Un labirinto chiamato “stato legittimo”: PdC in sanatoria e SCIA in sanatoria
Pubblichiamo oggi la quinta e ultima scheda di commento di Italiaius alla riforma apportata dal cd. decreto Salva Casa (d.l. 69/2024) e dalla sua legge di conversione (l. 105/2024), esaminando il PdC in sanatoria e la SCIA in sanatoria.
Ricordiamo che il progetto è quello di revisionare e di integrare le schede e di ripubblicarle all'esito delle osservazioni dei lettori.
Scheda n. 5: PdC in sanatoria e SCIA in sanatoria
Pubblichiamo la scheda n. 5 con la prima revisione:
Scheda n. 5: PdC in sanatoria e SCIA, 1 Rev.pdf
La seconda revisione della scheda n. 5 sarà pubblicata in un successivo post datato 17.09.2024
Nel seminario di oggi tenuto da Anci Veneto in Provincia, tutti i relatori erano concordi con il dire che le fiscalizzazioni, sono sanatorie piene, di fatto concorrono allo stato legittimo..nel sito di Anci Veneto sarà pubblicato il seminario a breve.
anche la 5^ scheda revisionata non si legge.
Adesso anche la quinta scheda è leggibile
Se per cortesia si potevano spiegare le ragioni che sottintendono l’avvenuto inserimento del seguente comma 4-bis dell’articolo 3, del decreto legge 30 maggio 2024, n. 69, convertito con modifiche dalla legge 24 luglio 2024, n. 105:
“4-bis. Le disposizioni dei commi 4, 5, 5-bis e 6 dell’articolo 36-bis del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, introdotto dall’articolo 1 del presente decreto, si applicano anche agli interventi realizzati entro l’11 maggio 2006 per i quali il titolo che ne ha previsto la realizzazione è stato rilasciato dagli enti locali senza previo accertamento della compatibilità paesaggistica. La disposizione del primo periodo del presente comma non si applica agli interventi per i quali è stato conseguito un titolo abilitativo in sanatoria, a qualsiasi titolo rilasciato o assentito”
-se si va a “sanare” titoli rilasciati senza la preventiva autorizzazione paesaggistica.
punto 2.8 art. 36bis c.6 –
Ad esempio, supponiamo che trascorsi 15 giorni dalla presentazione di un’istanza di PdC in
sanatoria, ci si accorga che serve la compatibilità paesaggistica: una volta ottenuta, al Comune
residuano 30 giorni per rispondere;
Siamo sicuri che in questo caso non si rientri nella interruzione dei termini per carenze documentali? il dire ci si accorga che serve la compatibilità paesaggistica, vuol dire che manca la documentazione. Salvo il fatto che sia stata presentata e il comune / SUE /SUAP non si attivi a spedire in Soprintendenza; ma se manca la documentazione addirittura si può pensare che non scattano nemmeno i termini.
Diversamente pensando, se come dite Voi, se invece sono trascorsi 40 giorni, come fa il comune una volta ottenuta la compatibilità, in 5 giorni a determinare l’indennità paesaggistica e l’oblazione?
Il silenzio assenso non si può formare su domande di sanatoria edilizia relative ad interventi realizzati in aree sottoposte a vincoli paesaggistici
punto 2.8 art. 36bis c.6 –
Ad esempio, supponiamo che trascorsi 15 giorni dalla presentazione di un’istanza di PdC in
sanatoria, ci si accorga che serve la compatibilità paesaggistica: una volta ottenuta, al Comune
residuano 30 giorni per rispondere;
Siamo sicuri che in questo caso non si rientri nella interruzione dei termini per carenze documentali? il dire ci si accorga che serve la compatibilità paesaggistica, vuol dire che manca la documentazione. Salvo il fatto che non sia stata presentata e il comune non si attivi, ma se manca la documentazione addirittura non scattano nemmeno i termini.
art. 37-
Risulta invece incrementata la sanzione generale di cui all’art. 37, co. 1 T.U. edilizia, divenuta ora pari al triplo (non più il doppio) dell’aumento del valore venale dell’immobile conseguente alla realizzazione degli interventi stessi e comunque in misura non inferiore a € l.032 (non più € 516).
Sempre nella ipotesi che non si possa demolire.
Nel merito erano state commentate delle sentenze dall’ Avv. Antico, se andavano in questa direzione.
Un cambio d uso rilevante, da artigianale a residenziale, alloggio del custode, non ammesso dalle norme dell epoca, nel mentre oggi è ammesso, è sanabile con l art.36bis, in assenza di scia?
Esiste una qualche forma di effetto giuridico, al di fuori della pratica da presentare al comune o della dichiarazione che deve essere fatta al notaio, per certificare che il fabbricato rientra nelle tolleranze?
Forse siamo fuori tema:
– un fabbricato con nulla osta del 1965′, abitabile da luglio 1967′, con progetto depositato in comune anche se non serviva, se vengono riscontrate opere difformi, rientra nell’art. 34ter. c. 4 o è già legittimo così.
art.36bis-
Da capire se il silenzio-assenso si forma lo stesso se il fabbricato ricade in area vincolata e non viene segnalato nel procedimento della Scia / Pdc a sanatoria.
Nella ipotesi che si hanno abusi fiscalizzati, e ora gli stessi sarebbero sanabili, come ci si comporta?
Si da per scontato che le fiscalizzazioni non sono sanatorie piene.
Considerazione: art-36bis –
Si dice che va demolita la parte non conforme che vuol dire?
1) che non vengono rispettati i requisiti prescrittivi delle norme edilizie.
2) che pur rientrando nella parziale difformità o variazione essenziale sul lotto/zona, non si ha volume sufficiente per potere sanare l’intero edificio abusivo
-mi vengono in mente queste ipotesi .
oppure anche quella parte che non rispetta la distanza dai confini, strade, fabbricati.
e nel caso quella parte non è demolibile, si può fiscalizzare?
Si dice:
In caso di interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire e in caso di variazioni essenziali, dovrà essere pagata una sanzione pari al doppio del contributo di costruzione incrementato del 20% se l’intervento è soggetto a oneri.
Per cui la sanatoria semplificata ha una sanzione ulteriore del 20%, cosa che non va assolutamente a compensare il beneficio avuto.
Chi ha una domanda di sanatoria già presentata, può passare alla nuova procedura semplificata? Se sì, cosa deve fare?
Può semplicemente adeguarsi ad oggi con i nuovi procedimenti ivi previsti ripresentando il Permesso di costruire o la Scia a seconda delle difformità da sanarsi, chiedendo o l’annullamento di ciò che è stato presentato prima della pubblicazione del decreto o la rinuncia al proseguimento dell’iter procedimentale.
fonte: rappresentate unitel – edilportale del 23/08/2024
art. 36bis
Una scelta grave non avere preso in considerazione una data per gli abusi, esempio il 29 maggio 2024, per potere regolarizzazione sia le parziali difformità che le variazioni essenziali.
Sulla sanatoria condizionata ce pure chi dice questo:
In conversione di legge è stata mantenuta soltanto la prima ipotesi di sicurezza, cassando le restanti; al momento non sono chiari i motivi politici di tale passo indietro:
-perdita di deterrenza: un elevato livello di “facile sanabilità” porterebbe a confidare troppo positivamente nell’adattabilità postuma di abusi minori; forse questa revisione restrittiva delle opere condizionali è stata effettuata a contrappeso dell’inserimento delle variazioni essenziali nell’articolo 36-bis.
-perdita di strumenti correttivi: escludere l’esecuzione di opere di adeguamento verso quelle norme di settore, al netto di quella strutturale antisismica, porterà al diniego di diverse casistiche di sanatoria edilizia per discordanze adattabili e perfino di lievi entità, ma comunque incidenti sostanzialmente sull’Agibilità/Abitabilità degli immobili. A tal proposito viene a mente il caso in cui gli infissi installati su una apertura in facciata, creata nel 2010, non rispettavano i requisiti acustici passivi.
-ridondanza o incertezza applicativa: l’introduzione della doppia conformità asincrona concede un notevole vantaggio impensabile fino a due mesi fa, ammettendo la sanatoria di opere abusive ai requisiti edilizi vigenti all’epoca di ultimazione. Concedere ai comuni la valutazione tecnica della loro conformità all’epoca, e delle relative opere di adeguamento, comportava una profonda conoscenza di varie normative di settore, per le quali occorrono specifici percorsi di specializzazione ed enormi responsabilità, il tutto a costo zero, ingessando ancora di più una P.A. già sovraccaricata.
Durante un webinar dopo il dl 69/2024, un funzionario consigliava di presentare una CILA, nel casi di parziale difformità al permesso e/o scia, (se interventi ipoteticamente soggetti soggetti a Cila), al posto dell’art. 36bis, visto che allora la sanzione era il valore venale, che arrivava fino a euro 30.984. Non so se sia / era percorribile questa STRADA .
Termini ridotti e silenzio-assenso per l’esame delle sanatorie di difformità parziali
Rischioso il comma 6 dell’articolo 36-bis che riduce a soli 45 giorni il termine per l’emanazione del provvedimento motivato del comune in mancanza del quale si dà per acquisito il silenzio-assenso.
Finora la materia della sanatoria era (per così dire) protetta dal silenzio-rifiuto (ex articolo 36, comma 3 alla decorrenza di sessanta giorni).
Averla ricondotta al regime del silenzio-assenso (pur se limitatamente alle parziali difformità e variazioni essenziali) vuol dire – dal punto di vista concettuale – che inequivocabilmente (in presenza dei requisiti di legge da chiunque obiettivamente riscontrabili) questo tipo di sanatoria è un atto dovuto.
Il che non è riconoscimento da poco.
Proprio per questo però poteva essere concesso un termine più congruo per l’istruttoria pubblica.
Anche perché l’istituto del silenzio-assenso sta godendo di un recente orientamento giurisprudenziale che assicura l’inverarsi dell’atto per effetto del solo decorso del tempo in assenza di contestazioni della P.A. anche a fronte di non conformità urbanistiche.
Il che va sicuramente a favore della certezza del diritto privato cui sono dichiaratamente orientate le norme or ora introdotte, ma a discapito dell’interesse collettivo qualora la norma sia concepita per non dare il tempo sufficiente e fisiologico alla Pubblica Amministrazione di un esame serio delle richieste.
Questo è quello che presumibilmente si verificherà nel caso in esame (il concretizzarsi del silenzio-assenso anche in caso di non conformità ai requisiti) visto che è da supporre che le Amministrazioni Locali saranno sommerse da contestuali richieste.
In conclusione
Non mi pare irrilevante l’aggravio di compiti che la nuova norma accolla agli Uffici Tecnici della Pubblica Amministrazione (i Comuni):
vuoi dal punto di vista dell’accelerazione dei compiti di istituto già esistenti, ma in precedenza meno cogenti
vuoi dal punto di vista di nuove e più estese competenze professionali.
Abbiamo disponibili tutte queste professionalità qualitativamente e numericamente parlando?
Al netto di tutto il resto, il Legislatore non si rende ben conto della distanza tra Paese reale e Paese virtuale.
Sul punto segnato in celeste alla fine si dice:
Si segnala che la Regione Emilia-Romagna ha emanato un “documento preliminare informativo”,
con il quale offre prime indicazioni sull’impatto della riforma cd. Salva Casa sulla legislazione
emiliano-romagnola. Sarebbe prezioso un contributo simile da parte di ciascuna Regione.
Considerazione: bisogna che il TU sia stato recepito dalle regioni nel 2003.
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