificata, anche esercitando, ove la rivalsa non vada a buon fine, le garanzie gravanti sul terreno oggetto dei medesimi interventi (art. 253)”.

Particolarmente interessante è poi la lettura della sentenza del T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, Trieste, sez. I, 05 maggio 2014 n. 183 che affronta in modo specifico ed approfondito la tematica de qua. In particolare si legge che: “Volendo schematizzare e riepilogare, dalle disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 152 del 2006 (in particolare nel Titolo V della Parte IV) possono ricavarsi le seguenti regole:

1) il proprietario, ai sensi dell'art. 245, comma 2, è tenuto soltanto ad adottare le misure di prevenzione di cui all'art. 240, comma 1, lett.1), ovvero "le iniziative per contrastare un evento, un atto o un'omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l'ambiente intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia";

2) gli interventi di riparazione, di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino gravano esclusivamente sul responsabile della contaminazione, cioè sul soggetto al quale sia imputabile, almeno sotto il profilo oggettivo, l'inquinamento (art. 244, comma 2);

3) se il responsabile non sia individuabile o non provveda (e non provveda spontaneamente il proprietario del sito o altro soggetto interessato), gli interventi che risultassero necessari sono adottati dall'Amministrazione competente (art. 244, comma 4);

4) le spese sostenute per effettuare tali interventi possono essere recuperate, sulla base di un motivato provvedimento (che giustifichi tra l'altro l'impossibilità di accertare l'identità del soggetto responsabile ovvero che giustifichi l'impossibilità di esercitare azioni di rivalsa nei confronti del medesimo soggetto ovvero la loro infruttuosità), agendo in rivalsa verso il proprietario, che risponde nei limiti del valore di mercato del sito a seguito dell'esecuzione degli interventi medesimi (art. 253, comma 4);

5) a garanzia di tale diritto di rivalsa, il sito è gravato di un onere reale e di un privilegio speciale immobiliare (art. 253, comma 2)”.

dott. Matteo Acqusaliente

TAR Brescia n. 1835 del 2014

TAR Lecce n. 228 del 2014

TAR Cagliari n. 275 el 2014

TAR Trieste n. 183 del 2014             

Il programma di razionalizzazione delle partecipate locali

08 Set 2014
8 Settembre 2014

Il Commissario Straordinario per la revisione della spesa ha ricevuto il mandato di razionalizzare le partecipate locali e ha elaborato il programma che alleghiamo.

Da chi lo ha ricevuto? 

Dall'articolo 23 del Decreto Legge 66 del 24 aprile 2014 convertito, con modificazioni, nella legge n. 89 del 23 giugno 2014:
"1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 3, comma 29, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e dall'articolo 1, comma 569, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, il Commissario straordinario di cui all'articolo 49-bis del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, entro il 31 luglio 2014 predispone, anche ai fini di una loro valorizzazione industriale, un programma di razionalizzazione delle aziende speciali, delle istituzioni e delle società direttamente o indirettamente controllate dalle amministrazioni locali incluse nell'elenco di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, individuando in particolare specifiche misure:
a) per la liquidazione o trasformazione per fusione o incorporazione degli organismi sopra indicati, in funzione delle dimensioni e degli ambiti ottimali per lo svolgimento delle rispettive attività;
b) per l'efficientamento della loro gestione, anche attraverso la comparazione con altri operatori che operano a livello nazionale e internazionale;
c) per la cessione di rami d'azienda o anche di personale ad altre società anche a capitale privato con il trasferimento di funzioni e attività di servizi.
1-bis. Il programma di cui al comma 1 è reso operativo e vincolante per gli enti locali, anche ai fini di una sua traduzione nel patto di stabilità e crescita interno, nel disegno di legge di stabilità per il 2015".

Programma_partecipate_locali

Circolare mensile per l’impresa n. 9/2014

08 Set 2014
8 Settembre 2014

Per gentile concessione di Società & Professionisti srl di Malo (VI), pubblichiamo la circolare mensile per l'impresa n. 9/2014, relativa all'aggiornamento in materia tributaria.

Segnaliamo:

- la TASI (pag. 20);

- le novità per la piattaforma elettronica dei crediti verso la P.A. (pag. 24).

Circolare n. 9 del 05-09-2014

Lo spunto del sabato: Legalità senza giustizia?

06 Set 2014
6 Settembre 2014

Gesù Cristo fu messo in croce in modo legale e normale, perché secondo la legge ebraica aveva bestemmiato, dichiarandosi figlio di Dio. Ma fu giusto farlo?

Durante il nazismo in Germania era legale e normale mandare nelle camere a gas gli ebrei. Ma era giusto?

Fino a qualche anno fa in Sudafrica era legale e normale l’apartheid. Ma era giusto?

In alcuni paese è legale e normale mettere a morte o in carcere o in un ospedale psichiatrico le persone omosessuali. Ma è giusto?

Per la maggior parte delle religioni è legale e normale discriminare le persone omosessuali. Ma è giusto?

Per alcuni religiosi è legale e normale uccidere un essere umano in nome di Dio. Ma è giusto?

Per lo Stato italiano è legale e normale sottrarre a una persona con le imposte anche il 70% del suo reddito. Ma è giusto?

Per lo Stato italiano è legale e normale che un’area industriale dismessa di vaste dimensioni, che non procura alcuna entrata al suo proprietario, perché è inutilizzata, e che dal punto di vista urbanistico deve essere riconvertita (anche se nessuno vuole comprarla), debba pagare un’IMU di circa  100.000 euro all’anno. Ma è giusto?

Per lo Stato italiano (compresa la Corte Costituzionale) è legale e normale una imposta di nome IRAP, che grava sulle imprese e sui professionisti, che colpisce il fatturato e non l’utile. Ma è giusto?

Per il tribunale di Vicenza è legale e normale che una causa civile duri, solo per il primo grado, da 7 a 10 anni. Ma è giusto?

Per lo Stato Italiano è legale e normale che chi chiede giustizia al TAR paghi un salatissimo contributo unificato (che è sempre più salato e, quindi, tale da scoraggiare le persone a ricorrere). Ma è giusto?

Per i giudici penali italiani è legale e normale che una persona venga posta in custodia cautelare in carcere, senza un processo, motivandolo con il pericolo di fuga o di inquinamento delle prove o di reiterazione del reato, magari dopo mesi o anni che i giornali parlano dell’inchiesta e dicono che quella persona è sottoposta a indagini. Ma è giusto?

A corollario di quanto precede, per i giudici penali italiani è legale e normale che una persona sia posta in custodia cautelare in carcere senza averla mai prima interrogata per spiegargli le accuse e sentire la versione dell’accusato.  Ma è giusto?

A ulteriore corollario, per i giudici penali italiani è legale e normale che la persona che viene posta in custodia cautelare in carcere, dopo l’arresto,  sia interrogata per delega da un G.I.P. diverso da quello che ha firmato l’ordinanza che dispone l’arresto e che non conosce niente del caso, perché non si è neppure letto il fascicolo. Ma è giusto?

In alcuni luoghi e in certi momenti storici sono legali e normali regole delle quali poi ci si deve vergognare per i secoli a venire.

Quando il Presidente della Repubblica o i magistrati o i religiosi predicano che la Legalità è un valore, quale Legalità hanno in mente, quella assoluta e fine a se stessa, che prescinde dalla Giustizia, oppure una legalità imbevuta di Giustizia?

In verità, la Legalità che prescinde dalla Giustizia è solamente la copertura ideologica usata da chi detiene il Potere, qualsiasi potere (politico, giudiziario, religioso), per pretendere che il popolo gli obbedisca, qualsiasi cosa egli voglia, decida e imponga.    

Tu questa puoi anche chiamarla Legalità e dire che è un valore, se ti piace giocare con le parole, ma è solamente arroganza del Potere.

In questo tempo della nostra vita recente stiamo tutti sperimentando in Italia una Legalità che si presenta come una proliferazione metastatica di parole, per lo più di incomprensibile significato, che soffocano il paese in un coarcevo di regole e regolette talmente mal fatte che attribuiscono di fatto a chi ha il potere giuridico di interpretarle (alcuni funzionari pubblici e i magistrati) l’immenso potere di dire e di fare quello che vuole.

Non sarà certamente continuando a produrre in modo tumultuoso regole, una più insulsa e stupida dell’altra, che l’Italia uscirà dal pantano e dal vicolo cieco in cui è finita.

E’ necessario abbandonare l’ideologia giuridica che pretende di disciplinare con un labirinto di parole ogni aspetto della vita,  con regole cavillose e sempre più confusamente dettagliate, assistite da stratosferiche sanzioni di ogni tipo: in questo modo si  toglie alle persone la responsabilità di usare il buon senso e la buona fede per affrontare la vita quotidiana.

A noi non va bene questa Legalità: non sappiamo più cosa farcene.

A noi non va bene che qualcuno pretenda che chiamiamo Giustizia la  Legalità e, in particolare,  questa Legalità.

Che questa legalità sia ingiusta lo si sente “di pancia”, anche senza possedere una sistemazione filosofica dell’universo e dell’intera esperienza umana e sociale.

E cosa è la Giustizia? Non ho la presunzione di fornire una risposta originale. Mi accontento di proporre di meditare sulla questione. Per le mie personali riflessioni, molto mi è giovato ascoltare e leggere gli interventi di un noto esegeta del Vangelo, padre Alberto Maggi, che sta a Montefano nelle Marche. La giustizia degli evangelisti è l’idea divina che l’unico modo possibile che hanno gli uomini per vivere insieme senza farsi male a vicenda sia quello di lavorare per il bene dell’essere umano, per quell’essere umano concreto che sta lì davanti, con le sue caratteristiche peculiari e i suoi bisogni,  e non per un essere umano astratto e figlio di una ideologia. Un essere umano da amare, dicono gli evangelisti, e non da sottoporre a continui comandi e sfruttamenti (come fanno ora i padroni della Legalità).  E si può leggere il Vangelo e trovarne interessanti le sue proposte anche senza aderire a una qualsiasi religione. Mi rendo, peraltro, conto che purtroppo spesso sono proprio le religioni cristiane a rappresentare per molte persone un ostacolo insormontabile a prendere in considerazione la lettura del Vangelo (magari con l’aiuto di un esegeta come Alberto Maggi). Ma sono sicuro che ci sono altri punti di vista utili razionali e filosofici per dare un contenuto concreto al concetto di Giustizia. Basta che non continuino a riproporci la perversa idea hegeliana di Stato Etico, perchè così si ritorna alla Legalità di cui sopra. 

A che cosa a chi serve, infatti, costruire una società complicatissima, se poi gli esseri umani che in essa vivono soffrono e stanno male?

Noi sogniamo un nuovo umanesimo, sostenibile e solidale.  

Noi sogniamo esseri umani maturi e responsabili e non mediocri servi dei Potenti. 

La legalità connessa con la giustizia è un valore.

Dedicato a chi soffre a causa dei padroni della Legalità.

Dario Meneguzzo - uno che sogna?

© Copyright - Italia ius | Diritto Amministrativo Italiano - mail: info@italiaius.it - Questo sito è gestito da Cosmo Giuridico Veneto s.a.s. di Marangon Ivonne, con sede in via Centro 80, fraz. Priabona 36030 Monte di Malo (VI) - P. IVA 03775960242 - PEC: cosmogiuridicoveneto@legalmail.it - la direzione scientifica è affidata all’avv. Dario Meneguzzo, con studio in Malo (VI), via Gorizia 18 - telefono: 0445 580558 - Provider: GoDaddy Operating Company, LLC