I diritti dell’uomo e le sentenze dei giudici
La sentenza del Consiglio di Stato n. 2482/2014 è un esempio di come, partendo da temi specialistici e un po' limitati (l'accessione invertita e l'acquisizione sanante), si possa giungere a questioni di fondo dell'ordinamento, di rilievo quasi filosofico ( insomma, quelle cose che piacciono a Dario Meneguzzo).
In sintesi, questa la vicenda decisa dal Consiglio di Stato:
- Una signora subisce un procedimento espropriativo di alcuni suoi terreni (per realizzarvi una strada che corre all'esterno dell'abitato di Castelfranco Veneto).
- Ottiene nel 2009 dal Tar Veneto una sentenza ( 2173/2009) che annulla gli atti della procedura espropriativa, e in particolare i provvedimenti di proroga della dichiarazione di pubblica utilità.
- Conseguentemente, il Tar Veneto dispone che l'Anas "dovrà provvedere alla regolarizzazione dell'attuale situazione, tenendo conto sia dell'annullamento degli atti di proroga della dichiarazione di pubblica utilità testé disposto, sia, ovviamente, dell'avvenuta acquisizione delle aree di cui trattasi al patrimonio pubblico disponibile per accessione invertita…"
- Il riferimento all'accessione invertita contenuto nella sentenza del 2009 è da considerarsi fuori del tempo. L'accessione invertita era già stata censurata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo ed era già stata superata dall'articolo 43 del testo unico delle espropriazioni (allora vigente), che prevedeva l'acquisizione sanante: insomma, se un'amministrazione, per regolarizzare l'occupazione di un'area, deve assumere un atto di acquisizione sanante, vuol dire che non è già diventata proprietaria di quell'area in virtù dell'accessione invertita.
- La sentenza del 2009 passa in giudicato ma non ha esecuzione (l'Anas cioè non risarcisce alcun danno per accessione invertita), e nel 2012 la signora si rivolge nuovamente al Tar per l'ottemperanza.
- Il Tar Veneto (con sentenza 500/2013) accoglie il suo ricorso per l'ottemperanza, statuendo però che l'Anas - anziché risarcire il danno per l'accessione invertita - debba portare a termine un procedimento di acquisizione sanante (ex art. 42 bis, nel frattempo entrato in vigore). E forse si tratta del tentativo del Tar Veneto, in sede di ottemperanza, di "correggere il tiro" rispetto alla propria precedente pronuncia, che aveva fatto applicazione di un istituto superato.
- La signora non condivide questa posizione - evidentemente, circostanze fattuali la inducono a preferire l'accessione invertita - e impugna al Consiglio di Stato la sentenza del Tar.
- Il Consiglio di Stato, dunque, con la sentenza che ti allego, le dà ora pienamente ragione.
- E' vero, dice il Consiglio di Stato, che l'accessione invertita è "del tutto superata". Però "diverso è invece il caso in cui la fattispecie traslativa sia conseguenza di una vicenda complessa, come quella attuale, in cui vi è il passaggio in giudicato di una sentenza che ha statuito espressamente in tal senso…".
- Così dunque conclude il Consiglio di Stato: "essendovi stata l'acquisizione alla mano pubblica dell'area, stante il giudicato caduto sulla sentenza del Tar Veneto, sezione prima, n. 2173 del 9 luglio 2009 a proposito di tale profilo, appare del tutto inconferente l'applicazione dell'istituto dell'acquisizione sanante di cui all'art. 42 bis del Tuespr., atteso che l'area è già di proprietà dell'Anas".
Ora, se nel caso concreto la pronuncia del Consiglio di Stato è quella voluta da chi ha subito l'occupazione delle sue aree, va bene così.
Ma il tema è tutt'altro che scontato.
Davvero la forza del giudicato prevale sul fatto che la normativa applicata è contraria ai diritti dell'uomo? Perché questa è, nella sostanza, la statuizione del Consiglio di Stato.
Se l'affermazione non sembra particolarmente problematica in tema di accessione invertita, lo può diventare in altri casi.
Davvero vale il giudicato se ha ad oggetto altre situazioni contrarie ai diritti dell'uomo?
Gli esempi vengono alla mente in quantità.
Si pensi, per andare all'estremo, a un giudicato formatosi su fattispecie di discriminazioni palesemente in contrasto con i diritti dell'uomo, perché basate su religione, colore della pelle, preferenze sessuali. E se la sentenza passata in giudicato avesse statuito che i gay o le persone di colore non possono entrare in un locale pubblico?
avv. Stefano Bigolaro
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