Da dove spunta la SCIA in sanatoria e come è disciplinata?
La SCIA in sanatoria è una figura un po' claudicante.
L'articolo 37, comma 4 del DPR 380 del 2001, con riferimento alle opere abusive che avrebbero potuto essere realizzate con una SCIA, stabilisce quanto segue: "4. Ove l’intervento realizzato risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell’intervento, sia al momento della presentazione della domanda, il responsabile dell’abuso o il proprietario dell’immobile possono ottenere la sanatoria dell’intervento versando la somma, non superiore a 5.164 euro e non inferiore a 516 euro, stabilita dal responsabile del procedimento in relazione all’aumento di valore dell’immobile valutato dall’agenzia del territorio".
Però l'articolo 37 non stabilisce in quale modo vada effettuata questa sanatoria e, in particolare, non prevede la figura della SCIA in sanatoria, cosicché si potrebbe pensare che occorra ricorrere alla sanatoria di cui all'articolo 36 del DPR 380/2001.
Tuttavia la SCIA in sanatoria è prevista dalla voce 41 della tabella allegata al decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 222, cosicchè essa si è diffusa nella pratica, anche se in tale tabella è solo prevista, ma non è disciplinata.
Sul tema segnaliamo un post pubblicato su Italiaius in data 7 luglio 2020, nella quale una sentenza del TAR Veneto afferma che nel caso di SCIA o DIA presentata in sanatoria, non è possibile applicare la disciplina del silenzio-assenso: si deve infatti usare come paradigma l’accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 T.U. Edilizia, il quale al contrario prevede l’ipotesi del silenzio-rifiuto.
Dice quella sentenza che nell’ipotesi della SCIA o DIA in sanatoria, infatti, tale procedimento è anomalo, in quanto l’intervento non viene realizzato successivamente al conseguimento del titolo edilizio, ma antecedentemente (proprio come nell’ipotesi ex art. 36), e questo giustifica la necessità di un provvedimento espresso.
La sentenza aggiunge che, conseguentemente all’inquadramento della SCIA o DIA in sanatoria quale provvedimento espresso, l’Ente ha il dovere di comunicare il cd. preavviso di rigetto.
In conclusione, secondo la suddetta sentenza, se il Comune non emana un provvedimento espresso di accoglimento della SCIA in sanatoria entro 60 giorni dalla sua presentazione, si intende formato un silenzio rigetto della sanatoria.
Peraltro non tutti i TAR la pensano così e, quindi, c'è incertezza in materia.
Post di Dario Meneguzzo - avvocato
P.S. in data 11 aprile 2023 è stato pubblicato su Italiaius un aggiornamento su questa questione
Categorie di opere oggetto di regolarizzazione art. 37.
1. La realizzazione di interventi edilizi di cui all’articolo 22, commi 1 e 2, in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività. Dal questo comma 1 emerge con precisione il perimetro delle opere suscettibili di possibile regolarizzazione o fiscalizzazione prevista dall’art. 37 DPR 380/01, cioè il rinvio espresso ai commi 1 e 2 dell’art. 22 TUE, facendo presente che risulta non ammesso il comma 2-bis delle varianti finali semplificate del Permessi di Costruire.
Ci sono regioni che hanno legiferato escludendo la Scia a sanatoria dopo il c.d. decreto Madia, e hanno mantenuto l’accertamento di conformità anche ai sensi dell’art. 37 del T.U. Edilizia.
SCIA in sanatoria, silenzio inadempimento e mancato provvedimento non producono effetto
Il Consiglio di Stato qualifica l’inerzia sulla SCIA come silenzio inadempimento, al quale bisogna fare ricorso al TAR per concludere il procedimento
A togliere i dubbi e fornire indicazioni su come comportarsi ci pensa la recente sentenza del Consiglio di Stato n. 1708/2023.
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