Ma davvero la ristrutturazione edilizia non può alterare le linee essenziali del fabbricato originario?

27 Set 2023
27 Settembre 2023

A mio giudizio la risposta è negativa, ovviamente in assenza di vincoli urbanistici, paesaggistici o architettonici che richiedano il mantenimento della sagoma attuale.

Nonostante molte sentenze, anche recenti, sembrino voler confinare (consapevolmente o meno) la “ristrutturazione edilizia” esclusivamente a quegli interventi edilizi che conservano la struttura cd. originaria del fabbricato, la dizione letterale degli artt. 3, c. 1, lett. d) e 10, c. 1, lett. c) del d.P.R. n. 380/2001 non supportano tale applicazione restrittiva della norma che, a parere dello scrivente, è frutto di un’applicazione della stessa che sconta i retaggi di decenni di norme e di orientamenti giurisprudenziali in cui, stante la formulazione del concetto di ristrutturazione illo tempore vigente, era ben netta, e soprattutto chiara, la linea di demarcazione tra “nuova costruzione” e “ristrutturazione edilizia”.

Ora, però, tale iato si è progressivamente ridotto (rectius: sfumato) e, quindi, vi è da chiedersi se sia davvero corretto, o forse addirittura legittimo, cercare di circoscrivere gli interventi di “ristrutturazione edilizia” esclusivamente a quei progetti che, vuoi con ristrutturazione edilizia cd. leggera vuoi con quella cd. pesante, riescono a non alterare il complesso nativo dell’edifico, a tacer del fatto che, nel corso del tempo, la scienza delle costruzioni ed il gusto estetico hanno profondamente ed inevitabilmente inciso sull’architettura delle costruzioni.

Se così è, è davvero equanime continuare ad imporre il rispetto dei tratti salienti dell’edificato pre-esistente per non sfociare nella “nuova costruzione”?

Ragionando in siffatto modo, non si pone (forse) un freno alla naturale evoluzione ed innovazione dell’abitare e, non da ultimo, non si stagnano ingenti risorse economiche che permetterebbero, anche sfruttando le detrazioni fiscali, di rinnovare e rigenerare il vetusto tessuto urbano esistente che, come mantra, sentiamo ormai invocare come vox populi?

Post di Matteo Acquasaliente - avvocato

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2 replies
  1. Anonimo says:

    Da segnalare anche che la norma all’art. 3 co.1 lett. b dice:
    Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche- ma se ho solamente uno di questi interventi sul fabbricato esistente (diversa sagoma. prospetti, sedime etcc..), senza demo / ricostruzione, rientro sempre nella ristrutturazione “leggera” art. 3 o passo alla ristrutturazione “pesante art.10??

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  2. Anonimo says:

    A me pare che attualmente l’art. 3, co. 1, lett. d d.P.R. ricomprende, nel concetto di ristrutturazione edilizia (anche per gli edifici tutelati dal Codice Urbani, non in Zona A) gli interventi di “demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche”- e addirittura anche con incrementi di volumetria, cosa che nel testo nel testo antecedente alla novella introdotta dal d.l. 76/2020, non era possibile- più di così???

    Se poi si vuole anticipare la riforma del Nuovo testo delle costruzioni –
    Interventi urbanistico-edilizi
    -art. 11 che suddivide gli interventi tra quelli:

    di trasformazione del territorio;
    di trasformazione del patrimonio edilizio esistente;
    di adeguamento funzionale del patrimonio edilizio esistente;
    oltre che le opere e interventi minori.

    Una nuova classificazione decisamente più in linea con le mutate esigenze dei territori e che prende in considerazione le difficoltà riscontrate con l’attuale formulazione dell’art. 3 del Testo Unico Edilizia (soprattutto con riferimento alla definizione di ristrutturazione edilizia) che negli ultimi anni ha generato contenzioni e diverse interpretazioni (quindi problemi).

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