La SCIA dolorosa
Il rapporto tra chi presenta una SCIA edilizia e l’amministrazione è complicato e il terzo che abbia la necessità di contestarla si incammina in una delle vie più complicate e costose che la fantasia del legislatore italiano si sia sognato di immaginare.
E la sentenza della Corte Costituzionale 13 marzo 2019 n. 45 ne dà un inquadramento che crea molte difficoltà al terzo che si rivolga a un giudice contro un intervento oggetto di SCIA.
L’avv. Stefano Bigolaro, che sentitamente ringraziamo, espone nel racconto di una vicenda alcune di queste difficoltà.
La storia – “La SCIA alla prova della quarta dimensione” - è parte di un più esteso articolo apparso su Lexitalia, dove si può reperire: dietro ogni passaggio si apre infatti un problema giuridico.
Ma già solo a leggere la storia, c’è molto su cui riflettere.
A mio parere sarebbe molto opportuno abolire l'attuale farraginoso sistema e consentire al terzo di impugnare direttamente la SCIA davanti al TAR, soprattutto per garantire l'effettività della tutela giurisdizionale, che oggi in concreto non lo è (e chi ci dice che è garantita in astratto non ci consola affatto).
Se si ritiene che il fatto che la SCIA è una dichiarazione privata e non un atto amministrativo sia un ostacolo a radicare la giurisdizione del giudice amministrativo, si può affidare la questione al giudice ordinario.
Il principio di effettività della tutela giurisdizionale rinviene il proprio fondamento in ambito nazionale negli artt. 24, 103, 113 Cost. e nell’art. 1 C.p.a. nonché in ambito sovranazionale negli artt. 19 TUE, 263 TFUE e 6 CEDU.
Il legislatore, infatti, molto spesso si dimentica l'insegnamento del filosofo e frate francescano inglese Guglielmo di Ockham, vissuto nel XIV secolo, sul modo in cui si devono risolvere i problemi: «Entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem» «Non moltiplicare gli elementi più del necessario».
Post di Dario Meneguzzo - avvocato
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